| 24 Agosto 2024

Viaggio in Armenia, seconda parte: caravanserragli e monasteri

STEPANAVAN (Armenia) – Prosegue il racconto del nostro tour gravel in Armenia. Dopo la sosta ad Areni, il giorno successivo facciamo una ricca colazione e partiamo per affrontare la salita principale del viaggio, il Selim Pass che svalica a 2.400 metri. L’ascesa è priva di ombra e la terra è brulla. Per quanto con gli altri tre amici marchigiani si sia tentato di anticipare la partenza, arriviamo in cima per l’ora di pranzo. Un paio di tornanti prima del valico è però d’obbligo una sosta al caravanserraglio di Selim. Una struttura in basalto in parte scavata nelle pendici della montagna che fungeva da “punto tappa” per i viandanti lungo la “via della seta”. Fu costruito nel 1332 ed è quello meglio conservato del piccolo stato caucasico.

Dopo il valico non c’è la discesa, ma un altopiano che ci accompagnerà per due giorni. Lo scenario cambia totalmente e dalle brulle terre del versante del Selim Pass esposto a sud, la traccia si fa più verdeggiante. Lasciamo la strada principale (comunque a tratti sconnessa) per seguire dei tratturi in mezzo ai campi sconfinati, perfetti per le nostre gravel dopo i primi due giorni di asfalto. Anche le temperature sono più gradevoli pedalando a 2.000 metri di quota e così concludiamo la nostra tappa a Martuni, nei pressi del Lago di Sevan. Ricordate Arthur, il meccanico ciclista di Yerevan che ci aveva lasciato il suo numero? Grazie ad una videochiamata con lui riusciamo a sistemare in serata un problema al cambio posteriore della gravel di Davide.

IL LAGO DI SEVAN ED IL CIMITERO DI NORATUS

Il Lago di Sevan è il più grande dell’Armenia. Ha una forma che ricorda il Lago di Garda, ma con una superficie tre volte maggiore. E soprattutto, è uno dei laghi d’alta quota più vasti al mondo. Per evitare le strade trafficate, nella quarta tappa del nostro viaggio saliamo un po’ per le sterrate delle colline che lo affiancano. Impariamo a stare a debita distanza dai gregge di pecore e dai cani pastore che fanno loro la guardia e che ci scacciano senza troppi complimenti.

Ritorniamo verso le sponde del lago nei pressi di Noratus, dove sorge un cimitero monumentale medievale, con circa 800 khachkar, ovvero i tipici cippi funerari scolpiti a rilievo. Qui pranziamo e facciamo la conoscenza di tre giovani osservatori dell’Unione Europea che vivono in Armenia, nonostante due di loro siano provenienti da Germania e Romania. Hanno una divisa blu, ma sono dei civili e ci dicono che il loro compito è quello di monitorare la situazione del conflitto con l’Azerbaijan e le condizioni di vita della gente locale. Il governo armeno non fa mistero di puntare all’ingresso nell’UE, ma la dipendenza dalla Russia rende per ora il processo altamente improbabile.

Nel pomeriggio arriviamo a Sevan, la cittadina che dà il nome al lago, e pernottiamo in un piccolo appartamento al secondo piano di un palazzone sovietico nella semi-periferia.

Sorpassi troppo disinvolti

L’indomani le nostre quattro gravel equipaggiate con borse da bikepacking ci portano verso i 2.150 metri del Passo Semyonovka. Usciamo dall’invaso del lago e abbandoniamo il suo altopiano per scendere verso Dilijan. Il primo tratto della discesa è su una strada ben asfaltata pressoché deserta, dato che il grosso del traffico veicolare transita per il tunnel sottostante. Gli ampi tornanti ed il cielo coperto ci regalano scendendo qualche minuto di relax in sella. Scopriamo un paesaggio armeno ancora diverso da quello brullo di Areni e del Selim Pass e da quello degli sconfinati prati dell’altopiano del Lago di Sevan. Stavolta intorno a noi ci sono montagne verdissime e vallate profonde che ricordano scenari quasi alpini.

