Una strada è decisamente più che un semplice percorso, specie se questa attraversa luoghi di rara bellezza. La SS48 delle Dolomiti è un “viaggio totale” nella storia e nella natura, nella gastronomia e nelle leggende. Valli e montagne. Boschi e torrenti. Canederli e grappe.
Da Ora ad Auronzo di Cadore i chilometri di questa striscia di asfalto sono 160 e i metri di dislivello 3.800. Si attraversano tre province, Bolzano, Trento e Belluno, cinque valli e quattro passi: San Lugano, Pordoi, Falzarego, Tre Croci.
Ora e la Val di Fiemme
Andando da Ovest verso Est, un po’ come abbiamo fatto ieri per l’Alta Via dei Monti Liguri, si comincia subito in salita. Si lascia la valle dell’Adige e si attacca il Passo di San Lugano. Una salita ampia e regolare, tra acacie prima, e grandi meleti poi. Si può subito gustare un’energetica fetta di strudel! Questa sua ampiezza inganna sulla pendenza, che balla sul filo del 9-10 per cento. Fino agli anni 1960-1970, c’era un treno che raggiungeva questi piccoli villaggi. Poi l’auto ebbe la meglio.
Da San Lugano si entra in Val di Fiemme. In poco tempo ci si ritrova circondati da vette e gruppi montuosi che hanno fatto la storia delle Dolomiti. Il Catinaccio, le Alpi di Paneveggio, il Latemar. Lungo la nostra strada ci si ritrova in aree di “mezza montagna” che un tempo ospitavano le segherie più grandi e virtuose dell’arco alpino orientale, almeno quello italiano. Bisognava sconfinare in Austria per trovare qualcosa di simile. Almeno così diceva lo scrittore Mauro Corona.
Ma la sua teoria appare alquanto verosimile, visto che proprio in prossimità di Cavalese, cioè nella brevissima discesa del San Lugano iniziano i boschi di abete rosso, noti come abeti di risonanza della Val di Fiemme. E’ da qui che veniva preso il legno per gli strumenti musicali più pregiati, tra cui i celeberrimi violini Stradivari.
Le bellezze della Val di Fassa
Si entra sempre più in un contesto di montagna. Se prima c’era qualche frassino e qualche acacia, ora dominano i classici abeti. Sugli sfondi iniziano a vedersi cime imbiancate e si scorgono le cicatrici di quelle che d’inverno sono piste da sci e della tempesta Vaia del 2018.
Da Predazzo inizia la risalita che porta in Val di Fassa. La valle si restringe un po’ e una piccola frazione, Mezzavalle, divide le due Valli, quelle di Fiemme e quella di Fassa, che però d’inverno sono unite dalla mitica Marcialonga, gara di sci di fondo.
Moena, Soraga, Pozza di Fassa, Canazei… Si entra nel cuore dei ladini con le loro tradizioni di lungo corso e con una lingua riconosciuta dallo Stato italiano. Non a caso i cartelli stradali cambiano e hanno la doppia dicitura.
E’ proprio qui che c’è una leggenda la quale spiega il fantastico colore delle Dolomiti all’alba e al tramonto, il fenomeno dell’Enrosadira, quando appunto i bastioni di queste montagne sembrano diventare arancioni scuro, per poi passare al rosa.
Re Laurino, un re di nani, viveva sotto al Catinaccio. Si diceva custodisse un giardino di rose splendido. Durante una battaglia perse la vita. Poco prima di morire disse che questo suo giardino non lo avrebbe visto mai nessuno: né di giorno, né di notte. Ma dimenticò alba e tramonto. E’ così che il suo giardino si accende proprio all’alba e al tramonto. E il Catinaccio più di altri, vista la sua conformazione, esalta questo fenomeno.
Nonostante oggi sia stata fortemente antropizzata, la Val di Fassa offre varianti in bici ed escursioni a piedi incredibili, come quella proprio al Catinaccio, alle Torri del Vajolet o, più in alto, alla Marmolada o alle Pale di San Martino.
Sul Pordoi
Da Canazei si attacca il Passo Pordoi, la vetta della SS8 delle Dolomiti. E’ qui e sul Falzarego che emerge tutto il genio ingegneristico e lungimirante dei tecnici austriaci.
Nel 1897 furono deliberati i lavori, che iniziarono nel 1901 e terminarono nel 1909. Vi lavorarono oltre 2.500 operai. Ma la potenzialità di questa strada fu capita ben prima. Fu Theodor Christomannnos, viennese di origine greca, ad intuirne le potenzialità turistiche. Dopo aver passato molto tempo in quelle che ora sono le Dolomiti italiane, disse: “Senza strade nessun hotel, senza hotel nessuna strada”.
I cantieri sul Pordoi e poi sul Falzarego furono i più duri. Si lavorava in quota, oltre i 2.000 metri e, specie sul Falzarego, la roccia da scavare era tanta. Ma il risultato è ciò che possiamo ammirare oggi.
Gli austriaci capirono che bisognava salire con “dolcezza”. Da qui le pendenze quasi mai superiori al 10 per cento, tanti tornanti e carreggiate, anzi carrozzabili, più ampie possibili.
