| 7 Aprile 2025

Il ciclismo di Rossella Palini, lo Stelvio e il gusto di raccontare

Lo Stelvio. Quest’anno compie 200 anni e il suo fascino resta potente come la prima volta che qualcuno osò sfidarlo su una bicicletta. Chiunque riesca a scalarlo vive sensazioni uniche e cerca il modo più efficace per dirlo al mondo. Così è successo a Rossella Palini, designer di professione e ultra trail runner per passione, che di recente ha scoperto la bicicletta e l’ha presa di petto, mettendo nel mirino i grandi passi.

Il suo entusiasmo su Instagram ci è parso contagioso. E per questo, volendo rendere omaggio al gigante valtellinese per i due secoli di vita, l’abbiamo raggiunta per farci raccontare la sua impresa e il rapporto con la bicicletta. Rossella racconta come un fiume che dona buon umore, la cadenza bresciana fa simpatia.

«Avrei mille cose da raccontare – dice – comunque sono una sportiva e principalmente sono una trail runner, quindi adoro la montagna. Da due o tre anni ho iniziato ad andare in bicicletta, perché non potevo fare solo corsa: cominciavo a caricare troppo e avevo bisogno di scaricare. Pedalavo, ma intanto mi allenavo per le gare di corsa e le due preparazioni non sempre andavano d’accordo. L’anno scorso invece mi sono infortunata. Non ho corso per sei mesi e usando la bici, mi è venuto il pallino di fare un po’ di passi. Sono abituata, se ho un obiettivo da raggiungere, a fare da me, senza aspettare nessuno. Mi arrangio e così è stato anche per lo Stelvio. Ne avevo sempre sentito parlare come di una cosa difficile, quasi irraggiungibile. Mi chiedevo se ce l’avrei fatta e così ho cominciato a studiare il percorso. E alla fine una mattina sono partita verso Bormio con la mia amica Maurizia, che è riuscita a organizzarsi solo all’ultimo».

L’attività principale di Rossella Palini è l’ultra trail running, la corsa estrema in montagna (immagine Instagram)
L’attività principale di Rossella Palini è l’ultra trail running, la corsa estrema in montagna (immagine Instagram)
Senza riscaldamento e senza niente prima?

Dirette, dopo aver anche sbagliato strada. Siamo partite ognuna al suo ritmo. Mi prudevano le gambe (sorride, ndr), e così dopo un po’ ho accelerato. Mi è piaciuto tantissimo. Adesso mi piacerebbe farlo dall’altro versante, però mi hanno detto che è più dura. Ci sono tutte queste leggende, che mi rendono un po’ timorosa. Ho sempre paura di non farcela, perché tutti che dicono che è un mito…

Che cosa sapevi dello Stelvio?

C’erano persone che l’avevano fatto, gente che conoscevo. Mi dicevano che è lungo e c’è da dosare lo sforzo sennò non si arriva in cima. Io vengo dalle ultra trail, anche se in bicicletta lavorano altri muscoli e si fanno altri allenamenti. In bici non ho mai fatto grossi giri, solo i passi. Ho fatto pure il Mortirolo, sempre dal versante più semplice. E anche quello l’ho fatto da sola, partendo una mattina.

Cosa ricordi della scalata dello Stelvio?

Mi è piaciuto veramente. Poi c’era una giornata stupenda, faceva caldo rispetto al solito. Mi dicevano tutti di stare attenta al freddo quando fossi arrivata in cima. Insomma, sarà stata una serie di fattori, ma sono arrivata preparata. Forse sono riuscita a esorcizzarlo prima.

Che cosa significa che avete sbagliato strada?