Nella seconda parte della discesa dobbiamo però rimetterci sulla strada principale che sbuca dal tunnel, per cui torniamo a concentrarci sulla destra della sede stradale, fortunatamente molto ampia. Per tutto il nostro tour la stragrande maggioranza degli automobilisti ci ha superato mantenendo la distanza di sicurezza. Tuttavia, non essendoci qui alcuna cultura del ciclista, bisogna stare attenti alle auto che sopraggiungono in senso contrario. Non esitano ad effettuare la loro manovra di sorpasso a costo di invadere la nostra parte di carreggiata. Una cosa a cui non siamo abituati e che ci ha fatto stare con le antenne dritte tutte le volte (per fortuna assai poche) che abbiamo dovuto pedalare su strade trafficate.

ASCEND ARMENIA, L’IMMINENTE TRAIL CHE CI HA ISPIRATO

Dilijan lo scorso anno è stata la sede di arrivo di Ascend Armenia, un trail “unsupported” di oltre 1.000 chilometri che quest’anno vedrà la sua seconda edizione partire tra pochissimi giorni: il 30 agosto. La traccia del nostro cicloviaggio è ricavata a partire dal suo percorso, in collaborazione con l’organizzatore, l’americano Tom Fitzgerald che vive qui e che abbiamo contattato mesi fa.

La giornata si conclude con la scalata del passo di Lemontovo che conduce alla città di Vanadzor, nella regione del Lori. Anche qui il verde la fa da padrone, ma il cielo plumbeo limita la visuale sulle cime circostanti ed in discesa siamo costretti a metterci la mantellina per proteggerci dalle prime gocce di pioggia incontrate nel viaggio.

Capretto, vodka e Toto Cutugno

Il giorno successivo, da Vanadzor puntiamo verso Nord percorrendo una ventina di chilometri su una strada abbastanza trafficata. Finalmente la traccia devia a sinistra e si inerpica su due strappi sterrati di 4 chilometri ciascuno, con punte del 10 per cento. Alla fine del primo ci troviamo nel villaggio di Dzoragyugh, dove un paio di bambini ci inseguono in bici per un tratto della successiva discesa su una mulattiera immersa nel verde. Superiamo, poi, il piccolo monastero di Noravank, risalente al VII secolo e consacrato alla Chiesa Apostolica Armena. Sul secondo strappo sterrato, invece, allunghiamo di un chilometro per alleggerire la salita proposta dalla traccia, quando Daniele dice: «Mi pare di vedere un bar lassù…».

Siamo a mezza costa in una gola e sembra non esserci nessuno, ma effettivamente più ci avviciniamo e più vediamo auto parcheggiate. In realtà sono delle famiglie che si sono radunate per un banchetto sotto una struttura in parte coperta. Come ci vedono ci offrono del capretto bollito e della vodka… Stefano per ricambiare accorda l’ukulele e improvvisiamo il ritornello de “L’italiano” di Toto Cutugno, conosciuto da tutti da queste parti. Timidi applausi e sincere strette di mano, quindi siamo di nuovo in sella col naso all’insù, giusto un filo più appannati di quando siamo arrivati…

Il monastero di Odzun

Finita anche questa seconda salita ci troviamo sul ciglio del canyon di Debed, che dominiamo dall’alto. Percorriamo il margine a pochi metri dallo strapiombo spaventando qualche capra e poi tiriamo dritto su asfalto fino ad Odzun per visitare l’omonimo monastero (foto in apertura). Anch’esso è molto antico (risale alla fine del VI secolo) e ci ricorda che l’Armenia è stata la prima nazione ad adottare il Cristianesimo, nel 301 sotto il sovrano Tiridate III. Qualche scolaresca visita il complesso e noi ci facciamo preparare un caffè da un’anziana signora. Nella sua bancarella di souvenir si è dotata anche di una bombola del gas, perciò grazie a lei possiamo ripartire con rinnovato slancio alla volta di Stepanavan per goderci un risotto a base di melanzane, noci e fichi cucinato dal nostro Stefano.

Finora abbiamo pedalato per sei giorni e nella terza e ultima puntata del viaggio in Armenia vi racconteremo di bambini yezidi e pastori del Caucaso, di salite nella nebbia e di altipiani sferzati dal vento…

Viaggio in Armenia, da Areni a Stepanavan

Il secondo racconto narra di un percorso di 336,69 chilometri, con 4.796 metri di dislivello. L'altitudine minima è di 953 metri , la massima di 2.407

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