| 7 Luglio 2022

I muri di Fermo e della Tirreno, altra perla di Marche Outdoor

Il percorso fermano di Marche Outdoor, primo anello di Fermo Rebirth, parte dal lungomare di Porto San Giorgio, dove, seduto su un muretto all’ombra, ci attende Mauro Fumagalli di MarcheBikeLife. Davanti a lui si srotola la ciclabile bidirezionale che è stata inaugurata di recente, il cui asfalto è stato pitturato di un azzurro intenso.

«E’ stata ricavata sacrificando una corsia della carreggiata – spiega – che ora per le auto è diventata a senso unico e togliendo qualche parcheggio qua e là».

La ciclabile di Porto San Giorgio ha dato ordine al lungomare e sicurezza ai ciclisti
La ciclabile di Porto San Giorgio ha dato ordine al lungomare e sicurezza ai ciclisti

Una scelta saggia da parte dell’amministrazione locale che ha vinto qualche resistenza dei residenti, ma ha reso più fruibile e sicuro l’accesso alle spiagge.

Dalla spiaggia al cielo

Ci mettiamo in marcia verso sud, proprio mentre i primi vacanzieri di giornata si infilano sotto l’ombrellone.

Il riscaldamento finisce presto perché dopo aver attraversato la Statale Adriatica inizia la prima delle (tante) ascese di questo giro che alla fine misurerà 92 chilometri e 1.700 metri di dislivello. In un paio di chilometri al 7-8 per cento siamo a Torre di Palme, grazioso borghetto che si affaccia sull’Adriatico. Dal suo belvedere si scorge la costa fino al Conero, mentre alle spalle il paese e i suoi vicoli di ciottolato sono “protetti” dalla fascia verde del bosco del Cugnolo.

Torre di Palma, primo stop e prima salita. Da quassù si vede il Conero: sono 50 chilometri
Torre di Palma, primo stop e prima salita. Da quassù si vede il Conero: sono 50 chilometri

La torre di Moresco

Salutiamo la tavola blu e ci addentriamo nell’entroterra, nelle colline fermane costellate da piccoli paesi. Il prossimo è Lapedona, con una porta d’ingresso caratterizzata da un arco a sesto acuto e i merli della fortificazione. Uscendo dal paese ci colpisce una pianta di banano lungo la strada, quasi adagiata al muro di una casa signorile, con i frutti ancora in formazione.

Poi, riprendendo a salire, al bivio prendiamo a destra verso Moresco, dominato da una trecentesca torre eptagonale alta 25 metri, dalla cui sommità, nelle giornate limpide, si scorge fino al Gran Sasso.

Le strade interne del fermano sono isolate, con poco traffico ma con un ottimo fondo, quindi perfette per andare in bici.

Pieno d’acqua a Moresco, uno dei Borghi più Belli d’Italia
Pieno d’acqua a Moresco, uno dei Borghi più Belli d’Italia

«Di pianura però c’è n’è poca – dice Mauro – quando porto in giro gli altri cicloturisti, dico loro di preoccuparsi quando affrontano un tratto di discesa più lungo del solito…».

Benvenuti in Val d’Aso

In effetti le colline si susseguono a tamburo battente: questo territorio sembra quasi un concentrato delle intere Marche, con creste e valli l’una accanto all’altra.

La valle che scorgiamo ora alla nostra sinistra, dal crinale della collina che stiamo salendo per arrivare a Monterubbiano, è la val d’Aso, più ampia di quelle che si vedono a destra. Questa sua conformazione morfologica, assieme alla combinazione dei venti che entrano dall’Adriatico e all’esposizione al sole, l’hanno fatta diventare il distretto di produzione di svariati tipi di frutta della zona.

A ogni discesa corrisponde una salita. Siamo nelle Fiandre delle Marche
A ogni discesa corrisponde una salita. Siamo nelle Fiandre delle Marche

Monterubbiano si trova a 450 metri di altitudine e, dopo un’ora abbondante di pedalata, finalmente troviamo un tratto discendente che anticipa il falsopiano verso Petritoli. Qui la porta d’ingresso al paese è davvero notevole, con i tre archi in stile neogotico realizzati nella seconda metà dell’Ottocento, “aprendo” l’originale cinta muraria medievale (foto di apertura).

