| 3 Aprile 2025

Transcontinental Race e strategia: 10 domande ad Omar di Felice

La scorsa settimana abbiamo presentato la Transcontinental Race, una delle ultracycling più prestigiose del pianeta. Oggi, con Omar Di Felice, approfondiamo questo evento per capire i meccanismi che lo rendono così unico (in apertura foto di Marta Baffi).

Non si tratta solo di pedalare: dietro c’è una grande strategia. Anzi, più strategie. Crearsi la traccia, gestire il sonno, il cibo, il setup della bici. Sono tutti fattori fondamentali per affrontare una sfida così impegnativa. Scopriamo insieme come un esperto dell’ultracycling come Di Felice affronta la Transcontinental Race.

La Giant dell’ultracycler laziale per la Transcontinental Race (foto Marta Baffi)
La Giant dell’ultracycler laziale per la Transcontinental Race (foto Marta Baffi)
Omar, partiamo dalla traccia: come ci si crea la propria?

E’ uno degli aspetti più complessi e impegnativi della Transcontinental Race. A differenza di altre gare di ultracycling con un percorso predefinito, qui la traccia la costruisci tu, rispettando solo alcuni checkpoint obbligatori. Il resto lo scegli in base alla strategia: devi bilanciare distanza, dislivello, condizioni delle strade, traffico, meteo e possibilità di rifornimento. E, chiaramente, le tue attitudini.

Quali strumenti utilizzi per crearla?

Io utilizzo diversi strumenti. Komoot è quello principale per tracciare le alternative tra due punti, valutando le differenze in termini di chilometraggio e difficoltà altimetrica. Poi passo su Google Maps per verificare il traffico e lo stato delle strade, soprattutto nelle settimane prima della partenza: Google Maps è sempre molto aggiornato. Bisogna considerare che spesso si attraversano Paesi dell’Est Europa, dove le condizioni della viabilità possono cambiare rapidamente. E bisogna anche tenere conto della presenza di settori sterrati obbligatori. La Transcontinental è per il 90-95 per cento su asfalto, ma in alcuni punti ti costringono su sterrati anche molto tecnici. La traccia deve quindi essere flessibile, prevedere alternative e un piano B in caso di imprevisti, cosa che cerco di avere sempre.

Da Santiago de Compostela a Costanza: oltre 4.000 km. Quanti spazi immensi dovrà afftontare Di Felice (foto Marta Baffi)
Da Santiago de Compostela a Costanza: oltre 4.000 km. Quanti spazi immensi dovrà afftontare Di Felice (foto Marta Baffi)
Una volta stabilita la traccia, come scegli la bici?

La scelta della bici è un compromesso tra velocità e comfort. Per chi punta alla classifica, come nel mio caso, la scelta ricade sulla bici da strada. Anche se ci sono settori gravel, ha più senso spingere su quei tratti e poi beneficiare di una bici più veloce e meno faticosa sull’asfalto. Le moderne bici da strada con freni a disco permettono di montare gomme fino a 32 millimetri, che offrono più comfort e stabilità senza compromettere troppo la velocità.

Tu farai così?

Sì, opterò per gomme lisce da 30 o 32 millimetri. Su asfalto rendono di più e danno maggiore sicurezza sui tratti sconnessi, specialmente in Italia, dove le strade non sono sempre in condizioni ottimali. Uscendo dal tema delle gomme, ma restando nell’ambito del setup, io monterò le prolunghe da crono. Queste permettono di essere più aerodinamici, in un certo senso essere anche più comodi e variare la posizione e ridurre l’affaticamento delle mani, un aspetto critico nelle lunghe distanze. Nelle prime esperienze di ultracyling i problemi maggiori li ho avuto proprio sulle mani. Potersi distendere su una superficie maggiore, gomiti e avambracci, aiuta moltissimo.

Come organizzi il bagaglio e l’equipaggiamento?

