Noi scriviamo spesso di viaggi, di avventure e di mobilità, ma c’è anche un altro modo (e in Italia in particolare rappresenta una fetta non da poco) di vivere la bici e il territorio, ed è quello delle gare. Soprattutto le gare di mountain bike. In tanti anni, grazie ad alcune delle marathon più belle, siamo arrivati in posti che mai avremmo pensato prima. Dalla cresta di confine fra Austria e Italia, al pedalare lungo le sponde del Lago di Venere, specchio d’acqua che si trova tre metri sotto il livello del mare nell’isola di Pantelleria a due passi dall’Africa. E uno dei mezzi, passateci questo termine, per poter intrufolarsi in questi luoghi particolari, di pregio naturalistico in primis, è il Trofeo dei Parchi Naturali.
Si tratta di un circuito sostanzialmente di granfondo e marathon. Un circuito che è un po’ l’emblema della MTB al Sud o Centro-Sud. Ma soprattutto è un circuito nato e cresciuto con determinati valori nel suo DNA: rispetto (per gli altri e per l’ambiente), condivisione, natura, sapori e persino cultura.
Ne parliamo con Luciano Ciminelli, il referente storico del Trofeo dei Parchi Naturali, nonché organizzatore di una delle marathon più antiche d’Italia, la Marathon del Pollino, che guarda caso si snoda all’interno del Parco Nazionale del Pollino, perla che già avevamo visto da vicino (in apertura foto Bike Rounder)


Luciano, intanto da quanti anni esiste il Trofeo dei Parchi?
Siamo a 23 anni di Trofeo, direi molti… Ce ne sono pochissimi in Italia con questa durata.
Come nacque quest’idea?
L’idea è nata per puro caso in un incontro durante una fiera per il turismo scolastico — io sono un maestro — a Genova nel 2002. Incontrai nello stand dell’Umbria un organizzatore di gara di mountain bike. Noi organizzavamo da poco a San Severino Lucano la nostra gara e mi venne l’idea di creare qualcosa. Ma qualcosa con chi aveva un certo territorio e aveva certe idee.
E come andò?
Ci siamo confrontati, abbiamo detto: perché non fare una cosa nuova? Una cosa interregionale? Ci siamo scambiati i numeri di telefono. Ritornato poi a San Severino ne ho parlato con Nicola Percenza e la Cicloteam Valnoce, che all’epoca era la società organizzativa prima della Pollino Bike. L’idea sembrava buona. Così abbiamo interpellato un terzo organizzatore, la Ciclomatori di Fondi, per allestire un trittico di tre gare in altrettante regioni. Da qui è nata l’idea di un circuito che abbiamo definito Trofeo dei Parchi Naturali, perché comunque il nostro era un Parco Nazionale, quello della Valnerina era un parco regionale e lo stesso la gara del Lago di Fondi.


Quando si viene alla Marathon del Pollino, emerge forte questo vostro concetto di uomo e ambiente, bici e natura. E lo stesso abbiamo percepito in altri eventi che sono stati nel circuito, pensiamo all’Etna Marathon, a quella del Salento o alla Castro X Legend… Questo concetto, questi valori, restano sempre al centro?
Certamente. Il nostro progetto è sempre quello della promozione di un territorio particolare, che ha una valenza naturalistica medio e elevata, in modo tale da non pensare solo alla competizione, ma anche a che cosa ci circonda durante la competizione. Abbiamo il piacere che il biker sia consapevole di dove pedala, di dove passa, di quello che vede. Questo è stato il nostro obiettivo iniziale, quello di far conoscere non solo una pista dove poter partecipare con una mountain bike, ma far conoscere tutto ciò che c’è intorno: il bosco, la natura, l’ambiente in generale, ma anche i sapori di quel territorio.
Quasi dimenticavamo: i sapori…
Tanto è vero che da qualche anno molte prove del Trofeo dei Parchi Naturali promuovono una ricetta del luogo, con prodotti che possono poi permettere al ciclista e alla sua famiglia di replicare questi gusti scoperti da noi o andando alla gara.
La tua Marathon del Pollino è attiva anche dal punto di vista culturale: negli anni ci sono stati concerti, mostre fotografiche… Questo è un approccio comune con gli altri organizzatori?
Diciamo che è un po’ il target che un organizzatore deve avere, o dovrebbe avere, per poter entrare nel Trofeo dei Parchi. Noi vogliamo sempre unire l’agonismo, la gara, lo sport con il territorio in modo concreto. Facendolo conoscere per quello che è. E nel limite del possibile anche della sua storia.


