Stasera, giovedì 20 febbraio, alle 20,30 all’Eroica Caffè di Padova è in programma una serata con il cicloviaggiatore Dino Lanzaretti. Il titolo dell’incontro è “Cosa portarsi in viaggio, dal materiale tecnico alle emozioni” e Lanzaretti darà qualche consiglio su come affrontare i viaggi in bici.
Lo abbiamo raggiunto al telefono per farci dare qualche anticipazione sui temi che toccherà e dare qualche suggerimento a chi non potrà essere presente all’evento.

Dino, qual è il primo consiglio che daresti a chi si approccia per la prima volta ad un cicloviaggio?
La cosa più importante è scegliere un itinerario bellissimo. Perché, soprattutto le prime volte, c’è da fare una fatica bestiale e ne vale la pena solo se attorno a te vedi qualcosa di bello. Io ho pedalato per mezzo mondo a volte in strade molto brutte, perché capita di avere il percorso obbligato da A a B, magari per raggiungere un confine, ma perché avevo tempo. Se invece uno ha poco tempo, magari solo una settimana, deve puntare sulla qualità. Se per esempio sogni da anni di andare in Patagonia, quando ci andrai ti sarai informato, avrai letto, studiato e allora niente di potrà fermare, né il vento né i problemi meccanici. Altrimenti basta un po’ di pioggia per farti perdere la motivazione e salire sul primo treno.
Quindi, come prima cosa, essere motivati
Assolutamente. A volte le persone mi chiamano e mi chiedono un consiglio su dove andare e per me è quasi un’offesa. Un viaggio in bici è qualcosa di intimo, personale, che nasce da un desiderio, che è diverso per ognuno di noi. Perché la bici alla fine è solo un mezzo per andare in un posto che si sogna, e per meritarsi il fatto di esserci andato.
Passiamo ai consigli più pratici. C’è qualche accessorio davvero fondamentale secondo te?
Per quanto mi riguarda i tubeless, che hanno sconvolto il modo di viaggiare. Perché la cosa più fastidiosa quando sei in giro per il mondo è bucare. I copertoni antiforatura erano già una bella svolta, mi ricordo che una volta in Siberia mi sono fatto regalare un paio di Schwalbe Marathon e con quelli non ho più forato fino a casa. Però pesano un sacco e non ci sono per tutti i modelli. Ora invece esistono i tubeless che sono molto più performanti e non fori più. Nei viaggi che faccio con i clienti all’inizio li consigliavo, ora invece dico che sono obbligatori.
Immagino tu abbia diversi aneddoti a riguardo…
L’anno scorso in Marocco abbiamo avuto qualcosa come 12 forature in una mattina e ci siamo rovinati metà viaggio. Oppure se sei in Bolivia a 5.000 metri e buchi è un disastro, devi smontare le borse, la ruota, tutto molto complicato. Invece se hai i tubeless, quando buchi la maggior parte delle volte neanche te ne accorgi. E se il foro è grande, metti il vermicello senza smontare niente. Se poi butta proprio male che il danno è grave, metti una camera d’aria.
Chi ti segue sa che quando viaggi dormi quasi sempre in tenda, secondo te è il modo migliore?
Dipende dalle persone, da cosa vogliono e da come sono abituati. Per come la vedo muoversi da albergo ad albergo vuol dire essere limitati dal punto di vista del percorso. Invece in tenda sei più libero, puoi dedicarti completamente alla traccia, a goderti il percorso al massimo. Dipende sempre da chi sei e dove sei. Ovviamente viaggiare con la tenda significa anche essere più pesanti, perché oltre a quella occorre portarsi il materassino, il sacco a pelo, il fornelletto, eccetera. Sei molto più pesante, è un altro andare, ma è anche un altro film. Poi dipende anche quanto dura il viaggio, in tenda è tutto molto più economico.
A volte però, specie in Italia, la tenda non si può proprio piantarla
Mettere la tenda è un’arte, dove metto la tenda io nessuno mi vedrà mai. Bisogna avere un po’ d’esperienza, noi facciamo dei corsi su dove metterla per sentirsi al sicuro appena chiudi la zip, sapendo che nessuno ti romperà le scatole e vedere l’alba bellissima.
Per quanto riguarda la traccia, cosa usi?
Generalmente parto da una mappa di carta per avere la visione d’insieme. Poi uso Komoot e Google Earth per capire dove mettere la tenda, cercando un bosco o un torrente. Con Komoot è davvero facile, anche perché ci sono molte tracce condivise e tanti contributi fotografici. Adesso posso muovermi in paesi inimmaginabili grazie alle foto che ha messo qualcun altro. Con internet viaggiare è molto facile, non c’è più nessuno che non abbia un gps, raramente può succederti qualcosa.
Troppo facile?
A volte in certi posti con i clienti capita di andare oltre la tecnologia, per esempio nel deserto salato in Bolivia dove non c’è campo, e allora improvvisiamo. Devi imparare ad orientarti usando le montagne, essere sempre consapevole di dov’è il nord o dov’è l’oceano. Questo lo impari con l’esperienza e ti fa sentire tranquillo anche quando la tecnologia non funziona. Il gps non è dio, lo metti sempre in relazione con quello che vedi e si tu. Comunque sia ben venga la tecnologia, io la uso moltissimo.
Arriviamo alle borse. Meglio bikepacking o borse tradizionali?
Io dico sempre: parti con quello che hai. Se hai la tenda forse meglio le borse tradizionali, ma dipende. Se fai due settimane in Patagonia, non c’è bikepacking che tenga. Poi chi è alle prime pedalate di solito non ha materiali di altissima qualità, quindi all’inizio è giusto fare un po’ come meglio si riesce direi.
Siamo alla fine. Dai un ultimo consiglio a chi vuole partire per il suo primo viaggio in bici
Dico spesso che se uno parte ha già fatto il 90 per cento del viaggio. Non c’è niente che ti può stravolgere la vita come un viaggio in bici, non ci sono lavori né morose che reggano il confronto. A volte parlo con persone in difficoltà e gli dico di partire, sicuramente è la cosa che più può cambiarvi la vita. Quindi il mio consiglio è solo uno: partite.