Da quattro anni a Mestre si tiene Pavè, un festival di narrazione a tema ciclistico come non ce ne sono altri in Italia. Il perché è presto detto: c’è la bici, ma ancora di più c’è la narrazione. Pavè infatti si svolge in tre giorni (9-11 maggio le date del 2025) e i primi due sono totalmente dedicati ai racconti, all’interno dei bellissimi spazi di M9 – Museo del ‘900 di Mestre. Il terzo giorno il festival si sposta all’esterno, nel Parco San Giuliano, da cui partono i percorsi gravel.
Insomma, un evento che vuole offrire qualcosa di diverso rispetto ai normali bike festival. Per questo abbiamo chiesto ad Andrea Heinrich, curatore di Pavè, di raccontarci qualcosa delle scorse edizioni e qualche anticipazione della prossima.
Andrea, cos’è Pavè?
Siamo un bike festival di narrazione, nel senso che abbiamo deciso fin dal principio di mettere al primo posto le storie. Perché crediamo siano fondamentali per ispirare le persone, creare nuove idee e nuovi orizzonti. Infatti il nostro motto è “We need stories”. Perché la bici è un mezzo per raccontare i luoghi e le persone, ma anche l’evoluzione delle città, il clima, le tematiche sociali. Quindi nel tempo abbiamo allargato lo spettro di quello che andiamo a trattare.
Infatti invitate a parlare non solo cicloviaggiatori, tutt’altro, avete un orizzonte molto largo.
Sì, il nostro approccio è proprio questo: ogni anno cerchiamo di portare storie che accendano l’immaginario della gente. La scorsa edizione sono venuti da noi urbanisti, etologi, esperti di ciclologistica, ingegneri ambientali, fotografi, registi, attivisti puri, organizzatori di eventi, graphic designer, anche cuochi.
Quali sono stati gli interventi che vi hanno più colpito nella scorsa edizione?
Ce ne sarebbero molti ma ne cito due, entrambi portati da donne. La prima è Alessandra Cappellotto che ci ha parlato del suo progetto “Road to equality” con il quale attraverso il ciclismo promuove l’emancipazione femminile nel mondo. Erano presenti anche alcune delle cicliste afghane che grazie al lavoro di Alessandra sono potute fuggire dal Paese quando hanno preso il potere i talebani. Sono rimaste con noi due giorni e sono venute a pedalare con noi, un’esperienza bellissima.
La seconda?
Un altro intervento che ci ha molto colpiti l’anno scorso è stato quello di Annalisa Metta, professoressa di Architettura del Paesaggio all’Università di Roma Tre. Ha parlato degli alberi, della funzione che hanno nelle città sia dal punto di vista climatico che sociale. Infine poi ha raccontato l’evoluzione del rapporto tra umanità e boschi lungo tutto il corso della storia. Davvero toccante.
Per quanto riguarda invece il 2025 avete in serbo delle novità?
La cosa importante per noi rimane sempre il palinsesto, perché due dei tre giorni sono dedicati alla narrazione pura. Quest’anno avremo 24 relatori, tra venerdì e sabato, che cambiano ogni mezz’ora. Ma avremo anche i film, grazie alla nuova collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino e del loro Festival CinemAmbiente. Selezioneremo due pellicole che proietteremo il venerdì e il sabato sera. Poi porteremo a Pavè Gideon Mendel, un fotografo sudafricano famoso perché ha raccontato le rotte dell’apartheid nel suo paese. Negli ultimi anni ha raccontato i cambiamenti climatici tramite una serie di lavori basati sul mondo che annega, e durante i tre giorni proietteremo le sue foto all’interno degli spazi del museo.
A Pavè però poi, alla fine, si pedala anche, e non è una pedalata come le altre.
Esatto. La domenica ci sposteremo al Parco San Giuliano di Mestre dove allestiremo il village. Da lì partiranno le due gravel ride e stiamo già esaurendo i posti. In dieci giorni abbiamo già raggiunto le 400 iscrizioni e ne restano solo 100. Abbiamo dei posti limitati perché la nostra gravel ride è molto particolare, infatti prevede di prendere il ferry boat per attraversare la laguna nell’ultima parte del percorso. Un’esperienza unica che ha sempre più successo, viene gente da tutta Italia, dalla Sicilia fino alla Val D’Aosta, ma anche dall’estero. In più quest’anno abbiamo aggiunto l’Infinita, un tracciato di 330 km che parte il sabato, in modalità unsupported. Per tutti comunque l’appuntamento sarà di nuovo al Parco San Giuliano il pomeriggio della domenica, dove faremo una grande festa di chiusura.
Siamo in chiusura anche noi, ultima domanda. Avete scelto il Museo M9 come centro dei vostri racconti, perché?
Perché, semplicemente, è forse il posto più bello che abbiamo a Mestre, perfetto per un festival di narrazione. Tutti i talk come le proiezioni dei film si svolgeranno nell’auditorium del museo, il contenitore ideale per le nostre attività. Poi è facilmente raggiungibile anche in treno, e noi vorremmo che le persone arrivassero il più possibile in treno o in bici, non in auto. Infine M9 è un angolo di Europa nel nostro territorio. Lì dentro ci sentiamo a Parigi o a Berlino, in contatto con una cultura e uno spirito che va oltre i nostri confini.