| 12 Febbraio 2025

Pedalare in città: strategie e rischi nel traffico secondo due pro’

La sicurezza in strada per i ciclisti è un tema sempre più centrale, soprattutto nelle grandi città dove il traffico intenso rappresenta un pericolo costante. Abbiamo chiesto il parere di due professionisti che vivono e si allenano quotidianamente in contesti urbani complessi: Maria Giulia Confalonieri per Milano e Valerio Conti per Roma.

Con circa 20-22 mila chilometri percorsi all’anno al di fuori delle gare, la loro esposizione al rischio è elevata, ma allo stesso tempo è elevata anche la loro esperienza. Esperienza che diventa un prezioso punto di riferimento per comprendere come affrontare il traffico, quali accorgimenti adottare e come migliorare la convivenza tra ciclisti e automobilisti.

Come ci si districa nel traffico cercando di mantenere la sicurezza?

CONFALONIERI: «Non è facile, ma vivendo a Milano da sempre mi sono abituata. Negli ultimi anni il traffico è peggiorato, ma per me è diventata una normalità. Solo quando pedalo in luoghi più tranquilli mi rendo conto di quanto sia diverso. Le cicliste che vengono da posti meno affollati trovano più difficile pedalare qui. Il vero problema è l’eccessiva quantità di auto e spesso ci si abitua a situazioni che in realtà non dovrebbero essere normali, come chi ti passa sfiorandoti per esempio».

CONTI: «Essendo nato a Roma so bene quali sono i pericoli della strada. Sto sempre attentissimo, mi posiziono sulla destra e non uso mai le cuffie. Se vedo che sto creando una colonna dietro di me, spesso mi sposto in una stradina laterale per far passare le macchine o mi accosto, rallentando, al primo spiazzo. Mi piace anche ricevere un cenno di gratitudine dagli automobilisti, penso che se doni rispetto, lo ricevi. Credo che anche noi ciclisti dobbiamo fare la nostra parte per farci voler bene sulla strada».

Quanto tempo serve per uscire dalla città e iniziare ad allenarti per davvero?

CONFALONIERI: «Se vado verso il Lago di Como o di Lecco, in circa un quarto d’ora esco dal traffico più intenso. Ovviamente bisogna evitare le arterie principali perché anche di mattina possono essere molto trafficate. Però chi conosce bene la zona sa dove andare e fortunatamente le salite e le strade più utilizzate dagli allenatori sono meno affollate. Lì poi pedalo bene… anche se serve comunque la massima attenzione».

CONTI: «Partendo dalla zona Prenestina, Roma Est, impiego circa 40 minuti per uscire dal traffico e raggiungere Tivoli. Da lì in poi la situazione cambia completamente: le strade sono più larghe, con meno buche e senza traffico. Non sembra nemmeno di essere nell’area di Roma».

La corsia preferenziale in Spagna, dove il metro è mezzo è più sentito e in alcune zone c’è il rispetto assoluto del ciclista
La corsia preferenziale in Spagna, dove il metro è mezzo è più sentito e in alcune zone c’è il rispetto assoluto del ciclista
I semafori, le rotatorie e gli stop si rispettano sempre?

CONFALONIERI: «Oggi i semafori si rispettano quasi ovunque. Il problema in Italia è che le piste ciclabili non sono adeguate per chi pedala a velocità superiori ai 20 chilometri orario e quindi per chi deve allenarsi. In Spagna, ad esempio, sulle strade principali viene segnalata la presenza di ciclisti e viene tracciata una corsia preferenziale per loro. C’è una banchina larga. Sarebbe una soluzione ideale (e poco costosa, ndr) anche in Italia, perché creare nuove piste ciclabili nelle nostre città è quasi impossibile».

CONTI: «Sono sempre attento e cerco di rispettare le regole. Però bisogna dire che alcuni ciclisti non lo fanno e questo crea problemi. Ci sono colleghi che affrontano le rotonde come se fossero in un Gran Premio, senza rallentare. Così prima o poi si cade».

Quali sono gli orari migliori per allenarsi evitando il traffico più pericoloso?

CONFALONIERI: «Mi alleno quasi sempre al mattino. In inverno non esco prestissimo, ma dopo le 9 il traffico inizia a diminuire. Tra le 10 e le 14 è il momento migliore per allenarsi, perché la maggior parte delle persone è al lavoro e le strade sono meno congestionate. Nei weekend, invece, cambia tutto: ci sono molte più macchine e bisogna stare più attenti».

CONTI: «A Roma il traffico cambia molto a seconda dell’orario. Al mattino presto e all’ora di punta è più caotico e gli automobilisti sono più nervosi. All’ora di pranzo la situazione è decisamente migliore, c’è meno traffico e si pedala con più tranquillità».

Secondo Conti una parte della colpa è anche dei ciclisti, che spesso non pedalano in fila
Secondo Conti una parte della colpa è anche dei ciclisti, che spesso non pedalano in fila
Quali accorgimenti adotti per la sicurezza passiva?

CONFALONIERI: «Da qualche anno la squadra ci ha dotato di una luce posteriore della Garmin che si collega al ciclocomputer e segnala la presenza di macchine vicine. E’ un ottimo strumento, anche perché lampeggia aumentando la visibilità. Per chi pedala in inverno o in condizioni di scarsa luminosità, è davvero utile».

CONTI: «Non ho mai usato strumenti particolari, neanche le luci, anche se riconosco che avere una luce posteriore ben visibile è importante. L’unica cosa che consiglio davvero è non usare le cuffie: l’udito è fondamentale per percepire il traffico attorno a sé. Vedo molti ciclisti, soprattutto giovani, che pedalano con la testa bassa e le cuffie nelle orecchie, ma questo è un rischio enorme».

Quanto è importante mantenere una posizione corretta in sella per la sicurezza?

CONFALONIERI: «Oltre agli strumenti di sicurezza passiva, è fondamentale mantenere sempre una posizione che permetta di avere il massimo controllo della bici. Bisogna essere pronti a reagire in caso di pericolo, quindi tenere sempre gli occhi sulla strada e le mani vicine ai freni».

CONTI: «La posizione è importantissima. Alcuni ciclisti tengono la testa bassa, perché magari stanno svolgendo un lavoro specifico, e non guardano la strada, il che è pericoloso. Ci porta a rischiare di più. Si tende sempre a dare la colpa agli automobilisti, ma bisogna anche ammettere che a volte siamo noi ciclisti a sbagliare. Se non si rispettano le regole e si prende troppa confidenza con la strada, prima o poi il rischio diventa inevitabile».

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