Non è la prima volta che l’Oscar del Cicloturismo finisce in Friuli. La Pedemontana premiata quest’anno ha infatti una “progenitrice” nella Ciclovia dell’Alpe Adria che venne premiata nell’ormai lontano 2015. Quella che va da Salisburgo a Grado è una delle maggiori arterie ciclistiche di collegamento con il Centro Europa e la particolarità è data dal suo enorme successo, tanto che su alcuni media si è parlato proprio di un surplus di presenze tale da richiedere percorsi alternativi.
E’ un tema complesso e a cercare di fare chiarezza è Enzo Sima, referente del progetto bike di Promo Turismo FVG. Un discorso molto ampio, che coinvolge anche la nuova ciclovia neopremiata e sul quale sicuramente torneremo a breve. Partiamo intanto dalla Ciclovia austro-italiana.
«Il suo punto di partenza affonda le radici nel secolo scorso, quando vivevamo un cicloturismo molto diverso da quello odierno. Tutto è legato alla costruzione della nuova linea ferroviaria tra Moggio Udinese e Tarvisio, gran parte della quale in galleria. Il vecchio percorso era un patrimonio che non doveva andare perduto. Nel 1994 venne presentato un progetto, poi fra il 2005 e il 2009 sono stati fatti vari interventi fino alla sua inaugurazione. Mentre si lavorava da noi, lo stesso avveniva in Austria, così è stato recuperato tutto il tracciato che ha delle peculiarità uniche, con ponti in ferro e gallerie soprattutto nel tratto fra Tarvisio e Gemona».
Quant’è il suo sviluppo?
Sono 415 chilometri di cui 232 in Austria e i restanti 183 nel nostro territorio. E’ una sorta di viaggio tanto che sono previste 8 tappe, sono mediamente 50 chilometri al giorno con un’altimetria complessivamente morbida, e per questo è assolutamente fattibile da chiunque. E’ davvero l’ideale per una vacanza in bici anche perché al suo interno ha mille posti, mille spunti d’interesse e questa è una delle sue forze.
Quali sono le caratteristiche che la rendono peculiare?
Intanto è una ciclovia transnazionale e lo è stata sin dall’inizio, questo permette un continuo scambio di presenze, infatti è una delle rotte privilegiate dagli appassionati. Poi il fatto che dalle Alpi si arriva fino al mare è un’attrattiva enorme, perché cambi continuamente quel che vedi. Anche i tratti più difficili vengono monitorati: noi ad esempio avevamo una parte critica che abbiamo ridisegnato, da Moggio fino alla stazione di Carnia che viene inaugurato proprio in questo periodo, presumibilmente a fine mese. Ma se devo dire la caratteristica principale è un’altra.
Quale?
L’intermodalità, che poi è stata anche una delle forze del percorso della Pedemontana. Noi affianchiamo al percorso cicloturistico tutta una serie di servizi di trasporto: bus, treno, auto. Questo permette di affrontare la ciclovia in perfetta tranquillità. Molti ad esempio scelgono di affrontarla a pezzi, in periodi diversi, ricollegandosi al tracciato attraverso molti punti di accesso e questo è un aspetto che conta moltissimo.
Una ciclovia viene giudicata ed apprezzata anche per i servizi che offre, non solo il percorso stesso ma il territorio nel suo complesso…
Verissimo e da questo punto di vista vediamo che il territorio stesso sta crescendo. Noi dobbiamo andare incontro al cicloturista con una serie di offerte, di segnalazioni d’interesse culturale, architettonico, enogastronoomico. Sul sito della ciclovia ci sono non solo tutti i percorsi, tutte le tappe, ma anche le indicazioni specifiche in ognuna di esse, un travel planner che molti dicono essere fondamentale ma anche specifico e indicativo come pochi altri del genere. Ad esempio una curiosità è che almeno il 25 per cento dei cicloturisti affronta il percorso al contrario. Fondamentale però è mettere a disposizione sempre collegamenti alternativi, perché molti turisti vogliono tornare, affrontare il tracciato godendoselo fino in fondo, affrontandolo a pezzi.
Perché allora nei mesi scorsi si è discusso a proposito di una presenza anche troppo massiccia?
Il perché è presto detto. Su molti media è stata fatta un po’ di confusione: non è che le strade siano così affollate di ciclisti che non si passa… Il problema è che il territorio in certi periodi non riesce a garantire una disponibilità di posti letto adeguata alla richiesta e quindi abbiamo puntato a promuovere altre ciclovie, altre diramazioni proprio per dare comunque un prodotto di qualità ma al contempo garantire anche l’adeguata logistica. Questo è un discorso anche culturale.
In che senso?
Io dico sempre che una ciclovia non è una pista da bob, con una partenza prefissata e un approdo fisso. Bisogna essere duttili, poter sfruttare gli incroci con altre ciclovie, tra cui proprio quella ultimamente premiata per far conoscere parti del territorio davvero attraenti. Un esempio? La zona dei vigneti tra Udine e Gorizia, ma anche tutto il bellissimo territorio del Collio.
La vittoria dell’Oscar ha avuto un effetto sul percorso?
Enorme. C’è stato un forte incremento di presenze che è andato crescendo nel tempo dopo il 2015. Allora già si parlava di cicloturismo ma non aveva l’interesse di oggi e questo ha smosso il territorio, la sua ricettività, la sua attenzione. Siamo sicuri che con il tracciato appena premiato sarà ancora così.