Ricordate Davide Valacchi? Lo abbiamo sentito prima della partenza da Bologna, avvenuta il 5 ottobre assieme ai suoi due compagni di viaggio, Riccardo Nielsen e Antonio Gabrielli. Il progetto dei tre è di pedalare verso la penisola iberica, entrare in Africa e continuare lungo la costa occidentale del continente. Per un totale di ben sei mesi. Non c’è dunque una meta prefissata, ma solo l’obiettivo di riempirsi il più possibile di ricordi ed emozioni. Oltre ad una raccolta fondi per CBM Italia, un’organizzazione internazionale che aiuta i non vedenti in giro per il mondo.
Davide ha perso la vista all’età di 14 anni a causa di un glaucoma. Da quasi due mesi viaggia su un tandem guidato alternativamente da uno dei suoi due amici, mentre l’altro inforca una Salsa Fargo. I tre sono entrati da due settimane in Marocco e noi li abbiamo contattati nel giorno in cui sono arrivati a Fès, la più antica delle quattro città imperiali (foto di apertura depositphotos.com)
Valencia e l’Andalusia
«La Spagna non me l’aspettavo così arida, soprattutto l’Andalusia – inizia Davide -. Siamo passati nelle zone di Valencia ad una settimana dal disastro. Per fortuna in quei giorni eravamo nel sud della Spagna, ospiti di una coppia di Warmshowers (la piattaforma in cui chi vuole può ospitare gratuitamente dei cicloturisti per un breve periodo, ndr). Si chiamano Pedro e Juncal. Per loro abbiamo cucinato anche la pizza».
«Riguardo all’alluvione – riprende il filo Antonio – abbiamo dato una mano per quel poco che si poteva. Non siamo riusciti a fare troppo volontariato anche perché là è tutto molto “militarizzato”: il grosso del fango veniva tolto con i mezzi pesanti».
Due settimane di stop
A causa di una rottura del particolare mozzo del tandem (spedito poi a Barcellona per la riparazione), i tre cicloviaggiatori sono rimasti fermi quindici giorni in un paesino a Nord di Malaga, Almogìa. Qui sono stati ospiti di un ostello. Prima, però, non si sono fatti mancare le fatiche, avendo scalato persino il temibile Pico de Veleta dal versante sterrato. Parliamo di spingere il tandem carico a quasi 3.400 metri di quota…
«Se avessimo seguito la costa ci avremmo messo di meno, però avremmo incontrato tutte città. Invece abbiamo voluto andarci a cercare le montagne dell’interno» dice Valacchi.
«Sarà che io la montagna ce l’ho nel sangue – interviene Riccardo – ma finora la cosa che più mi ha colpito è stata proprio la Sierra Nevada».
«A me invece – interviene Antonio – è rimasto impresso il cambiamento netto tra Ceuta (che è sul continente africano ma è una città autonoma spagnola) e la prima città marocchina, Fnideq. In cinque chilometri è cambiato tutto: mercati lungo la strada, cultura, persone diverse…».
Chi guida il tandem di Valacchi?
L’altra volta c’era da capire come si sarebbero gestiti i turni alla guida del tandem: «Fino a pochi giorni fa – spiega Davide – ha guidato sempre Riccardo, ora si sono dati il cambio».
«C’è da dire che io e Antonio abbiamo una corporatura simile – precisa quest’ultimo – per cui in qualche caso abbiamo fatto un cambio di uno, due giorni. Quando la stanchezza prendeva il sopravvento. Ma senza spostare i bagagli, per non modificare troppo gli assetti. Ora invece abbiamo fatto il cambio vero e proprio, dato che ognuno ha la sua sella».
E ora che questi giovani ragazzi sono in Marocco, chiediamo loro come si rapportano nel descrivere a Davide le bellezze di una terra per tutti e tre inesplorata.
Gli scherzi e le emozioni
«Qui si vive molto di più in strada – inizia Davide – per cui per me ci sono molti più rumori e odori da percepire. È pieno di bambini, di persone che ti chiamano. Di mercati di strada, di persone che lavorano. Ci sono molti più artigiani che da noi. Anche se non vedo posso immaginare un sacco di situazioni… Poi sai, questi mi prendono in giro (in realtà ha usato un termine più colorito, ndr) dall’inizio del viaggio… L’altro giorno mi hanno detto che Chefchaouen (la splendida “città blu” così detta per via della colorazione azzurra delle case del centro storico, ndr) è gialla…».
«Il tipico scherzo che gli facciamo – rincara Riccardo – è quando ad esempio gli diciamo che stiamo entrando in un bar e invece siamo in un negozio di ottica. Davide ordina un caffè e poi anche la commessa si mette a ridere quando le spieghiamo la situazione».
«Io più che descrivergli ciò che vedo cerco di trasmettergli le mie emozioni – irrompe Antonio, più serio – come il mio stupore nell’entrare in una medina o nell’ammirare certi paesaggi. Credo che a Davide faccia più piacere questo… Poi c’è anche da dire che dei tre lui è quello che studia di più. Per cui è bello quando vediamo dei posti che ci aveva raccontato qualche giorno prima».
Il terzetto è unito e si sente. E se qualche volta capitano attriti e tensioni, nel giro di pochi minuti è tutto dimenticato. «Abbiamo optato per tre tende singole – aggiunge Davide – proprio per fare in modo che ognuno abbia un proprio spazio a fine giornata».
E ora si prosegue sull’Atlante…
Per Davide la difficoltà principale sono stati proprio quei quindici giorni di stop forzato nei dintorni di Malaga. Non è abituato a stare così a lungo senza il suo tandem. Ma non mancano piacevoli ricordi: «Non avevo mai visto un albero di pepe rosa – dice – e nella zona di Almerìa ho potuto toccarlo e annusarlo. Stessa cosa per la pianta di carrube». E ancora, in Marocco, il tajine mangiato tutti insieme con il pane al posto delle posate. Fino al fabbricatore di scarpe di Fès che ha ricucito lo squarcio del telo impermeabile della sua tenda. Senza volere un soldo in cambio.
Ed ora che succede? Chiediamo al “capo-spedizione” Valacchi come procederà il viaggio: «Abbiamo già contattato Nico Valsesia che ci ha suggerito il modo di stancarci il più possibile sulle montagne dell’Atlante. Punteremo Marrakech e dopo andremo verso l’Atlantico. Poi giù, giù fino alla Mauritania e al Sahel. E lì sarà davvero un altro mondo…».
Per restare aggiornati sul viaggio di Davide, Antonio e Riccardo seguite la pagina Facebook I to Eye.