I primi colpi di pedale dalla tomba di san Francesco, Patrono d’Italia. Il centro di Assisi rimane presto alle spalle, poi è la volta della Basilica di Santa Chiara e seguendo le frecce bianche e rosse, constraddistinte dalla dicitura CFM, ci si avvia verso le pendici del Monte Subasio. Sono i primi chilometri lungo il Cammino Francescano della Marca, che da Assisi condurrà ad Ascoli Piceno (in apertura un’immagine depositphotos.com del Ponte di Solestà attraverso cui si entra nel capoluogo marchigiano). Volendo rispettare le tappe tracciate per chi va a piedi, si tratta di 9 giorni di sella. Tuttavia, si può scegliere di ridurli coprendo distanze superiori.
Il sito ufficiale riporta una traccia unica per mountain bike. In realtà, fatti salvi alcuni passaggi più tecnici, il Cammino Francescano della Marca si sposa meglio probabilmente al gravel. La nuova specialità in realtà non era ancora così in voga quando il percorso è stato lanciato: trattandosi di un itinerario suddiviso fra asfalto e sterrati, forse la mountain bike è anche troppo tecnica.


Da Assisi a Spello e poi Foligno
Il monte Subasio è sede di numerosi eremi: la sua fama di luogo spirituale per eccellenza ne ha fatto nei secoli una destinazione per gli uomini dediti alla preghiera. E ancora adesso gli scenari che si scoprono scalandolo aprono la porta alla meditazione e alla ricerca di qualcosa d’altro. Si susseguono piccoli borghi. Prima si attraversa Collicello, poi seguendo la segnaletica si raggiungono la Fonte di San Francesco e la grande edicola votiva.
Mettiamo nel mirino Spello, che rimane un riferimento sull’orizzonte fino al momento in cui vi si accede tramite via Poeta. Il paese è suggestivo, pieno di empori, botteghe e caffè. Si passa davanti al municipio fino alla chiesa di Santa Maria Maggiore, luogo di accoglienza per pellegrini, in cui è possibile riempire le borracce e riceve la prima credenziale.
Da Spello, l’ultimo tratto della prima tappa conduce a Foligno. Finita la discesa da Spello, si torna a pedalare in pianura fino alla prima sede di tappa. Abbiamo percorso 18,8 chilometri, il 65 per cento su asfalto, con un dislivello positivo piuttosto blando di 350 metri.


Colfiorito, si va in salita
Da Foligno di sale. La tappa verso Colfiorito è molto esposta al sole, per cui sarà meglio riempire la borraccia a ogni occasione possibile. Il tracciato è ricco di pregi naturalistici come l’argine del fiume Topino all’uscita da Foligno, le cascate del Menotre e la palude del Parco regionale di Colfiorito. Questa volta i chilometri sono 25,3 all’85 per cento su sterrato e con un dislivello di 750 metri, perché la salita diventa compagna di viaggio.
Le frecce portano ad attraversare le frazioni di San Giovanni Profiamma, poi Scanzano e Belfiore lungo l’alveo del fiume Menotre e delle sue cascate, il cui scrosciare sarà per qualche minuto compagno di viaggio
All’altezza della pieve della Madonna di Ricciano, che dà il nome al primo altopiano su cui ci troveremo a pedalare, prendiamo una mulattiera che piega a destra inoltrandoci tra i fertili campi dei piani di Ricciano. Siamo alla sommità dello storico valico di Colfiorito, che ha permesso per secoli di attraversare l’Appennino. La strada è sterrata e in 2 chilometri conduce alla frazione di Forcatura, pedalando verso la palude di Colfiorito che si scorge più in basso. L’arrivo è questione di attimi.


La vallata del Chienti e il lago di Polverina
Sono circa 27 i chilometri da Colfiorito a Polverina, per un dislivello di 450 metri e la tendenza del percorso a scendere. Ci si avvia lungo la vallata del Chienti, si perde quota, ma questo non significa che il percorso non sia tecnico. Chi volesse rendersi la vita più semplice, potrebbe scegliere di pedalare sulla vecchia statale di fondovalle, poco trafficata grazie alla presenza della nuova strada a scorrimento veloce.
La tappa entra subito in territorio marchigiano, con poche fonti ma diverse località lungo il cammino per il rifornimento d’acqua. Serravalle del Chienti, Gelagna Bassa, Muccia, Polverina. Il tracciato tocca il punto più alto del cammino e si snoda per vari saliscendi passando per luoghi di pregio storico, come il mulino di Gelagna, il borgo de La Maddalena, il convento di San Francesco e il Castello di Beldiletto, e naturalistico, come il lago di Polverina.
Il suo bacino è quello tipico di un lago di montagna, in una regione molto verde e ricca d’acqua che però ha soltanto laghi artificiali: l’unica eccezione è costituita dal lago di Pilato, nell’anfiteatro del monte Vettore.
Polverina è uno dei centri che il terremoto del 2016 e quello del 2017 hanno ridotto a mal partito, ma la ricostruzione ora procede in modo alacre e anche l’accoglienza è tornata quella dei bei tempi.


