L’estate, tempo di vacanze. Con le giornate più lunghe magari c’è anche l’occasione di dedicare più tempo ai figli. E’ questo il momento giusto per uscire dal guscio, letteralmente: per uscire dal cancello di casa in sella alla bici.
Questo “svezzamento della strada” è sempre un momento emozionante, sia per i piccoli, ma – diciamolo – anche per i genitori. Ammettiamolo.
Ma tutto deve avvenire in sicurezza. La prima uscita su strada non deve diventare un patema d’animo, né per il bambino o la bambina, che si sentono continuamente richiamati, fermati, limitati, né per il genitore che è costretto a stare sempre sul chi va là.
Ecco dunque qualche consiglio, speriamo utile, per fare in modo che la prima uscita in bici sia sicura e magari anche divertente.



Le capacità tecniche
Per prima cosa bisogna valutare che il bambino sia effettivamente in grado di pedalare su strada. A che livello è la sua abilità? Non si tratta di una “gara”, ma di saper guidare in sicurezza: frenare, appoggiare un piede a terra, ripartire, usare il cambio.
Ci sono due consigli semplici da spiegare e da mettere in atto, che arrivano dalla scuola del grande esperto Mirko Pirazzoli (la Piraz Coaching Academy), e che lui stesso propone anche ai suoi biker agonisti: lo sguardo rivolto in avanti quando si gira e il gioco dell’otto.
Nel primo caso bisogna sempre individuare prima il punto dove si vuole andare, dove si vuole girare, insomma l’uscita di curva.
Nel secondo, bisogna disegnare un otto tra due borracce, paletti o palloni. Due semplici esercizi che rivoluzionano l’equilibrio in bici e infondono sicurezza e padronanza del mezzo.
Altri piccoli esercizi utili? Alternare la presa sul manubrio, ad esempio tenendo una mano sul manubrio e alzando l’altra, poi viceversa. Oppure andare verso un muro e frenare sempre più tardi. O ancora provare a stare in piedi sui pedali spingendo i talloni verso il basso.
Sono piccole cose da fare anche nel cortile di casa. Ma restano fondamentali i primi due esercizi.
Si parte…
Una volta appurato che certe skills minime ci sono, allora si può pensare alla strada. Il casco, neanche a dirlo, è un must. Ben allacciato e aderente al mento. Fategli capire che è un elemento imprescindibile.
Stare a destra: questa è la regola d’oro. Deve diventare un mantra. Se non distingue la destra, ditegli che è la mano con cui scrive… sperando che non sia mancino! Altrimenti vale il contrario.
Fategli capire che le auto lo vedono, che non sono il male assoluto, ma che devono comunque essere i primi guardiani della propria sicurezza.
Non usate parole complicate come “incolumità”. Meglio un semplice “stai attento” o “lascia spazio alle macchine”.
Poi le regole base: rispetto dello stop, attenzione ai rumori, uso degli specchi rotondi in caso di immissioni o curve strette. E se si va in salita o su percorsi mossi, è utile fargli usare il cambio fin da subito. Che ci giochino, che imparino la differenza tra “andare leggeri” e “andare duri”.
Un altro consiglio: quando si avvicina una fermata, meglio anticipare una marcia agile. Così sarà più facile ripartire, soprattutto se c’è un attraversamento.
Generazioni a confronto
Mentre si pedala, è bello anche parlare. Osservare il paesaggio, sapere cosa pensa mentre va. E’ un modo per conoscersi meglio e capire le sue idee.
Anche se un genitore è giovane, appartiene a un’altra generazione. Loro sono i figli dei tablet e dello smartphone, spesso messi in mano troppo presto. Per questo alcune cose non vanno date per scontate. Se si arrendono davanti alla prima difficoltà o “si annoiano” dopo pochi chilometri è normale: non ci sono abituati.
Sono cresciuti nel mondo del tutto e subito, dell’attesa zero, del “on demand”, e hanno una soglia d’attenzione bassissima.
Noi giocavamo in gruppo. Gruppo che dopo i 10 anni diventava “branco”. Loro spesso sono soli. Sono meno stimolati, anche nella competizione inconsapevole che spingeva tutti noi a migliorarsi. «Se quel bambino ha fatto le scale in bici, devo riuscirci anche io». Chi di noi non lo hai mai pensato? E via a buttarsi giù da quegli scalini pur non sapendo quel che sarebbe successo e con il cuore che batteva a mille… Ma guai a far vedere agli altri bambini questa emozione, questa paura.
Non dimentichiamo il gioco
Nel nostro caso, dopo pochi metri, la salita “era troppo faticosa”. Adriano voleva bere, raccogliere le more, “fare le sgommate”… Lo abbiamo assecondato. A volte con tempi stretti, altre con più calma.
Se si annoiano, ascoltateli. Chi scrive ha la fortuna di vivere in un piccolo borgo a ridosso della campagna: bastano poche decine di metri ed è già su strade secondarie o bianche. In città è senza dubbio più complessa la cosa, però è anche vero che ci sono le piste ciclabili (qui il piede a terra e la capacità di fermarsi sono indispensabili) e queste sono un’ottima palestra.
Stuzzicateli con una meta, un obiettivo: un certo numero di chilometri, la casa della nonna, un gelato. Oppure la scoperta di una nuova strada, come fosse un’avventura. Di solito funziona.
Raccontategli che quel tratto di strada è quello che si vede sempre quando si torna a casa e che finalmente ci siete andati anche insieme. O che da piccoli ci andavate anche voi.
E chissà, magari si incontrano anche altri bambini. In quel caso si apre un altro mondo. E tutto diventa, magicamente, più facile. O semplicemente gli piace davvero e a quel punto vi prenderà per la giacchetta e avrete creato un “piccolo (piacevole) mostro”!