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| 11 Ottobre 2025

Bennati e la sua Eroica: «Un tuffo nel ciclismo… a pane e salame»

C’è un fascino che non tramonta mai ed è quello de L’Eroica, la celebre manifestazione toscana che ogni ottobre riporta il ciclismo alle sue origini, fra strade bianche, maglie di lana e bici d’epoca. Una manifestazione che, come abbiamo visto pochi giorni fa, non smettere di crescere. Ormai è un brand esportato in tutto il mondo. A viverlo in prima persona quest’anno è stato Daniele Bennati, ex professionista e fino allo scorso anno commissario tecnico della nazionale italiana su strada (in apertura foto Eroica – Paolo Martinelli).

Il toscano di Castiglion Fiorentino ha pedalato sulle strade di “casa”: Gaiole in Chianti, Siena, Asciano… e per una volta le ha vissute in modo diverso. Lui che è sempre stato abituato ad avere il numero sulla schiena. Ma il richiamo dell’Eroica, come vedremo non è una cosa dell’ultima ora per Bennati…

Era la prima volta che facevi l’Eroica?

Avrei voluto farla già prima e mi piacerebbe farla ogni anno. Adesso c’è un mezzo-progetto: mi stanno convincendo a fare quella da 209 chilometri. Vediamo, magari già dal prossimo anno. Anche se non è competitiva, quella distanza è impegnativa. Però è una manifestazione che mi affascina, anche perché parte vicino casa. E’ un’occasione per rivedere tanti amici, condividere buon cibo e un bicchiere di vino. Il mood è davvero simpatico e coinvolgente.

Cosa ti piace di questo mood così particolare?

Racchiude un mix bellissimo di inclusione, creatività e festa. E’ bello perché coinvolge persone che magari non sono appassionate di ciclismo, ma cercano un’esperienza. La gente si prende le ferie per vivere quei giorni, insieme a famiglie e amici. Dal venerdì in poi si respira un’atmosfera conviviale, dove tutto rallenta e si torna a godersi la semplicità.

Da dove nasce la tua passione per il vintage?

Mi fanno impazzire le maglie storiche, soprattutto quelle di lana. Anche quelle più semplici, delle associazioni sportive di paese. Sono l’immagine del ciclismo di una volta, quello del pane e salame. Quelle maglie raccontano storie vere, di fatica e passione. Le vorrei tutte.

Anche i ristori in stile vintage contribuiscono a trasportarti in un’altra dimensione (foto Paolo Martinelli)
Anche i ristori in stile vintage contribuiscono a trasportarti in un’altra dimensione (foto Paolo Martinelli)
Hai accennato a un “progetto” per la 209: chi ti coinvolge?

Sono amici di Arezzo, di Castiglion Fiorentino, di Montalcino, di Gaiole. Ogni anno ci ritroviamo lì. Però per me, da corridore e poi da cittì, è sempre stato un periodo pieno, difficile da incastrare. Nel 2014, per esempio, dopo il mondiale di Ponferrada ho fatto l’Eroica da 80 chilometri. E lì ho capito che anche solo quella distanza è impegnativa: non tanto fisicamente, quanto mentalmente. I 209 chilometri sono una sfida diversa, richiedono testa e voglia.

Ti ha accompagnato una bici speciale…

Sì, una Wilier Triestina “ramata”, il fiore all’occhiello della sua storia. Io adoro quel colore, lo considero tra i più belli e originali. Mi è stata prestata da un amico che lavora in Wilier. Era tutta montata Campagnolo Record con freni Delta, quelli triangolari: un vero gioiello. Anche se la misura non era perfetta per me, perché era una 57×55 e quindi un po’ corta, per settanta chilometri andava benissimo.

Hai fatto qualche uscita prima della prova?

No, solo una per provarla. Con Paolo Bianchini abbiamo fatto un giro fino al castello di Brolio, poi Siena fino a Piazza del Campo e ritorno. Erano giorni freddissimi, alle sette del mattino c’era un grado sotto zero. Zero al via, un’ora dopo… Ma è stato bellissimo: ci siamo divertiti e mi sono goduto tutto il weekend, tra pedalate e la diretta con Rai Sport.

Come ti sei vestito per l’occasione?

Ero completamente in stile Wilier Triestina, maglia e pantaloncino di lana, calzino bianco e scarpe d’epoca. Quelle che ho usato erano di mio padre, Moreno. Nel 2014 avevo fatto l’Eroica con la sua bici e una maglia gialla della Tinkoff, simile a quella che usava da cicloamatore. A casa ho ancora un borsone con tutti i suoi completi: li adoro, perché raccontano una storia di famiglia e di passione.

Com’è pedalare su quelle strade con una bici d’altri tempi?

Tremendo e affascinante allo stesso tempo. In più non c’è pianura, le salite sono impegnative e i rapporti duri. Non sono certo quelli attuali. Ma la sensazione di tornare indietro nel tempo è unica. Il paesaggio, i borghi, le auto e i vestiti d’epoca: sembra davvero di essere in un’altra epoca. Tutto rallenta. Sei immerso nella natura, vestito da ciclista di altri tempi, con puntali, cinghietti ai pedali e quei fili che spuntano dal manubrio. E’ un’emozione pura, perché il ciclismo viene da lì.

L’Eroica a Piazza del Campo a Siena (foto Paolo Martinelli)
L’Eroica a Piazza del Campo a Siena (foto Paolo Martinelli)
In tutto ciò ti sei ritrovato in qualche ricordo?

Sì. Ho visto un contadino nei campi e mi è venuta in mente una frase di Alfredo Martini (storico commissario tecnico del ciclismo dal 1975 al 1997, ndr):«Il ciclista fa tanti sacrifici, ma il contadino è già al lavoro quando tu esci per allenarti e lo ritrovi ancora lì quando torni». L’Eroica rappresenta quel mondo, quel ciclismo fatto di sudore e semplicità.

Poesia, Daniele…

In mezzo agli 8-9.000 partecipanti, c’è anche un pizzico di storia. Quest’anno c’era anche Roger De Vlaeminck, con la sua maglia Brooklyn, una delle più iconiche di sempre. Ma vedi anche le Scic, le Del Tongo, tutte quelle maglie che hanno fatto la storia. Io non ho vissuto quel ciclismo, ma rivederlo oggi, sulle strade bianche, tra la polvere e i sorrisi, è come riscrivere un pezzo di memoria collettiva.

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