Cessapalombo e i suoi castelli
Anche se tendenzialmente si sale, perché ci si addentra nell’area dei Monti Sibillini, la tappa di Cessapalombo non è delle più dure. Anzi, è piacevole da percorrere, senza particolari dislivelli, contraddistinta dalla presenza di castelli, collegati tra loro da sentieri immersi nel verde: Pievefavera, Croce, Vestignano e Montalto di Cessapalombo. Senza tralasciare la chiesa carolingia di San Giusto in San Maroto e quella rupestre di Madonna del Sasso. Il tutto a poca distanza dal gioiellino architettonico di Caldarola.
I chilometri sono 18,7. Il fondo è al 75 per cento in asfalto e il resto su sterrato. Il dislivello positivo è di 650 metri. Cessapalombo, luogo di arrivo, è un comune di montagna dell’alta vallata del Fiastrone, in provincia di Macerata, con una parte compresa del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. L’origine è medievale, anche se dell’antico centro si conserva solo in parte l’impianto urbanistico a causa del terremoto del 1799. Il nome ricorda un bosco, utilizzato per il taglio della legna, di proprietà di un certo Palumbo, nome abbastanza diffuso nel Medioevo.


Due tappe in una
Le due tappe successive sono quelle che più delle precedenti si prestano ad essere… sintetizzate in una sola tratta. Da Pievefavera a Montalto di Cessapalombo i chilometri sono 6,1 (4,4 su asfalto) e dislivello di 300 metri. E’ la tappa più breve di tutto il cammino, nessuna difficoltà se non qualche passaggio su erba alta e vegetazione che tende a chiudersi. Dall’arrivo a Sarnano invece i chilometri sono 17,8 con fondo all’80 per cento sterrato.
Si tratta di una tappa di grande impatto naturalistico che entra nel Parco dei Monti Sibillini e ne percorre le pendici boscose fino al centro medievale e termale di Sarnano.
Le storie dei carbonai e dei pastori si intrecciano con quelle di san Francesco e dei suoi monaci. E’ nel convento di San Liberato che vennero composti i celebri Fioretti del Santo. Il centro di Sarnano è attualmente dominato dalle gru, nel segno della città che è ripartita e si sta rifacendo il trucco per essere nuovamente una meta turistica.


Strade romane e ponti storici
Da Sarnano a Comunanza ci sono 22,3 chilometri al 70 per cento su sterrato e la possibilità, all’occorrenza, di percorrerla interamente su strada. Si pedala ai piedi delle montagne. Non si affrontano grandi dislivelli, si tratta di costeggiare le vette dei Sibillini lungo sentieri medievali, strade romane come la Salaria Gallica e ponti storici.
Si toccano Amandola, centro del Parco nazionale dei Monti Sibillini, piccolissimi borghi e pievi di campagna fino a giungere alla valle del fiume Aso su cui si distende Comunanza, luogo di attività commerciali e artigiane. Si tratta del crocevia tra la provincia di Ascoli Piceno e quella di Fermo. I dintorni hanno tante storie da raccontare.


Al centro di tre Parchi
Siamo alla penultima tappa, che da Comunanza conduce a Venarotta. Ascoli Piceno è ormai nel mirino. Cambia il dialetto della gente nei paesi, non mancano l’acqua e l’accoglienza. La tappa misura 21,2 chilometri e si snoda al 25 per cento su asfalto e per il 75 per cento su sterrato.
Ci si muove tra i boschi senza grossi dislivelli. Nonostante la città sia a pochi chilometri, si attraversano territori poco antropizzati e quindi privi di servizi. Per questo motivo è bene fare scorta di acqua alla partenza, dato che la prima fonte che si incontrerà sarà quella di Palmiano, il Comune più piccolo del Piceno. Lungo il percorso si riconoscono scorci suggestivi sui monti Sibillini, sui monti della Laga e sul Gran Sasso fino a raggiungere Venarotta, paese francescano che ha fatto dell’accoglienza un suo tratto distintivo.


La città delle Cento Torri
L’ultima tappa è davvero una passerella. E’ piuttosto breve, ma volendo trovare un motivo di attenzione, è bene riempire bene le borracce perché le fontane lungo il percorso saranno poche. Non si è mai visto tuttavia che un abitante delle rade case che si incontrano abbia rifiutato la possibilità di riempire bottiglie e borracce.
L’arrivo ad Ascoli Piceno, la città delle Cento Torri, avviene tra le case della periferia di Porta Cappuccina fino al lavatoio pubblico del Seicento, meglio conosciuto come fonte di Sant’Emidio. Sulla sua destra si prosegue sul ponte romano di Solestà sul fiume Tronto, che scorre diverse decine di metri più in basso.
Le tappe che conducono agli ultimi colpi di pedale vedono l’attraversamento di piazza Ventidio Basso, poi la chiesa di San Francesco, Piazza del Popolo, Piazza dell’Arengo e poi, dulcis in fundo, la facciata della Cattedrale di Sant’Emidio, che ospita nella cripta le spoglie del Santo. Il punto di arrivo del Cammino Francescano della Marca.
Il sito internet è molto ben curato e propone anche una serie di indicazioni di percorso e su dove dormire, preziose dato che la logistica è ancora in fase di ridefinizione.
NEGLI ARTICOLI PRECEDENTI
In cammino fra le attese e la meraviglia delle “terre mutate”
Terre Mutate: 245 chilometri di bellezza e vera resistenza
Cammino nelle Terre Mutate: tracce per MTB, strada e gravel
Cammino di San Benedetto, viaggio nella vita che torna
Abbazia di Montecassino, l’emozione alla fine del Cammino
Cammino dei Cappuccini: 400 chilometri di viaggio nell’anima
Sette tappe in bikepacking sulle orme dei primi Cappuccini
Da Assisi ad Ascoli Piceno: è il Cammino Francescano della Marca







