“Con profondo rammarico il Circolo Dozza e la sua Polisportiva annunciano agli amici cicloamatori e a tutti gli appassionati che l’attività di organizzazione della Granfondo “Dieci Colli” per il momento non proseguirà”. Inizia così il comunicato stampa che mette fine a una storia quasi quarantennale, togliendo al mondo delle gran fondo su strada una delle sue colonne portanti. Nata nel 1985, quando il settore si stava espandendo a macchia d’olio spingendo l’acceleratore sull’agonismo a scapito del cicloescursionismo, la gara ha avuto un’evoluzione profonda, enorme e il suo addio ha lasciato interdetti.
Il dopolavoro ferroviario
Davide Capelli ha vissuto sulla sua pelle tutta questa lunga avventura: «Sono stato coinvolto in 36 delle 38 edizioni, credo di saperne abbastanza… All’inizio la gara era il sogno di uno sparuto gruppo di amici, tutti appartenenti al circolo ma soprattutto tutti tranvieri, che dedicavano alla Dieci Colli (e in generale alla sezione ciclismo della polisportiva) il loro tempo libero. Proprio andando la domenica a fare le corse e partecipando alla Nove Colli ci venne l’idea.
«Ci dicemmo che in fin dei conti anche noi abbiamo le nostre bellezze nel Bolognese, percorsi ideali e anzi potevamo offrire anche un colle in più. La corsa nacque così, quasi per una goliardata, con un’adesione di un paio di centinaia di corridori. La gara però trovò molto seguito all’interno della polisportiva (che è una costola del Circolo, questo è bene sottolinearlo), con tanti che contribuivano al suo allestimento. Ci si metteva a disposizione, era un motivo di aggregazione».
Lo scarso interesse dei giovani
Quello spirito dei primordi c’è ancora? «Molto meno perché anno dopo anno siamo rimasti in pochi a occuparcene. Il perché? Colpa dell’anagrafe… Gli anni vanno avanti e sono sempre rimasti i più anziani a farsi carico dell’organizzazione, forze nuove ne sono arrivate poche perché i giovani hanno altri interessi. Bisogna sempre considerare che siamo un dopolavoro. Nei momenti di maggior fulgore della gara, quando portavamo a Bologna qualcosa come tremila partecipanti e oltre, c’erano almeno 450 volontari a gestirla. Poi sono andati a diminuire notevolmente. Ma non è questa la causa principale della rinuncia».
Nel comunicato, l’organizzazione sottolinea come la rinuncia sia stata determinata da una concatenazione di fattori: «I principali, mi preme sottolinearlo, sono legati alla sicurezza dei partecipanti. Noi abbiamo sempre avuto alti standard da questo punto di vista, ma oggi non abbiamo più la garanzia di poterli sostenere. I colli che erano toccati dalla corsa sono in uno stato disastroso, i terribili eventi climatici delle scorse settimane hanno aggiunto danno a danno».
La prima gran fondo con i ponti radio
Il problema quindi non è da considerarsi recente: «La situazione è andata peggiorando con il lockdown. Si è arenata la cura delle strade, del territorio, non voglio star qui a cercare i responsabili, ma è chiaro che su una situazione già di per sé dissestata si aggiunge lo sconquasso avvenuto qualche settimana fa, si capisce come non ci sia spazio per sognare. Mi dispiace perché questo era un caposaldo dell’attività: pochi sanno ad esempio che la nostra fu la prima gara amatoriale a potersi giovare dei ponti radio. Ne avevo predisposti una cinquantina, in modo da sapere la situazione lungo tutto il tracciato. Con l’avvento dei satelliti poi sapevamo in tempo reale la posizione di tutti, avendo sempre il polso della corsa.
«La verità è che mentre tanti si avventuravano nel mondo delle gran fondo fiutando affari, noi abbiamo sempre organizzato rimettendoci di tasca nostra – ammette Capelli – ma ci mettevamo passione e impegno a 360°, perché sentivamo la responsabilità. I tempi però cambiano, le nuove generazioni hanno altri interessi, sempre meno gente collaborava. Mettiamoci anche che è sempre più difficile trovare sponsor e che spesso ti trovi impelagato in pastoie burocratiche. Ultimamente anche l’utilizzo del nostro teatro naturale di partenza e arrivo, i Giardini Margherita, era diventato difficile per alcuni veti delle Belle Arti. A quel punto era diventato impossibile continuare».
Il sogno di tornare in pista
Nel comunicato, il Circolo Dozza sottolinea: “Continueremo a sentirci coinvolti da un ambiente di cui siamo stati parte per quasi quarant’anni, pronti a cogliere la possibilità di riaprire, in futuro, nuovi capitoli di una storia meravigliosa. Oggi ci fermiamo, con serenità e senso di responsabilità: ma questo è un arrivederci e non un addio”.
E’ davvero così? «La volontà di riprendere c’è, ma sarà molto difficile, anche perché significa che già oggi dobbiamo metterci all’opera per trovare sponsorizzazioni per il 2026 e ritrovare posto in calendario dopo uno stop è sempre complicato. C’è chi vuole provarci e già questo è un bene, staremo a vedere. Nel caso, io ci sono…».