Da un De Marchi all’alto, ma sempre in gravel. Se qualche tempo fa via avevamo raccontato della gara che Mattia De Marchi sta allestendo, stavolta vi parliamo dell’avventura di suo cugino Alessandro, anche questa in Friuli Venezia Giulia e più precisamente in Carnia.
Il “Rosso di Buja”, questo il soprannome di Alessandro De Marchi, è un professionista del pedale. Veste i colori della Jayco-AlUla ed noto per la sua grinta, per aver indossato la maglia rosa e quella azzurra e perché ha idee profonde che lo legano al suo territorio e alla natura.
Di solito i professionisti, che inanellano 25.000-30.000 chilometri ogni anno in qualche modo “scappano” dalla bici nel loro periodo di stacco. Alessandro invece ha scelto un off-season diverso dal solito: una due giorni di cicloturismo nel cuore del suo Friuli Venezia Giulia.
Si va in Carnia
Inforcata la gravel bike, ha esplorato la Carnia, dormendo in quota in una delle strutture di Friland Wild, a cui lo stesso ciclista è legato come socio. Si tratta di un progetto di turismo slow e sostenibile e grazie al quale è possibile in micro case (tiny house) di legno.
La Carnia, regione montana situata nel nord del Friuli Venezia Giulia, è un vero paradiso per gli amanti della natura e delle due ruote in particolare. Caratterizzata da valli strette e selvagge, picchi alpini e borghi che sembrano sospesi nel tempo, offre paesaggi mozzafiato e una rete di percorsi adatti sia agli esperti che ai cicloturisti più tranquilli.
Questa è la terra di salite “sacre” quali lo Zoncolan o il Monte Crostis. E’ qui che per anni si è disputata la Carnia Classic, una granfondo amatoriale. E poi le sue strade non sono mai troppo trafficate, specie in questo periodo.
In questa cornice De Marchi ha trovato l’ambiente ideale per un’esperienza di puro contatto con la natura.
Avventura autentica
«Non sono riuscito ad avere una vacanza vera e propria per vari motivi e allora ho deciso di ritagliarmi un paio di giorni per pedalare con calma e in pace. E in solitaria», racconta Alessandro. Per pianificare il suo breve viaggio si è rivolto anche agli amici di Friland, chiedendo una location dove poter riposare dopo lunghe giornate in sella. La scelta è ricaduta su una zona che da tempo desiderava esplorare: quella intorno a Sauris, con il suggestivo Passo Pura e il Vallone di Festons, immersi nella quiete della Carnia.
L’itinerario di De Marchi era, come dire, flessibile. Stabilita una meta e una traccia di massima lo ha adattato strada facendo.
«Avevo pianificato un giro su Komoot, ma poi ho fatto molto a naso. Alcune strade erano chiuse per lavori forestali, così ho accorciato in certi punti e allungato in altri. Sono passato da luoghi iconici come Sauris di Sopra e di Sotto, due borghi isolati ma incredibilmente suggestivi, che si aprono in una conca panoramica dopo una strada stretta e immersa nei boschi».
Magia a Malga Festons
«Il momento più emozionante? Quando sono arrivato a Sella Festons – dice il “Dema” – in pratica è sella alpina, situata sopra i 1.800 metri di quota che offre un panorama spettacolare su prati verdi incastonati tra cime maestose che ad Ovest sono le Dolomiti. Lasciato Sauris di sopra, dopo una salita tosta, ti trovi in un vallone silenzioso, dove c’è solo il vento e un senso di pace totale. Lì ho capito che valeva davvero la pena di fare tutto questo.
«Qui avrei voluto incontrare un mio amico, che poi è appunto il malgaro di Festons, ma non c’era. Salendo mi sono reso conto che forse l’assetto della mia bici era un po’ troppo racing per quei percorsi. Molti erano di sterrato pro, in mezzo ai boschi. Sarebbe stato meglio una gravel più da avventura, se non una mtb. Ma non avendo fretta alla fine ce l’ho fatta senza grossi problemi».
De Marchi, pur abituato alle gare, ha scelto un ritmo completamente diverso: «La filosofia era di non avere fretta. Mi ero preparato per pedalare anche al buio, con luci e abbigliamento adeguato, e ho davvero rallentato. Mi sono portato dietro solo lo stretto necessario: una borsa da dieci litri, forse meno, al posteriore e una più piccola nel triangolo del telaio. Il contenuto? Un buon libro, una maglia e un pantaloncino per la notte, spazzolino, dentifricio e il carica batterie per il telefono».
Alessandro, come detto, ha pernottato in una tiny house di Friland, strutture eco-sostenibili e minimali, ideali per chi cerca un turismo lento e rispettoso del territorio. «La sera sono arrivato stanco ma soddisfatto. Verso le 19, mi sono fermato in uno dei pochissimi locali aperti in zona. Mi sono gustato un piatto di tagliatelle ai funghi e uno strudel, poi sono andato a dormire nella casina di legno. Ho fatto una bella doccia calda e dopo aver letto un libro che avevo portato con me, sono crollato».
Alessandro dunque si è goduto il silenzio, la solitudine, lo scorrere lento del tempo. Era questo quel che cercava e quel che ha trovato. Una dimensione diversa del suo abituale andare in bici.
Quel faggio misterioso
E il secondo giorno ha amplificato tutto questo. Nessuno con cui parlare a parte il tizio del bar dove aveva preso un toast a pranzo e l’oste la sera delle tagliatelle. Lo stesso che lo aveva avvertito dell’avvistamento di un orso. «Ho scambiato qualche parola nei rifugi. A novembre non è così comune vedere ciclisti in queste zone. Ma qualche battuta con i proprietari dei locali ci scappa sempre. Uno di loro mi ha detto di stare attento all’orso. Gli ho risposto che avevo più paura di qualche auto piuttosto che dell’orso».
Nel lungo rientro verso casa, quindi con la bici che puntava verso Est, De Marchi si è fermato a Pani, località famosa per un maestoso albero di faggio secolare e per i suoi panorami mozzafiato. «Il foliage autunnale dava ai boschi dei colori incredibili. Questo è un albero famoso. Si trova sul crinale di una collina, solitario. Guarda da un versante e da un altro. E’ un luogo davvero suggestivo».
Carnia per tutti
La Carnia si è dimostrata ancora una volta un territorio ricco di possibilità, anche fuori stagione. «Credo sia un luogo perfetto per chi vuole uscire dagli schemi e vivere un’esperienza autentica. Spero che sempre più persone scoprano la bellezza di questa regione», ha concluso De Marchi.
Alla fine la due giorni di De Marchi lo ha visto pedalare per oltre 200 chilometri e 5.000 metri di dislivello. Ad un ritmo molto lento. In pratica Alessandro è stato in bici dalla mattina alla sera, aveva con sé anche delle luci. In questo modo si è immerso nel suo Friuli, ma soprattutto ha dimostrato che persino i campioni sanno rallentare e godersi la strada, un passo alla volta. Qualcosa che dovremmo tutti noi prendere come esempio.