| 5 Aprile 2025

Una settimana dopo, il punto su The Hills col padrone di casa

Ci sono voluti un po’ di giorni perché Mattia De Marchi tornasse nuovamente a distinguere la notte dal giorno. L’organizzazione di The Hills Gravel Race gli ha portato via una bella fetta di vita regalandogli qualche capello bianco, ma alla fine quello che traspare dalle sue parole sono soddisfazione e visione per l’edizione che verrà. La giornata è stata un tripudio di pioggia e fango, come ci ha raccontato Gaia Benzi, ma alla fine il resoconto unanime è stato di vero entusiasmo.

Mattia voleva a tutti i costi portare qui un evento gravel in sintonia con quello che accade al di fuori dall’Italia. Le sue critiche alle prime edizioni dei mondiali e degli europei non erano passate inosservate e c’era pertanto curiosità di scoprire quale fosse la sua ricetta. Il fatto che The Hills sia l’unica prova italiana del Gravel Earth Series e il gradimento da parte di Lachlan Morton e dei pezzi grossi del gravel mondiale dicono che la strada intrapresa è stata giusta. Per questo, a distanza di qualche giorno e mentre è ancora intento a togliere le frecce dal percorso, abbiamo risentito De Marchi. Avevamo provato con lui un tratto del percorso. Lo avevamo seguito nella sua progettazione. Non resta ora che verificare il lavoro.

In partenza dal lago delle Bandie, le prime gocce, ma nulla lasciava presagire una simile… lavata (foto Chiara Redaschi)
In partenza dal lago delle Bandie, le prime gocce, ma nulla lasciava presagire una simile… lavata (foto Chiara Redaschi)
Perché si può dire che alla fine, nonostante la pioggia, abbia funzionato tutto?

Se con questo meteo, tutti all’arrivo ti odiano per un secondo e poi però ti dicono che è la corsa più dura che hanno fatto nella loro vita e la rifarebbero domani, allora vuol dire che le cose hanno funzionato. Sul percorso avevo pochi dubbi. L’avrò cambiato un milione di volte e non ho ancora finito di farlo, ma non avevo dubbi sulla sua bellezza. Solo non lo avevo mai provato in quelle condizioni. Perché di solito quando piove a quel modo, non vai in bici (sorride, ndr).

Volevi portare in Italia lo spirito del gravel che si respira all’estero…

Volevo mettere insieme lo spirito agonistico del centinaio di top rider europei e di tutto il mondo, cercando però di coinvolgere anche chi della gara si interessa fino a un certo punto. Quelli che vogliono mettersi in gioco e viversi la giornata, ma non hanno lo scopo di arrivare tra i primi.

Ti eri reso conto del grosso rischio di pioggia?

In realtà ero talmente preso dalle cose da fare, che guardavo il meteo ed ero preoccupato per la pioggia, ma il giusto… Negli ultimi quattro giorni sono andato a letto all’una di notte e mi svegliavo alle quattro, perché dovevo frecciare il percorso all’ultimo. Ho avuto tre giorni a tutta, in cui guardavo ogni dieci minuti il meteo. Poi è partita la gara e io ero sul primo quad davanti a tutti. Non ho mai visto i corridori, tranne Toby che ha vinto. Finché dopo circa un’ora ho avuto il tempo per aprire Instagram e ho visto le foto con tutto quel fango e mi è venuto un colpo: che cosa sta succedendo?

E cosa hai pensato?

Che le possibilità erano due. Si stavano divertendo come bambini oppure mi avrebbero ammazzato. Un conto è che su certi sterrati passino dieci persone, altro se ne passano mille. Nei giorni successivi ci sono tornato ed era tutto pulito, però immagino cosa possa essere stato quel giorno. Sono convinto che si siano divertiti ugualmente, ma io da oggi comincio a fare la danza del sole per il prossimo anno.

Sei già riuscito a metabolizzare e capire cosa si possa migliorare?

Sì, assolutamente. Il mio obiettivo per l’anno prossimo sarà impattare ancora meno in alcune zone dove il passaggio non è stato super agevole. Investirò più risorse anche nella comunicazione con i territori su cui passeremo, convinto del ritorno che possono averne. Sono contento che tutti si siano sentiti sicuri sui percorsi, grazie al numero di volontari. E’ chiaro che anche io ho visto delle criticità, ma era la prima volta che organizzavo un evento così e devo dire che ci sono cose da imparare, ma nel complesso è andata bene. Il prossimo anno sarà tutto oliato meglio e anche al villaggio ci saranno dei miglioramenti.

Hai avuto qualche feedback da persone di cui ti fidi?

C’era Gerard Freixes, l’organizzatore spagnolo di The Traka. Ha commentato che raramente ha visto una prova al debutto che fosse a questo livello, per cui mi ha detto che devo esserne orgoglioso. E poi erano 180 chilometri, non era il giro del paese: cose da controllare ce n’erano parecchie.

Mattia De Marchi tornerà presto fa fare il corridore?

Ho continuato ad allenarmi fino al lunedì prima, poi è stato impossibile continuare. Non c’ero con la testa, avevo le gambe pesanti. Adesso che è tutto finito, ho già cambiato il modo di andare. Anche se era una settimana che non pedalavo, alla ripresa mi sono sentito molto meglio. Non voglio essere banale, non voglio essere solo un atleta perché non avrebbe senso per me. Prima o poi dalla bici devi scendere e io ho sempre pensato di crearmi un paracadute o un’alternativa. E ho scoperto che organizzare eventi mi piace, nonostante tutto lo stress del mondo. Però adesso mi rimetto in bici.

Il calendario c’è già?

Qualche obiettivo ce l’ho e voglio portarlo a termine. Però The Hills è stata una di quelle occasioni che ti passano una volta e devi coglierle. Domenica sera sono riuscito a fare un bel sospiro di sollievo e, non so se si possa dire, mi sono anche ubriacato. Ne avevo bisogno.

Che cosa ti hanno detto gli amici del gravel internazionale?

Lachlan Morton mi ha scritto il giorno dopo. Il senso era: «Sono orgoglioso di essere venuto al tuo bellissimo evento, ci vediamo l’anno prossimo». In generale mi sono parsi tutti super gasati. Hanno detto che gli è piaciuto e nonostante il tempo si sono anche divertiti. Tanti hanno detto che è stata la cosa più dura che hanno fatto in vita loro. Io però ho provato il percorso con l’asciutto ed è goduria pura. Quindi spero vivamente che l’anno prossimo riescano a farselo con il sole, perché vorrei che sia divertente, non solo duro.

Credi che un evento così sia anche una buona promozione per il territorio?

Decisamente. E’ una cosa che la gente ha capito, mentre le istituzioni e i territori devono ancora inquadrare completamente. Questa volta sono venute mille persone, magari hanno visto il territorio, gli è piaciuto e il prossimo anno verranno in duemila e quello dopo in quattromila. E’ un turismo più lento, ma è comunque turismo. L’area del Prosecco è abbastanza… martoriata dagli eventi di bici, però la gente c’è sempre, quindi il prodotto funziona. E’ quello che mi piacerebbe far capire ai piani alti. Abbiamo investito più di 15.000 euro in contenuti e gente che quel giorno facesse contenuti e siamo arrivati in tutto il mondo. Credo che anche per questo The Hills Gravel Race sia stata un ottimo punto di partenza.

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