Obiettivo leggerezza, quindi meno peso significa più efficienza. E’ così per chi punta alla classifica. Personalmente avrò: due borse da bikepacking e un cambio extra bici. Io porto un solo pantaloncino di riserva, perché se si rompe una maglia poco male, ma se si rovina un fondello diventa un problema serio. Per la notte e il meteo, ho un kit essenziale: giacca antipioggia, gambali “a tre quarti”, manicotti, calze in lana merino, gilet per le ore più fredde, scaldacollo e guanti leggeri. Non porto sacco a pelo o tenda, sarebbe peso inutile. Al massimo, se non trovo un riparo, dormo su una panchina, ma cerco sempre di pianificare in anticipo dove fermarmi.

Il pedalare al buio e il sonno andranno ben calibrati (foto Marta Baffi)
Il pedalare al buio e il sonno andranno ben calibrati (foto Marta Baffi)
Ecco, Omar, hai toccato un altro tema interessante: la pianificazione delle soste. Come ti regoli?

E’ un aspetto fondamentale. Fino a qualche anno fa gli ultracyclist pedalavano fino allo sfinimento, poi si accasciavano ovunque. Oggi il livello si è alzato: è meglio fare 19-20 ore in sella a un ritmo elevato e 4 ore di sonno rigenerante piuttosto che trascinarsi per 24 ore senza dormire. Io studio molto il percorso prima del via e individuo già in linea di massima i punti dove potrei fermarmi. Poi al dettaglio li valuto sul momento ovviamente, qualcosa cambia sempre un po’. Uso Booking, Airbnb e Google per trovare alloggi disponibili, poi prenoto nel pomeriggio in base a dove penso di arrivare la sera. Se devo dormire poche ore, contatto l’host per trovare soluzioni rapide, evitando perdite di tempo con check-in e pagamenti che faccio subito. Così arrivo, trovo la chiave “sotto lo zerbino” o ho il codice per la chiave elettronica e via.

Quanto dormi?

Tre, quattro ore cerco di farle sempre. Per me dormire al caldo e fare una doccia sono due dogmi imprescindibili. Magari dormo solo per due ore, ma dormo. Mi aiuta a recuperare e a mantenere alte le prestazioni nei giorni successivi.

Quali sono i ritmi di gara in un’ultracycling come la Transcontinental Race? Prima hai parlato di velocità più elevate ai tempi d’oggi…

Nei tratti pianeggianti, con prolunghe e senza vento contro, si tengono i 35-36 all’ora come velocità crociera. Ovviamente il ritmo cala con il passare dei giorni, ma se vuoi essere competitivo devi mantenere un’andatura sostenuta e costante. Se non dormi e ti trascini, rischi di scendere a 21-22 all’ora o meno ancora. Un’altra cosa: nella pianificazione bisogna studiarsi, almeno io lo faccio, i negozi di bici. Ricordo che si è in autonomia e devi provvedere anche ad eventuali guasti, che possono essere da una banale camera d’aria in più perché hai finito quelle di scorta, a problemi più seri, magari al cambio… per dire.

Barrette e cibi energetici e soprattutto pasti rapidi, sono essenziali per chi punta alla classifica. Discorso diverso per chi la vive come un viaggio (foto Marta Baffi)
Barrette e cibi energetici e soprattutto pasti rapidi, sono essenziali per chi punta alla classifica. Discorso diverso per chi la vive come un viaggio (foto Marta Baffi)
In quanti giorni pensi di impiegare in questa edizione che, ricordiamo, va da Santiago de Compostela, in Spagna, a Costanza, in Romania?

Io punto a completare la gara in 9-10 giorni, che significherebbe essere tra i primi. E’ un obiettivo ambizioso, ma si può fare…

Cosa si mangia durante la gara?

Il principio è semplice: tutto ciò che è veloce, calorico ed efficace. E qui il paradosso: i fast food, che nella vita quotidiana evito costantemente, sono ideali: arrivi, ordini in pochi secondi, mangi in dieci minuti e riparti. In gara diventano un’opzione strategica. Oltre a questo, mi fermo ai supermercati e alle stazioni di servizio per comprare snack, barrette, frutta secca e tutto ciò che può darmi energia rapida. Se capita un pasto caldo, ben venga, ma il focus è perdere il meno tempo possibile e mantenere il corpo sempre rifornito.

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