Volevamo seguire le tracce, perché non sapevamo dove andare. Non ero stata mai a Bormio, c’era un sacco di gente in giro e abbiamo preso una stradina che non c’entrava niente. Ci siamo infilate in mezzo alle case e alla fine abbiamo preferito stare sulla strada principale. All’inizio era un po’ all’ombra, poi però si è scaldata e si stava benissimo. Unica cosa, c’era l’aria fredda, per quello non mi sono fermata tanto. Però ho fatto un sacco di video e di foto. Ci siamo godute il paesaggio quando siamo arrivate, abbiamo bevuto la nostra Coca Cola, mangiato il nostro pezzettino di torta, ma non mi ricordo neanche a quale gusto fosse.

C’è qualcosa di simile fra il trail running e il ciclismo?

Penso che i due sport in generale siano simili, soprattutto per i paesaggi che si incontrano in questi viaggi, perché per me sono dei viaggi. Nel trail running è tutta un’altra cosa rispetto alle corse su strada, è proprio un’avventura. Ti godi metro dopo metro, anche perché alcune volte il ritmo rallenta e fai tanta fatica. Quando poi arrivo in cima, mi viene da pensare a come faccia a vivere chi rinuncia a certe esperienze. Per questo mi piace andare alla scoperta dei passi, mentre a giugno parto e faccio un anello di 600 chilometri tra Italia e Slovenia. C’è un evento e siamo in tre o quattro amiche e a me piacciono queste cose. Sono un po’ più per l’endurance.

Ti alleni tanto?

Dopo il lavoro, tutti i giorni e nel weekend. Per me il weekend è sempre stato il giorno del lungo. Sono giornate divise tra colazione, tappa al bar e tanto sport. Mi piace stare all’aria aperta, starei fuori tutto il giorno. Sono designer di prodotti sin da quando mi sono laureata. Faccio i miei orari e poi, non so se è una fortuna o una sfortuna, quando stacco, stacco. Cambio modalità e mi dedico ad altro.

La bicicletta va d’accordo con le femminilità?

Ho sempre pensato piuttosto che siamo io e la femminilità a non andare d’accordo. Sono cresciuta tra maschiacci, con un padre meccanico che mi faceva lavorare in officina. Tutto questo mi ha creato un po’ di insicurezze durante la giovinezza, poi ho capito che la femminilità spesso è uno stereotipo, fatto di tacco, gonna, trucco e unghie lunghe. Ecco non sono cose che odio, ma non mi fanno impazzire. Se una persona si trova a suo agio nei propri panni, riesce a esprimere femminilità o qualsiasi altra cosa. E io penso che per essere felice mi basta fare queste cose. Sono sportiva, mettimi un paio di scarpe sportive, dei pantaloncini, una maglietta e sono a posto.

Nelle foto hai una bici Canyon, in che modo hai scelto?

La mia prima bici, 4 anni fa, era una gravel perché avevo un po’ paura di andare su strada. Ho cominciato a pedalare e ho bucato in entrambe le uscite che ho fatto. La prima volta non avevo nessuno che mi venisse a prendere e così ho chiamato mio fratello che era a lavorare. Ho aspettato un’ora, dovevo andare a un pranzo… La prima esperienza fu terribile, la seconda fu lo stesso. Ho usato la gravel per un anno, però ho visto che mi piaceva andare su strada. Perciò ho venduto la gravel e ho preso la Canyon, perché ha un rapporto qualità/prezzo super rispetto a tantissime altre. In più ho preso un modello da endurance, per cui basta mettere dei copertoni più grandi e diventa come una gravel.

Sei molto attiva sui social, come vivi quel mondo così diverso dall’aria aperta delle montagne?

Mi piace molto, ma penso sia perché mi piacciono le belle immagini. Ho sempre avuto questo gusto sin da quando son piccola, gli unici soldi che riuscivo ad avere li spendevo in riviste. Per cui cerco sempre di avere delle cose belle da far vedere. Quello che a me piace della mia attività social è far vedere alle altre persone il bello che si perdono. Il messaggio è che queste cose, la natura e le sue bellezze, ci sono tutti i giorni. Sono sempre lì e basta uscire per vederle, invece di stare a casa sul divano o andare al centro commerciale. E’ una cosa che fa bene alla salute, ma anche allo spirito.

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