Gianni, il Tiralento

Nella piazza centrale del borgo, Mauro incontra e ci presenta Gianni Traini e la sua ciurma di cicloturisti. Vanno in direzione opposta alla nostra e notiamo che la bici di Gianni è una bici d’epoca, con freni a pattino, quantomeno degli anni Settanta. Lui stesso indossa scarpette di cuoio e una maglia in stile vintage col logo “Tiralento“.

«E’ il nome della sua azienda specializzata nella produzione di abbigliamento e accessori d’epoca per i ciclisti», spiega Mauro. Tutto nel segno dell’artigianalità marchigiana.

A Petritoli l’incontro con Gianni Traini, titolare di Tiralento che produce abbigliamento vintage
A Petritoli l’incontro con Gianni Traini, titolare di Tiralento che produce abbigliamento vintage

Dislivello per tutti

Il falsopiano prosegue fino al paese successivo e anzi l’ultimo chilometro per arrivare a Monte Vidon Combatte è abbastanza impegnativo. A perdita d’occhio ogni collina ha il suo poggio e ogni poggio un paese in cima il cui nome inizia con “Monte…”, per cui è facile accumulare centinaia di metri di dislivello in poche pedalate.

Discesa per Ortezzano (indimenticabile il muro pazzesco, spesso protagonista della Tirreno-Adriatico), 5 chilometri di salita al 5 per cento per Monte Rinaldo, poi ancora più su per Montelparo (unica località del tour sopra i 500 metri di quota), quindi si torna indietro per le colline che prima vedevamo alla nostra destra.

Lunga discesa verso Montottone dove si comincia a risentire il profumo dell’aria che viene dal mare. Come ci diceva la nostra guida, non si scappa: ad una lunga discesa, da queste parti bisogna prepararsi a ritornare in presa alta sul manubrio.

A Montottone si arriva dopo una lunga discesa, cui però segue l’immancabile salita…
A Montottone si arriva dopo una lunga discesa, cui però segue l’immancabile salita…

Fermo e i pro’

Per agguantare quella birra nel centro di Fermo che sogniamo da un po’, dobbiamo affrontarne ben due di salite, quella di Montegiberto (3 chilometri al 7 per cento) e quella che porta al al centro storico del capoluogo. Quassù quest’anno c’è stato l’arrivo di tappa della Tirreno-Adriatico, conquistato da Barguil nella frazione in cui Pogacar, Evenepoel e Vingegaard hanno sbagliato strada.

«Ma i corridori sono arrivati ancora più su, fino davanti alla Cattedrale di Santa Maria Assunta», puntualizza Mauro mentre, seduti ad un bar in Piazza del Popolo davanti al Palazzo dei Priori di Fermo, accompagniamo una bionda fruttata con un cartoccio di olive all’ascolana.

A Capodarco, si riconosce la stele per Casartelli, 30 anni fa oro a Barcellona 92
A Capodarco, si riconosce la stele per Casartelli, 30 anni fa oro a Barcellona 92

Il mito di Capodarco

Che questa sia terra di agonismo su due ruote ce lo ricorda anche la vicina Capodarco, ultima fatica prima di rituffarci al mare che ci attende laggiù. Il piccolo agglomerato è teatro ogni anno, all’indomani di Ferragosto, di una delle più sentite gare under 23 da cui sono poi sbocciati fior di corridori (uno su tutti, Jai Hindley vincitore quest’anno del Giro d’Italia e primo al Gran Premio di Capodarco nel 2016).

Siamo già in discesa quando superiamo il monumento a Fabio Casartelli (qui primo nel 1991 e secondo l’anno successivo) e scendiamo ancora sull’asfalto veloce costellato dalle scritte sbiadite dei tifosi che verranno rinnovate tra poche settimane.

E prima di salutarsi, una birra in Piazza del Popolo a Fermo ce la siamo proprio meritata
E prima di salutarsi, una birra in Piazza del Popolo a Fermo ce la siamo proprio meritata

Ritornati sul lungomare di Porto San Giorgio ci sentiamo come all’uscita di una tornata sulle montagne russe, tanto che ora capiamo perché le colline fermane, con i suoi muri (per i più arditi ci sono anche quelli sterrati) sono soprannominate le “Fiandre delle Marche”!

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