MILANO – Il Giro d’Italia torna in Valtellina e lo fa con un programma di tutto rispetto. L’arrivo a Livigno dopo la partenza da Manerba del Garda, per la tappa più lunga della corsa. Il giorno di riposo del lunedì. E la ripartenza dell’indomani con lo Stelvio nei primi chilometri e l’arrivo in Val Gardena. Se già una crono all’indomani del riposo può dare qualche grattacapo, immaginiamo cosa potrà accadere con un tappone alpino di tale portata.
Valtellina e Giro d’Italia
Qui però spostiamo l’attenzione dal fronte tecnico (di cui leggerete a breve a firma di Filippo Lorenzon) verso quello turistico, per capire che cosa ci sia dietro l’arrivo del Giro d’Italia in un territorio già noto come quello di Livigno, centro d’eccellenza per gli sport invernali e ritrovo estivo per corridori e amatori. Per farci un’idea siamo saliti al 32° piano del Palazzo Lombardia, da cui Milano sembra una cartolina, per parlare con Massimo Sertori, classe 1968, Assessore agli Enti locali, Montagna, Risorse energetiche, Utilizzo risorsa idrica, nonché valtellinese purosangue (in apertura è sullo Stelvio). Per ispirazione o per una fortunata casualità, Sertori al cicloturismo crede da anni e sta approfondendo i progetti che puntano alla sua crescita.
«Fu quasi una cosa accidentale – ricorda – mi ritrovai in un’azienda agricola durante una presentazione. Proiettavano lo sviluppo del turismo bike e tutto quello che ci girava attorno in Paesi come Germania, Olanda, Austria. Stava vivendo una crescita esponenziale, ma in Italia ancora non era così. Si intuiva un bel futuro per la mobilità dolce. Ricordo che la cosa mi aveva entusiasmato, poi l’incontro con una persona competente come Gigi Negri (motore del turismo valtellinese, ndr) mi permise di mettere a fuoco esigenze e potenzialità del territorio».
L’incontro fra i due avviene quando Sertori è ancora presidente della Provincia di Sondrio e inizia presto a dare buoni frutti. Nasce una strategia volta a potenziare il legame fra ciclismo e turismo. Fra le azioni messe in campo, il passaggio del Giro d’Italia accende la luce con la potenza della diretta televisiva e le imprese dei campioni.
Quali effetti produce il Giro?
Si può capire dalla presentazione appena svolta a Trento. Noi lo abbiamo… utilizzato più volte come vetrina per un’area che ha passi storici e noti, che con il passaggio della corsa sono stati esaltati. D’altra parte, gli enti locali hanno spinto molto ad esempio sul Sentiero Valtellina e in particolare sul collegamento della Svizzera con il Lago di Como, una destinazione molto richiesta. In quest’ottica, la via ciclabile diventa un’infrastruttura, che ha aperto una serie di scenari dei quali inizialmente non eravamo consapevoli neppure noi.
Ad esempio?
Prima che ci fosse quel Sentiero, che percorre il territorio a ridosso dell’Adda, si pensava alla Valtellina soltanto in termini di montagna, terrazzamenti e passi alpini. Non si pensava quasi mai ai territori della bassa valle, conosciuti da pescatori, cacciatori e dai gestori dei silos. In realtà quel percorso ha offerto una nuova prospettiva. Io sono valtellinese, ma non essendo pescatore né cacciatore, conoscevo quelle zone perché i miei avevano un’azienda e andavano nella zona dei silos di sabbia. Oggi da quelle parti si fa dell’ottimo rafting, che propone la visione del paesaggio dal fiume.
E’ l’auspicata valorizzazione del territorio.
Non bisogna ragionare per comparti stagni, per cui adesso la prospettiva è quella di fare un sentiero a mezza costa, per riscoprire altre situazioni. Come ad esempio quella legata al vino, altro settore molto trainante dell’economia valtellinese. La mobilità dolce fa parte di questo movimento, tanto più che con l’avvento della pedalata assistita, anche gli strumenti a disposizione sono migliorati e tante persone possono avvicinarvisi. Negli anni 80 sognavamo tutti la moto, ora vedo ragazzi che sudano sulle bici e questo lo trovo molto azzeccato.
Non a caso infatti i numeri sono in crescita.
Io credo che l’Enjoy Stelvio Valtellina e più in generale la chiusura al traffico dei passi siano diventati importanti per il forte coinvolgimento del pubblico. Ma credo che sia ancora più importante il messaggio culturale che viene dato, perché la gente sta apprezzando sempre di più la qualità della vita, spesso legata non solo al mestiere che facciamo, ma anche a come utilizziamo il nostro tempo libero.
Poco fa ha parlato del rapporto con gli svizzeri: c’è collaborazione su questo fronte?
Per anni la Val Poschiavo è stata la via di transito per le auto che andavano a Livigno e non si fermavano per niente. Il fatto invece di promuovere il ciclismo, cui anche loro tengono, fa sì che le presenze si dividano e che si lavori con un obiettivo comune.
Livigno richiama così tanto?
Livigno da sola fa il 50-60 per cento delle presenze turistiche di tutta la provincia. Negli anni 80 sono stati bravi a destinare le risorse che ricavavano dal fatto di essere una zona extra doganale. Hanno investito sul turismo, rifacendo quasi tutti gli alberghi e oggi vivono di luce propria. Non hanno più bisogno di auto e autocarri che salgono per fare il pieno a minor prezzo. Ma questo non può compromettere le strategie, anche turistiche, che invece bisogna fare assieme agli svizzeri. Il Giro d’Italia ci unisce. Se lavoriamo insieme ci possono essere dei benefici per entrambe le comunità.
E’ vero che state lavorando per portare a Livigno anche il Giro di Svizzera?
C’è del vero (ammette sorridendo, ndr) e sarebbe la prima volta che la corsa viene in Italia. Si sta lavorando. Si sono creati i contatti per portarlo e per creare una situazione positiva e virtuosa con la Svizzera. Ci teniamo molto.
Manca qualcosa perché la Valtellina raggiunga gli standard di quella presentazione della primisima ora?
Ci stiamo lavorando, non è ancora completa: i tasselli ci sono e adesso dobbiamo ordinarli. La nostra montagna ha dei potenziali incredibili ancora non espressi, ma indirizzati. Bisogna lavorare ancora molto per comporre l’immagine finale, puntando sempre di più sulla qualità e la sicurezza, piuttosto che sulla quantità.
Manca tanto invece perché il turismo estivo agganci come numeri quello invernale?
Un aspetto legato non solo alla Valtellina, ma più in generale al turismo della montagna, era che se lavoravi bene d’inverno, in estate potevi anche accontentarti. Poi si è capito che magari si poteva allargare il discorso, perché per chi gestisce un’attività ricettiva, un conto è avere 6-8 mesi di attività e altra cosa è poter lavorare tutto l’anno. La destagionalizzazione è sempre stata un cavallo di battaglia, che abbiamo sempre cercato di spingere anche politicamente. Basti vedere il successo che ha in autunno a Teglio l’Accademia del Pizzocchero. Tutto serve per valorizzare il territorio e così il collegamento con sport, mobilità dolce e bike diventerà sempre più semplice.