Qualcosa si sta muovendo. La Provincia autonoma di Trento ha di recente avviato un progetto sperimentale per la realizzazione di 30 chilometri di bike lane, corsie ciclabili tracciate sulla carreggiata stradale, con l’obiettivo di aumentare la sicurezza dei ciclisti (in apertura, foto PAT). L’iniziativa arriva dopo i tragici incidenti che hanno coinvolto due giovani promesse del ciclismo trentino: Sara Piffer, morta il 24 gennaio di quest’anno, e Matteo Lorenzi, scomparso il 9 maggio 2024. Entrambi investiti ed uccisi durante allenamenti sulle strade provinciali.
«La bike lane non è solo un intervento tecnico sulla viabilità – ha dichiarato il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti – ma un atto di responsabilità e di civiltà. In memoria di Sara e di tutti i ciclisti che hanno perso la vita sulla strada, vogliamo contribuire a costruire un ambiente più sicuro».
Due tratti di 12 e 18 chilometri
Le bike lane sono corsie delimitate da strisce bianche discontinue, larghe tra gli 80 e i 100 cm, posizionate sul lato destro della carreggiata. Possono essere valicate dai veicoli, ma servono a ricordare agli automobilisti la presenza dei ciclisti e a imporre il rispetto della distanza di 1,5 metri durante i sorpassi.
I due tratti interessati sono quello tra Mezzolombardo e Fai della Paganella (12 chilometri completati per primi) e quello tra Valda a Stramentizzo (18,9 chilometri) in Val di Cembra.
«Il tracciamento orizzontale è un segnale visivo costante – ha spiegato Fugatti – non si tratta semplicemente di un deterrente: è il primo passo di un progetto più ampio». Un’accortezza in più è stata data dall’orientamento dei chiusini di raccolta delle acque piovane, affinché le feritoie siano posizionate ortogonalmente rispetto al senso di marcia e non rappresentino un pericolo per le due ruote. Una piccola attenzione che può fare la differenza, anche in ambito urbano.
Le critiche di Uil Trasporti
Non tutti, però, vedono l’iniziativa con favore. Nicola Petrolli, segretario di Uil Trasporti, ha espresso forti perplessità, raccolte dalla testata online Ildolomiti.it. Secondo il sindacato, le bike lane restringono le carreggiate, aumentando i rischi, specie per autobus e mezzi pesanti. «Ci sembra inverosimile che si possa pensare di fare delle specie di ciclabili dove lo spazio di manovra è stretto per una macchina – ha detto Petrolli, criticando anche la mancata consultazione degli operatori del trasporto pubblico – figuriamoci per i mezzi pesanti, compresi i mezzi pubblici che ogni giorno transitano da quella strettoia. Se succede una disgrazia non è di certo colpa di chi deve subire queste malefatte».
Il tema, dopo le tragedie dei mesi passati, è assai delicato e, pur comprendendo le preoccupazioni di chi quotidianamente si sposta per lavoro con mezzi pesanti sulle strade provinciali, ci pare doveroso sottolineare che le bike lane non restringono la carreggiata, dato che fanno parte di essa e possono essere valicate dagli autoveicoli, quando non sono occupate dai ciclisti. Bensì sono state concepite come una tutela per questi ultimi, dato che allertano gli automobilisti della possibile presenza delle bici sulla parte destra della sede stradale. Nel frattempo, l’inviato Rai al Tour de France, Silvano Ploner, ha raccolto, per il TgR locale, il parere favorevole dei ciclisti trentini che le hanno provate.
Fondriest: «Educazione nelle scuole»
Dall’altra parte, l’ex campione del mondo Maurizio Fondriest plaude all’iniziativa: «Se non promuoviamo un cambiamento radicale partendo dall’educazione civica nelle scuole, andiamo verso la strada sbagliata» ha dichiarato alla medesima testata.
Fondriest, fondatore dell’associazione “Io rispetto il ciclista” insieme a Marco Cavorso e all’ultracyclist Paola Gianotti, ha aggiunto: «Attraverso il lavoro della nostra associazione abbiamo installato dei cartelli stradali per responsabilizzare gli automobilisti sul rispetto del ciclista oltre ad aver portato avanti con la Provincia l’inserimento delle bike lane». L’ex campione del mondo ha poi asserito che serve più severità nelle sanzioni, come in Olanda o Spagna e che il Trentino può diventare un modello per l’Italia: «Potremmo dare un buon esempio al resto della Penisola – ha detto – per quanto riguarda l’importanza di partire da misure condivise per veicolare un cambiamento positivo in merito alla convivenza su strada tra ciclisti e automobilisti».
La FCI trentina guarda alle salite
Nonostante le polemiche, il progetto va avanti, con l’obiettivo di estendere le bike lane anche alle salite più importanti della Provincia, come ha dichiarato il presidente della Federazione ciclistica trentina, Renato Beber: «Guardiamo con grande favore a questa iniziativa, che speriamo rappresenti davvero il primo passo di un progetto più ampio, destinato a interessare le 32 salite simboliche del Trentino. La presenza di una corsia ciclabile dedicata offre un elemento in più di garanzia per la sicurezza di chi sceglie di percorrere le nostre strade in bicicletta. Siamo pronti a continuare il dialogo con la Provincia e con i tecnici per individuare ulteriori azioni concrete e siamo convinti che la strada intrapresa sia quella giusta per rendere il Trentino sempre più sicuro per chi va in bici».