Ogni tratto di questo passo, che ha visto transitare eserciti, ciclisti, turisti, è mai banale. In cima oggi ci sono hotel, negozi di souvenir, una funivia, ristoranti e una stele che ricorda Marco Pantani e Fausto Coppi, ma anche una targa che riporta i dati della SS48 delle Dolomiti, posta qui proprio al suo culmine: 2.239 metri di quota.
Lo scenario? È unico, specie se in cima, voltandosi verso Ovest si ammira il Passo Sella con le inconfondibili figure del Sassolungo e del Sassopiatto.
Livinallongo, cuore della SS48
Tra Canazei e Arabba ci sono in tutto 60 tornanti: 27 dal lato fassano, 33 da quello bellunese. Qui si entra nell’Agordino. La Valle è quella di Livinallongo-Arabba. Siamo sotto il Gruppo del Sella e soprattutto sotto il Col di Lana.
Arabba è un crocevia. Un campanile, una chiesa minimalista in perfetto stile ladino, tanti alberghi e uno stupendo “centro storico” che merita di essere visitato. Si tratta di una manciata di case o poco più. Un tempo erano dei mulini che sfruttavano il torrente che scendeva dal Passo Campolongo. Fiori, api, girasoli, fieno: d’estate questo agglomerato è un piccolo paradiso genuino. Anche dal punto di vista culinario.
Siamo nel mezzo della SS48 delle Dolomiti e si è dunque anche nel cuore dei sapori. Qui è noto per i suoi piatti tipici l’Hotel Malita, che si trova esattamente lungo il percorso.
Scendendo si va verso Pieve di Livinallongo. Uno dei portoni che si affaccia sulla SS48 è quello del Museo Ladino-Fodom. La scorsa estate era in ristrutturazione, ma per la prossima tutto dovrebbe essere tornato in funzione. Qui si può ammirare un vero spaccato di vita quotidiana di un tempo.
La distribuzione della casa, il perché le stanze erano disposte in un determinato modo, gli utensili, i costumi… E poi c’è tutta la parte riservata alla Grande Guerra. “Col di Lana, col di sangue”, recita un detto. Questo era il limite tra austriaci da una parte, il Lagazuoi, e italiani dall’altra, il Col di Lana. La battaglia durò anni e fece migliaia di morti. Il filo conduttore, più che mai è il Passo Falzarego, l’altro gigante della SS48 delle Dolomiti.
Verso Cortina
I suoi 12 tornanti sono ampi e dolci. La strada si arrampica fra bastioni vertiginosi. Un castello diroccato introduce al Falzarego: è il Castello di Andraz. Questo castello ospitò Nicolò Cusano, studioso, religioso. Ma soprattutto sorge su una grande roccia e questa roccia è stata trasportata più in basso dai ghiacci. Sorgeva in una posizione con la quale visivamente si poteva comunicare con Rocca Pietore, località parecchio a valle dell’attuale SS48. In pratica il Castello ha viaggiato di pari passo con la roccia.
Dal Falzarego, si vedono bene il Col di Lana e il Lagazuoi. Si scende verso Cortina e l’Ampezzano. All’improvviso gli scenari si ampliano. Si ammirano il Civetta, il Pelmo e, poco più basso, le Cinque Torri. Quindi il Cristallo, le Tofane. E’ incredibile!
Come incredibili sono le pietre miliari a bordo strada. Queste sono le stesse di un tempo. Osservarle ci riporta ai tempi pionieristici di questa strada.
Cortina d’Ampezzo oggi è un cantiere in vista delle Olimpiadi del 2026. Si è costruito molto e per certi aspetti ha le caratteristiche della città. Però il suo attraversamento è rapido e ben presto ci si ritrova con le ruote in salita sul Passo Tre Croci. Questa scalata è più breve e più bassa rispetto a Pordoi e Falzarego, ma è più impegnativa. Spesso si va sopra al 10 per cento.
Finale in Cadore
Dal Tre Croci una brevissima discesa introduce nel Cadore. In teoria una breve deviazione ci sembra d’obbligo. Al primo bivio che s’incontra, se si svolta a sinistra si prende quella che oggi è la SS49 ma un tempo era la SS48 Bis e si arriva allo splendido Lago di Misurina. La SS48 delle Dolomiti invece svolta a destra per scendere definitivamente verso Auronzo di Cadore e più precisamente in frazione Cima Gogna, meta del viaggio.
La discesa avviene attraverso un bosco di abeti secolari. E’ una valle fredda e selvaggia. Una strada che vide passare tanti e tanti migranti. Si narra che molti per la vergogna di dover abbandonare tutto, andassero verso l’Austria da questa strada meno battuta anziché dalla parallela e più vivace Alemagna (che si era incrociata prima del Tre Croci a Cortina).
Ad Auronzo la valle si allarga. C’è il lago di Santa Caterina che stupisce per il suo colore turchese. Ma prima di congedarci la SS48 delle Dolomiti regala un’altra perla. Voltandosi e alzando lo sguardo, ecco le Tre Cime di Lavaredo.