E’ un viaggio nel cuore delle colline del Prosecco, tra paesaggi mozzafiato, strade bianche e l’energia di chi ama l’avventura. La Prosecco Unbound torna il 22 giugno con i suoi 350 chilometri di gravel vero, tra Conegliano, Valdobbiadene e Asolo, e promette ancora una volta un’esperienza fuori dagli schemi. Un evento che puoi vivere in modalità Race o Trip, e che si distingue per il format auto-supportato e il fascino di un territorio dove il ciclismo è cultura.
Se la volta scorsa abbiamo raccontato la manifestazione dal punto di vista di chi l’ha organizzata, oggi ne parliamo con Nadia Sgarbossa, ciclista esperta e figura di riferimento nel gravel al femminile, che ci accompagna tra dettagli del percorso, strategie e considerazioni sul ruolo delle donne in questa disciplina.
Il percorso? Tutto da spingere”
«E’ un percorso bello, vario e pedalabile – racconta Nadia – ma se lo si affronta in modalità Race, diventa a tratti tosto. Ha salite brevi, massimo 3-4 chilometri, ma i continui saliscendi, soprattutto nella zona tra Asolo, Valdobbiadene e Conegliano, possono sfiancare. Il primo tratto è più scorrevole e invita a spingere, ma poi arrivano le colline e serve gamba».
La difficoltà, dice, sta nella gestione. «Io ci ho messo 23 ore, fermandomi per qualche pausa. Chi va forte può metterci anche 13 o 15 ore. Non è una gara estrema, ma se vuoi tirare, ti mette alla prova. Quanto ai fondi, non ci sono tratti tecnici da mountain bike, né single track. La gravel va benissimo ovunque. Alcune discese possono essere rovinate dalla pioggia, con solchi o sassi, ma nulla di pericoloso. Si sta sempre su strade bianche, magari un po’ più mosse».
E sul piano emozionale? «La zona che preferisco è quella attorno ad Asolo in su. Colline, vigneti e quella salita alla chiesetta isolata vicino a Vittorio Veneto: un piccolo capolavoro paesaggistico che ripaga la fatica».
Race o Trip?
La Prosecco Unbound può essere vissuta come corsa, con spirito da randonnée, oppure come viaggio, spezzando in più giorni i 350 chilometri previsti. Nadia, che di randonnée se ne intende, ci dà qualche consiglio. «Io prediligo in generale la modalità Race. Non perché mi interessi il cronometro, ma perché sono abituata a gestire lunghi sforzi in un’unica tappa. Niente alberghi o tende, al massimo una sosta breve se il sonno arriva prepotente. Ma essendo una randonneur ci sono abituata e a volte mi bastano anche 10′ per combattere il colpo di sonno. Chi non ha questa attitudine, però, può godersela in modalità Trip: «In due o tre giorni si assapora tutto. Ci si ferma, si guarda il paesaggio, si mangia bene, si dorme. Sono due esperienze molto diverse».
E il corpo come risponde? «Conta l’allenamento, ma anche la testa. La prima parte del percorso aiuta a trovare ritmo, poi bisogna saper dosare le energie. E avere cura della bici e dell’equipaggiamento, perché essendo un evento auto-supportato, se rompi qualcosa te la devi cavare».
Nadia ricorda che la zona offre tanti punti di ristoro, anche se il supporto logistico è minimo: «Conviene studiarsi la traccia e pianificare un minimo. Ma è anche questo il bello: la libertà, l’imprevisto, l’adattamento. Sono valori da gravel».
Gravel e donne: “E’ il nostro spazio libero”
E’ una delle voci femminili più autentiche del mondo gravel. Nadia non ha dubbi: «Il gravel dà molto alle donne. E’ meno competitivo, più libero, più legato al piacere di pedalare. E ci si sente più sicure rispetto alla strada, dove il traffico è un pericolo costante.
«E non bisogna temere lo sterrato. All’inizio ero imbranata anche io. Ora in discesa mi lascio andare. Basta fare esperienza: imparare a spostare il peso, leggere il fondo. Chi ha fatto un po’ di mountain bike è avvantaggiata, ma anche chi parte da zero può migliorare in fretta. Bisogna provarci, lasciarsi andare appunto».
E sull’indipendenza meccanica: «E’ giusto che una donna sappia arrangiarsi, almeno per le piccole riparazioni. Io spesso pedalo da sola e mi porto dietro tutto il necessario. Poi se c’è qualcuno che ti aiuta meglio, ma l’autonomia è fondamentale».
C’è anche un valore simbolico in tutto questo: «Il gravel è inclusivo. Ti permette di pedalare da sola o in gruppo, con uomini o con altre donne, senza pressione. Ti godi i paesaggi, respiri, scopri. E capisci che puoi farcela. Non servono watt, serve voglia. E’ uno spazio nostro, da vivere con passione e rispetto».
Per tutte info tecniche: Prosecco Unbound