Patrimonio UNESCO dal 26 giugno 2009, le Dolomiti sono iscritte da molto prima tra i gioielli più preziosi della penisola. Milioni di anni fa erano barriere coralline immerse nella profonda oscurità degli Oceani. Oggi sono luoghi presi d’assalto dal turismo che non sempre riesce a cogliere le sfumature di queste rocce emerse come per miracolo e che, con la luce del tramonto, esplodono di straordinaria bellezza.
Con l’avanzare di una stagione intima come l’autunno, che l’Alta Badia sa celebrare come pochi, abbiamo chiesto a Michil Costa, ambasciatore di questi luoghi nel mondo, di raccontarci perché questo è il momento giusto per sentire veramente la natura diventare parte di noi stessi.
Una stagione per interiorizzare la bellezza
Non solo foliage. Le sfumature delle Dolomiti in autunno fanno sembrare queste montagne le protagoniste di un quadro. Ma al di là degli alberi che cambiano i colori, delle albe cristalline e dei tramonti spettacolari, c’è qualcosa che ha a che fare con l’interiorità.
«Se vogliamo parlare dal punto di vista più filosofico – dice Costa – l’autunno è un buon momento per sviluppare la capacità di interiorizzare i luoghi. Un’occasione per provare a essere più se stessi e a lavorare sulla propria interiorità. Non c’è strategia, questo è un periodo per percepire la natura come parte di sé e interiorizzare un pezzo vero di Dolomiti».
La riscoperta della montagna
Se il cicloturismo si è evoluto molto in questi ultimi cinque anni, la stessa cosa non si può dire per l’approccio di esso verso la montagna.
«Di fatto – conferma Costa – essa viene percepita ancora come un luogo dove prevalentemente inseguire la performance. Una sorta di enorme parco giochi, senza l’effettiva volontà di comprenderla meglio nella sua essenza. I vantaggi economici sono notevoli, ma per me che sono un uomo di montagna, la visione è un po’ diversa. Venire qui dovrebbe essere una riscoperta nella sua concezione più semplice e di contro meno superficiale».
Pace, silenzio, tempo e spazio. Sono questi i valori che secondo lui rendono attrattivi i luoghi anche per i giovani che, sempre di più, si spostano dalle grandi città verso le montagne.
«Io in bici vado poco – aggiunge – perché per me è troppo veloce. Personalmente ho bisogno di lentezza. Però mi piace molto il concetto di movimento del ciclismo».
L’ospitalità dei greci
Costa si sofferma anche sulla capacità di far riemergere l’antico concetto greco di accoglienza. Un modo per educare alla montagna e accompagnare i turisti in un percorso di rispetto e di riscoperta.
«La responsabilità ricade su di noi», spiega. «La possibilità è semplice: ripartire da noi stessi, prendere per mano l’ospite e accompagnarlo verso un concetto di controtendenza. Gli albergatori non devono avere paura di compiere scelte radicali, che vanno in direzione opposta rispetto all’industria di massa. Bisogna ribaltare i concetti. Per quanto riguarda l’accoglienza, è fondamentale essere aperti verso l’altro, sotto tutti i punti di vista».
Uno sguardo nell’altro
Da imprenditore, Michil Costa è un turista che, per deformazione professionale, ricerca l’eccellenza. «Voglio tendere al meglio – spiega – e vado a caccia del servizio di qualità, sono interessato ai dettagli. Se guardiamo dal lato umano invece, cerco uno sguardo nell’altro. Provo a trovare il pescatore che mi porta in barca di notte, per esempio. Voglio vivere il tessuto sociale e scovare esperienze che mi portino qualcosa di profondamente legato al territorio e alla sua cultura».
Uno scorcio esclusivo sulle tradizioni, ecco cosa riserva il futuro del turismo di eccellenza. Il cicloturismo, d’altro canto, da qualche anno a questa parte, segue questa corrente. Chi usa la bici continua a ricercare esperienze che lo portino al centro del territorio in cui sta pedalando. La cucina, la vita del borgo, la storia, la bellezza della quotidianità che si perpetra da generazioni.
Luoghi senza geolocalizzazione
In un mondo dove l’esposizione mediatica è all’ordine del giorno, spesso la condivisione compulsiva delle localizzazioni sui social ha condotto a disastri incommensurabili per l’ecosistema. Chiedendo a Michil Costa il luogo più bello – secondo lui – delle Dolomiti, è onesto nel dire che non lo condividerebbe con nessuno. E’ lecito infatti che si possa considerare qualcosa di ancora privato ed esclusivo nella propria storia di umani, ciclisti, arrampicatori o camminatori.
«Si tratta di una guglia – conclude Michil Costa – che si trova a poca distanza da casa mia. Ci si arriva arrampicando. Non dico mai le esatte coordinate perché ne sono molto geloso. Non è molto complicato, ma è abbastanza esposto e si ha una vista straordinaria. Questo per me è il vero lusso contemporaneo».