UGENTO – Il Salento lontano dal caos di agosto, quando le sue ammalianti spiagge vengono prese d’assalto, regala momenti di puro relax e spensieratezza a chi vuole concedersi di attraversarlo a cavallo di una bici. Quella che segue è la prima parte di un viaggio lento dove il pedalare, più che un esercizio fisico, data l’esiguità dei rilievi, è il passepartout per unire alcune perle della penisola. Alcune più note, come il suo fulcro: Lecce. Altre più nascoste, come le chiesette di campagna che sorgono al di là dei muri a secco. Venite? Si segue la rotta della Ciclonica.
I 300 km della Ciclonica
L’occasione per questo tour in sella in pieno autunno ce la offre la neonata Ciclonica, ovvero la Ciclovia del Salento Ionico. Si tratta di un itinerario che ha visto la luce quest’anno e di cui già vi avevamo parlato. La nostra curiosità è stata soddisfatta grazie alla promozione che Vivilitalia, società specializzata nei turismi ambientali, ha voluto approntare per conto della Green Community Ionico-Adriatica, guidata dal Comune di Nardò. Questa cordata, grazie ai finanziamenti del PNRR, ha messo a terra un itinerario di 300 chilometri in buona parte su strade asfaltate secondarie e per un quinto su sterrati. Partenza e arrivo è Lecce ma, una volta giunti sulla costa ionica, l’itinerario risale il mare attraverso cinque anelli adiacenti che dunque possono comporre e scomporre il tragitto a proprio piacimento.
Il barocco e gli influencer
I nostro Virgili sono gli ideatori della ciclovia Roberto Guido e Carlo Cascione di Salento Bici Tour ed i nostri compagni di viaggio sono colleghi, blogger e influencer da tutta la Penisola. Partiamo dunque da Lecce e, dopo un rapido check-up delle bici, siamo già a perderci nel centro storico del capoluogo, tra i bianchi vicoli che ci portano al cospetto delle bellezze del barocco. La luce radente del mattino esalta i dettagli della facciata della Basilica di Santa Croce e subito dopo quelli del Duomo, dove c’è persino una troupe del TgR Puglia ad immortalarci, tanta è l’attenzione verso quest’iniziativa vocata al cicloturismo.
I 29 metri della colonna di Sant’Oronzo, nell’omonima piazza centrale, sanciscono il via ufficiale del tour allorché ci apprestiamo ad uscire dalla città seguendo nuovi tratti di pista ciclabile che ci mantengono costantemente separati dal traffico. In breve siamo nella campagna e pedaliamo verso sud, verso il Parco Archeologico di Rudiae. Qui l’archeologo Pio Panarelli ci illustra i segreti dell’anfiteatro romano, ricavato dalla naturale depressione di una dolina carsica.
«D’estate sotto quegli ulivi laggiù – dice in conclusione – organizziamo anche delle cene evento per promuovere l’intera area. E per chi raggiunge il Parco a piedi o in bicicletta c’è anche uno sconto sul biglietto d’ingresso».
Il sapore dell’olio
Ripartiamo con questa stilla di privilegio e riprendiamo a pedalare sulle stradine della Valle della Cupa, che ci conducono, a metà mattinata, presso l’Agriturismo Le Chiese di San Pietro in Lama. E’ una delle tante masserie locali e noi siamo accolti per una degustazione del loro olio extravergine proprio sotto gli ulivi, con una pittoresca tavolata imbandita con la classica tovaglia a quadretti bianchi e rossi. Ai lati, le sedute che ci attendono sono delle balle di fieno. Sopra, i vari oli aromatizzati si alternano ai prodotti dell’orto, dalle melanzane ai pomodorini, ai crostini di pane che non aspettano altro di essere imbevuti di… oro giallo.
«Intenso per i piatti più freddi – spiega Marianna Protezione, la padrona di casa – e delicato per quelli caldi». Anche qui la xylella, il batterio che ha infestato buona parte degli ulivi salentini e non solo, ha colpito duro nel 2017: «Vedere gli ulivi secolari che si ammalavano – ricorda – era come vedere figli che soffrivano, però ci siamo rimboccati le maniche ed abbiamo usato le tecniche ed i prodotti giusti per rimetterci in piedi». Seduta a capo della tavolata agreste, fa roteare dell’olio in un piccolo bicchiere ben stretto tra le mani: «In questo modo si scalda e si sprigionano i suoi sapori».
Il giorno delle orecchiette
«Ragazzi – ci richiama Carlo, la nostra guida – mi dispiace interrompere il banchetto ma dobbiamo riprendere le bici: dobbiamo… andare a mangiare». Qui funziona così: è l’ospitalità del Sud che nel nostro caso si concretizza in un pranzo a… casa sua. Nella Tenuta DonnAnna, che raggiungiamo dopo pochi chilometri facendo una deviazione dal percorso della Ciclonica.
La casa apparteneva al bisnonno di Carlo, mentre “donna Anna” è sua madre che ci attende nientemeno che per una cooking class. Delle nostre evoluzioni nella creazione di orecchiette pugliesi, “pitta” di patate e dolci “scamiciati” parleremo in un seguente momento. Ma il risultato, complice la sua supervisione e quella del cuoco Antonio, ci è parso memorabile.
La storia del pasticciotto
Nel pomeriggio riprendiamo a pedalare in direzione di Galatina. «La città del biscotto, inzuppata nel latte, color del miele», spiega la nostra guida Angela Beccarisi. Biscotto perché le pietre delle sue case sono friabili. Come indurente si usava dunque la caseina (ecco il latte). E il miele? E’ il colore che assume al tramonto. E’ ormai sera quando la guida ci introduce nella Basilica di Santa Caterina d’Alessandria. Si tratta di uno dei più importanti esempi di gotico pugliese, il cui interno sorprende il visitatore, dato che la facciata esterna ha invece delle linearità più basiche.
Galatina è anche la patria del pasticciotto, il tipico dolce leccese fatto di un guscio di pasta frolla che avvolge una crema pasticcera. Leggenda vuole che venne ideato nella Pasticceria Ascalone nel lontano Settecento, dal capostipite Nicola. Oggi l’ultimo discendente è Davide Ascalone. Il locale a quest’ora ha abbassato le saracinesche, ma le nostre guide hanno giocato d’anticipo e, girato l’angolo della pasticceria, ci intrufoliamo nel vicoletto che dà sulla cucina. Davide esce nella penombra e ci porge un bel vassoio di quindici pasticciotti ancora caldi.
Le note della taranta
E per finire questo primo giorno di Ciclonica non poteva mancare la Taranta. Il fenomeno del tarantismo affonda le radici nel passato rurale, allorché si pensava che chi veniva punto da un ragno nelle campagne doveva ballare al ritmo della pizzica per espellere il veleno. E poi si veniva a Galatina a invocare l’intercessione di Santu Paulu.
Il boom della Notte della Taranta che popola di concerti le estati pugliesi pare sia dovuto al concerto della sesta edizione, quella del 2003. In quell’occasione il batterista dei Police, Steward Copeland, affiancò per la prima volta le percussioni ai ritmi della pizzica salentina in una serata memorabile. Anche noi, in bici, siamo già contagiati da questa terra e non vediamo l’ora di scoprire per domani le bellezze dello Ionio…