In questi anni i vari Enti Parco con cui avete collaborato, vi hanno riconosciuto qualcosa?
In alcuni casi, per onestà, devo dire che sono stati distanti, in altri sono stati più presenti. Poi non so se è una questione strategica o gestionale dei vari Parchi, oppure se anche a noi organizzatori manca la forza e l’empatia per entrare in sintonia con gli obiettivi di questi Parchi. Poi ogni organizzatore si muove a modo suo nella propria zona. Per il Pollino, per quanto mi riguarda, non ci sono stati mai problemi: né con le amministrazioni comunali, né con l’Ente Parco. Anzi, lo devo ringraziare… E anche tutti i Comuni dove ci siamo spostati negli anni. A proposito: quest’anno ritorneremo a San Severino Lucano per i 25 anni di attività della Pollino Marathon.
In tanti anni c’è stato un luogo toccato dal Trofeo dei Parchi Naturali che ti ha colpito e che incarna particolarmente bene i valori del Trofeo dei Parchi?
Ce ne sono stati molti luoghi che richiamano la mia memoria. Mi viene in mente la Sila Epic per esempio, anche se non è presente in questa edizione: il suo territorio merita sicuramente. L’Etna Marathon che pure negli anni precedenti ha fatto parte di questo circuito: sono luoghi importanti. La stessa Valnerina con cui siamo nati in origine. Ma può essere interessante anche un luogo molto urbanizzato come il Parco del Sele: alla fine queste località attraggono per l’empatia della popolazione, degli organizzatori. Noi siamo sempre alla ricerca di nuovi luoghi da far conoscere; il nostro obiettivo è quello perché l’Italia è bella tutta!
Hai detto della parola Italia. Il Trofeo dei Parchi Naturali è l’emblema della mountain bike al Centro-Sud, ebbene c’è stata mai l’idea di andare anche verso Nord?
In occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia facemmo una “All Star” con molte prove sia del Centro che del Nord. Ricordo che facemmo la finale a Montalcino. Vi accedevano i primi di categoria dei circuiti italiani. Andò avanti per un paio di anni. Piuttosto stiamo pensando all’idea di un percorso appenninico. Stiamo studiando un regolamento ma è difficile con le distanze che ci sono.


E’ chiaro, poi oggi i costi incidono molto nelle famiglie…
E poi ogni organizzatore si disegna il proprio circuito, sceglie un certo numero di tappe… In ogni caso, noi non vogliamo fare un discorso commerciale, ma deve essere un valorizzare qualcosa, perciò fino a quando non abbiamo un piano preciso preferiamo restare nel discorso del Centro-Sud. E in distanze più accessibili, che nel giro di 3-4 ore al massimo ti portano alla sede di gara. E comunque ci affacciamo anche al Nord o il Nord viene da noi, mettiamola così.
Coso intendi?
Per il secondo anno consecutivo una delle nostre prove organizza il Campionato Italiano Marathon: un bel segno di riconoscimento. L’anno scorso è toccato a Letojanni, in Sicilia, quest’anno è l’Aspro Marathon in Calabria.
Sempre alla ricerca di luoghi nuovi: la scoperta è il DNA della MTB e della bici, se vogliamo…
Ci stiamo muovendo finché ci sia una promozione. Quest’anno, per esempio, abbiamo inserito una nuova gara a Rionero in Vulture, la Marathon del Vulture. Anche lì l’ambiente dei laghi, ma anche il profumo dell’Aglianico possono sensibilizzare i gusti dei nostri atleti.
L’ultima domanda: gli atleti fanno gli atleti sempre oppure un po’ di gusto poi effettivamente se lo gustano?
Sì, sì… Al di là di quella percentuale agonistica, il grosso dei nostri partecipanti va per la gioia di fare sport, ma anche per la gioia di incontrare nuove persone, nuovi cibi, nuovi sapori. In questa missione forse ci siamo riusciti. Direi che abbiamo raggiunto l’obiettivo. Siamo più avanti di tanti altri!







