| 22 Febbraio 2024

Bici d’epoca, un mercato che non conosce crisi

Il mercato delle bici d’epoca è fiorente, l’Italia fa scuola grazie alla cultura ciclistica, alla storicità dei marchi e all’artigianato che da sempre ci appartiene, ma nelle ultime stagioni è cresciuto in modo esponenziale l’interesse dei paesi asiatici. L’Eroica e tutte le sue declinazioni hanno fatto nascere un filone inatteso. Le strade bianche richiamano ogni anno migliaia di praticanti,

Abbiamo fatto qualche domanda a Giovanni Nencini, figlio del grande Gastone (vincitore di un Giro d’Italia e di un Tour de France), commerciante e restauratore di bici d’epoca, persona estremamente autorevole in materia, appassionato e pedalatore.

Le ciclostoriche sono cresciute, come numero e in fatto di consensi (foto La Mitica-Phototem Sport)
Le ciclostoriche sono cresciute, come numero e in fatto di consensi (foto La Mitica-Phototem Sport)
La stagnazione del mercato tocca anche le bici d’epoca?

A mio parere no, tenendo ben presente che il mercato delle bici d’epoca si divide in due settori: il collezionismo e quello delle bici da pedalare. Il primo ha un grosso riscontro anche nei paesi asiatici, il secondo è cresciuto e continua ad aumentare i consensi, trainato anche dalle manifestazioni ciclostoriche che ormai non sono più un’esclusiva italiana, ma le troviamo in tutto il mondo.

Entriamo nel settore del lusso?

In un certo senso, perché i collezionisti si sono affinati e hanno iniziato a selezionare in modo oculato. Soprattutto nell’ultimo decennio c’è molta attenzione al prodotto bello, unico e curato, tutti fattori che portano anche a costi elevati. Quindi possiamo dire che entriamo in una categoria lusso. Ha una portata maggiore il mercato delle bici da usare e da pedalare, come quelle che si usano per fare l’Eroica.

L’Eroica è un traino per questo mercato?

L’Eroica ha creato questo mercato, lo ha fatto esplodere e continua a fare da traino per un settore che prima era una nicchia. Pensiamo agli eventi Eroica del Giappone, dell’Olanda, California e Sudafrica, l’ultima che c’è stata a Cuba, solo per citare alcuni esempi. Non solo Eroica, perché nella sua scia sono nate centinaia di manifestazioni che celebrano la bici d’epoca e che di riflesso alimentano il mercato.

Per quanto riguarda le bici e la componentistica, l’Italia è il riferimento?

Assolutamente sì, grazie alle aziende ed ai marchi che hanno fatto la storia del ciclismo. I prodotti italiani sono un must, ricercati ed ambiti a qualsiasi latitudine.

Ci sono dei marchi più richiesti di altri?

Soprattutto le biciclette Bianchi, le più apprezzate e collezionate, in Italia e all’estero. A ruota le Legnano e le Cinelli.

Di quale periodo?

Le Bianchi da collezione più ambite sono quelle degli anni Quaranta a Cinquanta. C’è un aumento delle richieste delle bici d’epoca degli anni Trenta e Venti. E qui si apre un doppio scenario, ovvero quello delle bici conservate e quello delle bici restaurate.

Ci puoi spiegare?

La bicicletta conservata è un prodotto che non è stato toccato. Se pur sverniciata, graffiata a primo impatto poco appetibile, ha un valore maggiore rispetto ad una restaurata. Le bici restaurate sono quelle che riprendono vita, grazie alle verniciature originali, ma anche ai componenti che facevano parte di quel periodo. Per il mercato italiano ha più valore una conservata, all’estero, preferiscono le restaurate. Gli americano preferiscono le bici restaurate che sembrano uscite da una vetrina.

Restaurare è come ridare una vita alla bicicletta?

E’ un lavoro bellissimo ed impegnativo. Talvolta troviamo delle bici malmesse, ma che hanno una storia. Piuttosto di buttarle ci si mette mano con restauri e opere di ricerca che sono impegnativi, perché anche trovare i componenti giusti non è facile, bici che hanno anche 100 anni. Ultimamente sono tornate anche le bici giroruota.

Una grande richiesta per le bici degli anni 20 e 30 (foto La Mitica-Phototeam Sport)
Una grande richiesta per le bici degli anni 20 e 30 (foto La Mitica-Phototeam Sport)
A quale periodo si riferiscono?

Sono quelle degli anni Venti, quando il cambio non c’era. Avevano una corona davanti, generalmente da 46 denti e due ruote libere, una per lato. Concettualmente erano una per la salita da 22 denti e una per la pianura, 16 o 18 denti. Per rendere meglio l’idea, quando iniziava la salita, si scendeva, venivano mollati i galletti che bloccavano la ruota e si girava quest’ultima, ingaggiando il secondo pignone. Il rocchetto più piccolo, di solito, era a scatto fisso. Erano e sono bici affascinanti. Pensa all’emozione di pedalare su una bici che ha 100 anni!

Rapporti duri su bici pesanti!

Verissimo, eppure sono biciclette facili da pedalare, nonostante debba essere il ciclista che si deve adattare al mezzo meccanico, non il contrario. Avevano il passo molto lungo, con una forcella aperta a sciabola e le tubazioni erano vero e proprio ferro. All’epoca non esistevano le strade asfaltate, al limite c’era il lastricato in città. La bici doveva essere robusta.

Un forte richiamo per gli appassionati anche meno giovani (foto La Mitica-Phototeam)
Un forte richiamo per gli appassionati anche meno giovani (foto La Mitica-Phototeam)
Quale è il profilo del collezionista delle bici d’epoca?

Di solito sono persone molto gelose, talvolta particolari, che non amano far sapere cosa hanno pagato un pezzo, una bici, un oggetto tanto prezioso e raro al tempo stesso. Il collezionista è un ricercatore che si documenta, un preciso, un meticoloso che si informa ed è un perfezionista. Quello delle bici d’epoca è un mondo affascinante.

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