Archiviate le due granfondo italiane regine, la Sportful Dolomiti Race e la Maratona dles Dolomites, agosto, il 31 per la precisione, chiama a raccolta gli appassionati per la classicissima austriaca: la Oetztaler Cycle Radmarathon. Con partenza e arrivo a Solden, questo evento incarna lo spirito estremo delle grandi sfide alpine, offrendo un tracciato monumentale per dislivello, chilometraggio e spettacolarità (in apertura foto Oetztaler Radmarathon).
Un banco di prova per chi ha gambe, testa e cuore per superare se stesso tra i giganti tirolesi. Pedalare, o meglio affrontare, queste prove va oltre l’impegno agonistico. Si vive un evento, si accarezza un mito. Ogni finisher è vincitore. Ha concluso un tracciato unico nel suo genere, è entrato in simbiosi con l’evento e con l’ambiente circostante. E che ambiente quello delle grandi montagne tirolesi.
E proprio perché è un grande evento, con questo pezzo iniziamo una serie di articoli volti ad entrare nello spirito della “Oetzi”, dal percorso ai suoi luoghi, fino ai consigli per certe distanze. Allora andiamo e iniziamo a conoscere questo tracciato.
Percorso monumentale
L’Oetztaler è una gara che non lascia margine alla leggerezza o all’improvvisazione: 227 chilometri e ben 5.500 metri di dislivello in un unico anello che attraversa quattro passi alpini e due Nazioni. Non esiste un altro percorso ciclistico in Europa, su strada aperta al traffico, che concentri tali numeri in una giornata sola. Il tracciato parte da Soelden, rinomata località dell’Oetztal, e si snoda attraverso il Tirolo austriaco e l’Alto Adige italiano, con una logica precisa: salita, discesa, e poi ancora salita, fino al culmine del Rombo a oltre 2.400 metri.
E’ un percorso che mette in gioco tutto: capacità di dosarsi, spirito di adattamento, ma soprattutto voglia di immergersi in un ambiente montano autentico, severo, silenzioso. Non a caso è diventato una sorta di pellegrinaggio per chi ama il ciclismo granfondistico nella sua versione più pura, che va oltre cronometri e classifiche. Qui il tempo lo fa il paesaggio. E i passi alpini sono tappe di un’avventura personale.
Che inizio: Kuhtai e Brennero
Dopo una breve discesa iniziale da Solden, si entra subito nel vivo con la salita al Kuhtai: 18,5 chilometri al 5,7 per cento di pendenza media, ma con tratti che sfiorano il 16 per cento. E’ un’ascesa costante, con pochi respiri, che porta i corridori a quota 2.020 metri tra curve, paesaggi verdi e, nei tratti finali, scenari più rocciosi. La strada è ampia, ma non per questo semplice: è qui che le gambe iniziano a fare sul serio e il gruppo si sgrana.
Tra l’altro ci si arriva dopo un trasferimento in discesa molto freddo e con i muscoli freddi. Non sgarrare qui è un vero must se non si vuole trasformare il resto della cavalcata in un incubo.
La lunga discesa su Innsbruck, una delle grandi città delle Alpi intere, consente un minimo recupero, ma è anche tecnica e veloce, con lunghi rettilinei in cui non è difficile toccare i 100 all’ora e poi magari ritrovarsi a dover affrontare un tornante.
Da qui inizia un tratto più veloce e pianeggiante verso il Brennero, ma anche insidioso. Oseremmo dire subdolo: sono oltre 30 chilometri in leggera salita costante (pendenza media 3-4 per cento), che sembrano non finire mai. Il Passo del Brennero, a quota 1.377 metri, non è duro in sé, ma logora, specie se affrontato con il vento contrario, come spesso accade. Il traffico, in parte presente, e la continuità dello sforzo mettono alla prova la testa: chi ha speso troppo sul Kuhtai rischia di trovarsi già in riserva.
Da qui si entra in Italia. Torna in mente l’immagine di Carlo Verdone in Bianco, Rosso e Verdone, quando con la sua Alfa Romeo rossa passa l’allora dogana…
Doppietta infernale: Giovo e Rombo
Il Passo Giovo (2.094 metri) rappresenta una svolta importante: è qui che inizia il lungo e mostruoso finale. Si arriva ai suoi piedi con già 140 chilometri nelle gambe e quasi 3.000 metri di dislivello superati. L’ascesa misura 15,5 chilometri con una pendenza media del 7,4 per cento, ma sono gli ultimi cinque chilometri a lasciare il segno: le rampe superano il 12 per cento, e la strada si stringe, si fa impervia, a tratti selvaggia. Il versante da Vipiteno è più severo e solitario: chi è in difficoltà qui scopre quanto lunga possa diventare la seconda metà di questa granfondo.
La discesa su San Leonardo in Passiria, piccolo borgo dell’omonima valle e che in altre occasione meriterebbe una visita, è tecnica, con tornanti stretti e tratti in ombra dove l’asfalto può essere umido anche in piena estate.
Ma è solo una breve parentesi prima del giudice supremo: il Passo del Rombo. Lungo 29 chilometri, con un dislivello di 1.800 metri, è uno dei giganti europei al pari di uno Stelvio, di una Bonette o un Gavia. La pendenza media è del 6,1 per cento, ma la salita è spezzata da brevi falsopiani, tunnel e gallerie. Gli ultimi 7 chilometri, tutti sopra i 2.000 metri, sono una vera e propria prova di sopravvivenza: pendenze costanti oltre il 10 per cento, curve a gomito, e il vento che spesso sferza il pendio.
Il Rombo è un’esperienza quasi spirituale. Si sale in silenzio, ognuno immerso nel proprio ritmo. Il paesaggio è lunare, la fatica diventa assoluta. In cima, a quota 2.509 metri, si sente davvero di aver toccato il cielo e il traguardo. Sembra… La gara non è finita.
Non solo salite…
Dalla vetta del Rombo mancano ancora circa 25 chilometri all’arrivo, quasi tutti in discesa. Ma sarebbe un errore pensare che sia finita. La discesa del Rombo è una delle più impegnative delle Alpi: lunga, ripida (tratti oltre il 10 per cento in negativo), con curve di ogni tipo e rettilinei di nuovo velocissimi. Serve concentrazione, tecnica e attenzione, specie se la stanchezza annebbia i riflessi. Inoltre, il fondo può essere umido e le condizioni climatiche cambiare rapidamente.
E’ proprio il meteo uno degli elementi più delicati della Oetztaler Cycle Radmarathon. Si parte con il sole, ma si può arrivare in quota con freddo, vento, pioggia o anche neve, come accaduto in alcune edizioni. Portare con sé una mantellina, guanti e copri-braccia è indispensabile. Così come una strategia alimentare rigorosa: i ristori sono ben forniti, ma chi non si alimenta con regolarità rischia di crollare. Ma questi sono aspetti che vedremo successivamente…
Il consiglio migliore è uno solo: rispettare il percorso dell’Oetztaler. E’ una granfondo che chiede tutto, ma in cambio regala paesaggi magnifici, soddisfazioni intime, e l’orgoglio di aver conquistato uno dei percorsi più duri d’Europa, ma potremo dire del mondo intero. Per molti, è un sogno. Per chi ce la fa, resta per sempre una medaglia dell’anima.