Una trasmissione tv tutta dedicata alle due ruote, ma non quelle del ciclismo agonistico. Finalmente anche in Italia c’è un programma televisivo che si occupa essenzialmente della bicicletta nei suoi aspetti non sportivi e il merito è di Alfredo Di Giovampaolo, giornalista romano da molti anni in Rai. Il 19 ottobre è andata in onda, su Rainews24, la prima puntata di “Pedala Italia” e la speranza è che ne seguano molte altre, seguendo le orme della sua trasmissione gemella “Cammina Italia”, al suo sesto anno di vita.
E’ proprio sull’esperienza maturata nei “cammini” che Di Giovampaolo ha sviluppato la sua idea: «Ma non è che nasco podista e non ciclista, anzi. Io 5 anni fa ho venduto la mia auto e non la ricomprerei mai: giro per Roma con una Olmo da trekking e mi sposto rigorosamente su due ruote, anche in una realtà difficile come quella della Capitale».
Com’è nata la tua idea?
Prende spunto dalla storia di Cammina Italia. Era il 2019 e mi mandarono a fare un servizio sui territori colpiti dal terremoto: Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto. Partecipai al Cammino delle Terre Mutate e sviluppai i miei servizi proprio prendendo spunto dall’evento, parlando con la gente mentre si camminava, incontrando le realtà con il ritmo, la lentezza del passo. Affrontai i 10 chilometri finali da Fabriano a L’Aquila e mi accorsi che emergevano personaggi, scorci, emozioni che altrimenti uno non coglierebbe.
Hai quindi proposto di ripetere l’esperienza?
Sì e per fortuna i dirigenti Rai hanno colto lo spirito dell’iniziativa: fare reportage lenti che portassero in evidenza il Paese reale. In cammino per raccontare l’Italia che cammina. Dopo 6 anni però ho pensato che potrebbe esserci un altro punto di osservazione esclusivo che solo la bici ti può dare. Pedala Italia è però un programma un po’ diverso, più legato al tema della sostenibilità ambientale, ma soprattutto all’idea di raccontare la bici a chi in bici non ci va, ancora. Per questo non parleremo solamente di luoghi, percorsi ma anche di bici, modelli, tipologie, una sorta di guida alla scelta. Se guardiamo alla bici senza gli occhiali dello sport scorgiamo un mondo con mille sfaccettature.
Ma il ciclismo dei campioni lo segui?
Fino a pochissimo tempo fa no, lo lasciavo volentieri ai miei colleghi sportivi. Pedalando mi è venuta invece la passione, non di gareggiare da amatore, questo no, ma almeno se oggi mi chiedono chi è Pogacar posso rispondere…
Come sono strutturate le puntate?
Ognuna è dedicata a una zona, magari attraverso un evento come abbiamo fatto con la puntata inaugurale a Gaiole in Chianti, prendendo spunto dall’Eroica, ma non nella sua concezione sportiva, pensandola come evento sociale, incontrando tante realtà locali legate alla bici come commercianti senesi, associazioni, anche chi utilizza il “bike to work” in una città altimetricamente non semplice come Siena. La seconda sarà invece dedicata a Pesaro dove punteremo la nostra attenzione sul tema sicurezza in bici, raccontando le 11 piste ciclabili cittadine create già una ventina di anni fa, poi la realtà di Trenitalia che ora garantisce il viaggio treno+bici e tanto altro ancora.
Nel programma c’è anche uno spazio dedicato alla storia…
Effettivamente vogliamo raccontare come la bici abbia influito nell’evoluzione del nostro Paese. Basti pensare alle staffette partigiane del Secondo Conflitto Mondiale, oppure alla storia di Alfonsina Strada come esempio fulgido di emancipazione femminile. Ma parliamo anche di arte legata alle due ruote, proprio perché la bicicletta ti porta in un mondo che ha mille facce.
Quali differenze hai trovato nella costruzione di due programmi simili?
Le differenze ci sono, proprio nel modo di vivere la realtà circostante. Un punto in comune, e questo mi ha incuriosito, è che in entrambi i mondi trovi associazioni che vogliono piantare la propria bandierina l’una al posto dell’altra. C’è una forte competizione e questo penalizza la ricerca di un risultato comune che gioverebbe a tutti.
Come procedi nella lavorazione?
Normalmente giriamo tutto in una giornata per ridurre i costi, per questo abbiamo pensato di non legarci strettamente a eventi, anche se magari ne prendiamo spunto, per avere più libertà e concentrare tutto il girato. E’ più semplice girare tutto in un giorno, ma questo significa che negli altri c’è da lavorare tantissimo per costruire l’intelaiatura, informarsi, prendere appuntamenti. E’ davvero un lavoro a ciclo continuo.
Quanti siete in trasferta?
Io mi servo di service locali legati alla Rai, con l’esperienza di Cammina Italia ho già un’agenda abbastanza fornita. E’ interessante l’aspetto tecnico delle riprese: normalmente ad esempio vengono montate due telecamere, una sul manubrio della mia bici e una su quello dell’intervistato. Poi c’è una terza telecamera sulla schiena dell’operatore che è davanti a noi un’altra telecamera per la soggettiva sul percorso. Poi c’è un altro operatore per le riprese da fermo e soprattutto quelle col drone. Poi chiaramente c’è tutto il lavoro di montaggio per le varie riprese. Un operatore che spesso ci aiuta in Umbria e Toscana ha addirittura costruito una piccola consolle sul suo manubrio con due smartphone che fanno da schermi. Qualcosa di unico.
A chi ti rivolgi?
Non ho un target ben definito: non voglio parlare solo a chi va già in bici, a chi si programma le vacanze cicloturistiche. Voglio però magari portare gente a salire in bici e fare anche del cicloturismo. Per ora il programma va in onda un sabato sì e uno no, in alternanza con quello podistico, alle 14,30, ma chissà che presto non possa approdare su una rete generalista, per allargare la nostra audience.