Le gravel hanno invaso il mercato diventando la frontiera più fluida del ciclismo moderno. Nate come bici polivalenti, oggi si moltiplicano in versioni che spaziano dal racing al viaggio, dalla ricerca del divertimento fino alle monster gravel con ruote da 29 pollici.
L’impressione, visitando fiere come Italian Bike Festival, è che ci sia tanta creatività ma anche una certa confusione. Come abbiamo già scritto giusto ieri nel nostro editoriale, definire meglio le categorie aiuta produttori e utenti. Perché se da una parte la varietà stimola l’innovazione, dall’altra rischia di disorientare chi cerca la bici giusta.



Racing, viaggio e divertimento
Le gravel racing rappresentano la punta più estrema di questa nuova categoria. Sono bici concepite per performance, con geometrie aggressive, manubri in carbonio integrati e ruote leggere: pensate per chi vuole correre e replicare lo spirito delle gare gravel americane.
All’opposto, le gravel da viaggio hanno geometrie più rilassate, forcelle talvolta ammortizzate, manubri in alluminio specifici e soprattutto tanti punti di fissaggio per borse e portapacchi. Tutto dipende dall’uso che se ne vuole fare.
Poi ci sono le gravel “da divertimento”, mezzi che puntano alla versatilità, ideali per alternare sterrato e asfalto senza la pretesa di cronometro o lunghi viaggi e che magari costano mediamente anche un po’ meno. La varietà di materiali riflette questa diversità: l’acciaio continua ad avere estimatori tra chi ama comfort e fascino vintage, l’alluminio rimane la scelta più accessibile, mentre il carbonio è lo standard nelle versioni top di gamma. Persino il legno ha fatto la sua comparsa, testimoniando la spinta creativa di designer e costruttori.
La terra di mezzo
E’ nelle monster gravel che si vede la parte più “ibrida” e sperimentale del fenomeno. Alcuni brand hanno osato mettere in discussione i confini stessi della categoria. Scott ha presentato la Scale Gravel, che prende in prestito del tutto le geometrie e soluzioni dalla mountain bike, ma togliendole la forcella ammortizzata. Di contro, Cinelli ha proposto una monster gravel con ruote da 29” ma manubrio integrato in carbonio da strada!
In questo spazio di mezzo ci sono bici che uniscono comfort e rigidità, geometrie più rilassate ma pronte a spingersi su percorsi tecnici, componenti mutuati da MTB e strada, come trasmissioni monocorona, freni potenziati e ruote rinforzate.
L’impressione è di un grande laboratorio a cielo aperto, in cui ogni marchio prova a trovare la sua formula per catturare ciclisti con esigenze specifiche. O magari appassionati che cercano il prodotto di nicchia. Tuttavia questa abbondanza, se non viene incanalata, rischia di trasformarsi in un “mischione” che non aiuta il mercato: i ciclisti meno esperti fanno fatica a distinguere quale bici sia davvero adatta a loro e quale invece nasca solo da un esercizio stilistico. E alla fine le nicchie da pregio quale sono, rischiano di trasformarsi in un ginepraio.
Tra innovazione e chiarezza
Visitando eventi come l’Italian Bike Festival si capisce che la gravel sia la categoria più in fermento del ciclismo moderno. E’ un terreno di sperimentazione che porta soluzioni nuove, dall’integrazione totale dei cavi ai manubri inediti, dalle ruote da 28” a quelle da 29” che aprono prospettive più tecniche. Tuttavia, la sfida dei prossimi anni sarà trovare una grammatica comune per descrivere le tipologie di gravel.
La distinzione tra racing, viaggio, divertimento e monster gravel è un buon punto di partenza, ma serve un lavoro condiviso fra brand e media per educare gli utenti. Il rischio è che la troppa varietà generi disorientamento, con ciclisti che scelgono bici non adatte alle proprie esigenze. Al contrario, un linguaggio chiaro può trasformare la ricchezza attuale in un punto di forza, con percorsi sempre più diversificati e una community, come si usa dire oggi, in crescita.
In fondo, la gravel è nata proprio per unire mondi diversi: sta ora ai produttori evitare che questa ricchezza si trasformi in confusione. Il consiglio che possiamo dare per orientarsi è quello in primis di pensare nel profondo all’utilizzo che se ne vuole fare e in seconda battuta ai percorsi che si hanno più a portata di mano vicino casa. Poi è chiaro che se si ha la possibilità o se si ha in programma qualcosa di particolare… si può osare!