Il 13 settembre, allo scoccare della mezzanotte, Silvia Grua salirà in sella alla sua bicicletta per un’impresa fuori dall’ordinario: pedalare 24 ore consecutive sulla stessa salita della Serra Morenica, nel Canavese, in Piemonte. Non sarà una prova fine a se stessa, ma un gesto di speranza e solidarietà: ogni metro conquistato servirà a sostenere la Fondazione Umberto Veronesi e i suoi progetti di ricerca contro i tumori pediatrici.
Su bici.STYLE avevamo già raccontato la sua storia e per lei questo 2025 è un anno speciale: «Compio 50 anni e per me il compleanno è sempre una vittoria», spiega mentre è in vacanza in Val Passiria, rigorosamente con bici al seguito. «Da quando a 34 anni ho incontrato la parola cancro, ogni volta che spengo una candelina è come una rinascita. Le cifre tonde ti fanno guardare indietro, fare bilanci. Io so che la malattia mi ha tolto la possibilità di avere figli, ma proprio per questo voglio regalare un sorriso a tanti bambini».
Nel 2022 l’Everesting
La bicicletta, scoperta quattro anni dopo la diagnosi, è diventata sempre più la sua alleata più fedele. L’ha accompagnata nella risalita verso la vita, le ha regalato sfide e soddisfazioni. Nel 2022 ha portato a termine l’Everesting, scalando ripetutamente la salita della Broglina fino a raggiungere un dislivello superiore agli 8.848 metri del monte più alto del mondo. «Quella salita è stata la prima che ho affrontato quando ho comprato la bici, ha un valore affettivo enorme. Per questo ho deciso di tornare lì per le 24 ore. Se con l’Everesting sono arrivata simbolicamente all’altezza dell’Everest, questa volta voglio andare oltre: oltre le nuvole».
E’ talmente attaccata alla bici che anche in questa settimana di vacanza se l’è portata in Val Passiria: «Proprio oggi – racconta – ho fatto il versante italiano del Passo del Rombo da San Leonardo. Arrivata in cima sono poi scesa a Soelden e ritornata indietro con tanto vento contro. Cento chilometri e 3.300 metri di dislivello. Per oggi ho dato…» scherza.
Il Nivolet come seconda casa
L’allenamento, del resto, è duro e costante: uscite all’alba, alle quattro e mezza del mattino, prima di andare al lavoro in farmacia, tre volte a settimana. Poi i weekend, dedicati alle lunghe distanze e al dislivello. «Mi piace andare in quota e il Colle del Nivolet è per me un posto magico. E’ come una mia seconda casa. L’ho percorso in ogni stagione: d’inverno con le ciaspole, d’autunno tra i colori dei boschi, in primavera e in estate con la bici tra muri di neve. È sempre stato lì ad aspettarmi, come un obiettivo nei momenti di stop forzato della mia vita».
Non sarà sola in questa nuova sfida della 24 ore. Accanto a lei ci sarà il compagno Francesco, pronto a incoraggiarla ma anche a riportarla con i piedi per terra. «Quando mi vede con quel mezzo sorriso, capisce che ho in mente qualcosa. Lui allora mi ricorda la fatica, i rischi, mi dice che potrei non farcela. Perciò, se riesco a resistere alle sue obiezioni, allora vuol dire che la motivazione è davvero forte!».
Appuntamento al 13 settembre
Il percorso scelto per la super-pedalata del 13 settembre è sempre quello della Broglina, una salita che misura 6,2 chilometri, con una pendenza media del 6%. Un’ascesa regolare sulle strade della Serra Morenica del Canavese che Silvia conosce bene e che proprio oggi ospitano il passaggio della prima tappa della Vuelta a España. Sarà un palcoscenico simbolico, carico di significati personali e sportivi.
Accanto alla dimensione atletica, c’è quella del racconto. Silvia, infatti, ha messo la sua esperienza in un libro, “I colori della salita”, dove ha trasformato il dolore e la fatica in un mosaico di sfumature che parlano di vita. «Non volevo che la malattia fosse la protagonista, né che lo fosse un’impresa sportiva. Ho scelto i colori come simboli dei momenti che attraversiamo».
Il volume l’ha portata anche nelle scuole, davanti a ragazzi che l’hanno ascoltata in silenzio, rapiti dalle sue parole: «Per me è stata un’emozione enorme – ricorda – non è facile parlare di malattia con i giovani, ma ho trovato occhi curiosi e attenti. Io ero anche un po’ in ansia, pensavo di trovare ragazzi distratti dal cellulare. Ed invece avevo solo sguardi attorno a me, un silenzio pazzesco. Infatti gli insegnanti mi dicevano: “Ma perché non vieni a fare lezione con noi?”».
La raccolta fondi
Lo sport, del resto, le ha insegnato la disciplina e la capacità di affrontare gli ostacoli. «Durante le terapie il mio obiettivo non era una medaglia, ma la vita. Anche adesso, se in una gara non salgo sul podio, non lo vivo come una sconfitta, ma come un insegnamento. Ho imparato a cercare sempre un piano alternativo. Altro che “piani B”. Forse sono già arrivata alla lettera S dell’alfabeto, ma so che bisogna trovare nuove soluzioni, perché di vita ne abbiamo una sola».
La foto di apertura è presa dal suo profilo Instagram e la ritrae con un quadro che sua mamma Giancarla ha ricamato punto dopo punto. «Un po’ come dici tu: un colpo di pedale dopo l’altro» le diceva. Alla sera tardi Silvia vedeva ancora la luce accesa e lei china con l’ago a scegliere i colori. La sgridava che era tardi, ma di tutta riposta si sentiva dire: «Voglio finirlo, non so se domani ci riuscirò ancora».
Il 13 settembre, dunque, Silvia pedalerà non solo per superare i propri limiti, ma per accendere una luce di speranza. La raccolta fondi è già attiva e proseguirà anche dopo la prova: «Spero che alle 24 ore di bici si possa aggiungere un grande risultato anche nelle donazioni. Sarebbe il regalo più bello per i miei 50 anni».
Per contribuire alla raccolta fondi di Silvia Grua si può donare attraverso la pagina della Fondazione Veronesi.