Qualche giorno fa si sono aperte le iscrizioni del Tuscany Trail, l’evento di bikepacking più grande d’Italia e, probabilmente, del mondo. Al via si radunano circa 6.000 ciclisti provenienti da ogni angolo del pianeta. E’ un vero spettacolo: un viaggio nella storia lungo le strade della Toscana, tra borghi, sapori e scenari iconici (tutte le foto di questo articolo sono di Tuscany Trail – MDR).
Ma perché il Tuscany Trail è così popolare? Perché piace così tanto? E qual è la sua magia? Domande che abbiamo posto al suo organizzatore, Andrea Borchi, un vero vulcano di idee, nonché tracciatore sopraffino. Ai tempi della nascita, quando l’evento era più orientato alla MTB, Borchi aveva disegnato di persona passaggi unici, capaci di portarti da un bosco a un borgo, lambendo persino un pollaio, per rendere l’idea.


Andrea, partiamo dalle informazioni di servizio. Com’è la situazione?
Le iscrizioni si sono aperte e lo resteranno fino a tutto gennaio, quindi c’è ancora tempo per iscriversi. Posso già dire che procedono alla grande. L’evento si terrà dal 20 al 26 maggio, con partenza e arrivo a Campiglia Marittima, in provincia di Livorno. Confermiamo quindi la location dell’anno scorso, che si è rivelata molto comoda e funzionale.
Perché questa scelta?
Perché abbiamo a disposizione un’infrastruttura enorme, praticamente un’intera area fieristica. Ci aspettiamo anche quest’anno circa 6.000 partecipanti e avere una struttura di questo tipo aiuta tantissimo. Ovviamente non partiranno tutti insieme ed è qui che entra una delle novità 2026: diamo la possibilità di scegliere giorno e ora di partenza, oltre a quando ritirare il pacco evento, mattina o pomeriggio. In questo modo ognuno può organizzarsi al meglio e noi possiamo segmentare le partenze. Non puoi venire al Tuscany Trail e fare a sportellate. Avremo così circa 1.000 persone al mattino e 1.000 al pomeriggio, poi lo stesso schema nei giorni successivi. Fin dall’inizio deve essere un’esperienza autentica, non di caos e confusione.
La chiusura resta comunque per tutti il 26 maggio?
Sì, perché il percorso è di 445 chilometri (5.300 metri di dislivello, ndr). Mediamente si impiegano 4 o 5 giorni, quindi con un centinaio di chilometri al giorno si rientra comodamente nei tempi. Tra l’altro oggi, con questi numeri e con l’avvento delle gravel, il tracciato è molto fluido. Non è tecnico. E 100 chilometri si fanno benone.
Non è più il Tuscany Trail degli inizi, quando era pensato per la MTB?
Assolutamente no. E non è stata una forzatura, ma un’evoluzione naturale, andata di pari passo con la diffusione delle gravel. Ora abbiamo trovato la quadra. Il percorso è ad anello, cosa che semplifica moltissimo la logistica e ottimizza i tempi dei partecipanti. In più esiste un percorso corto, di 150 chilometri, pensato per essere affrontato in due giorni. Se non te la senti di fare il lungo, ma vuoi avvicinarti a questo mondo, puoi partire da lì. E dal prossimo anno introduciamo anche il detour.


Detour: di cosa si tratta?
Molti partecipano al Tuscany Trail da anni e magari hanno voglia di vedere qualcosa di diverso, oppure hanno più tempo a disposizione. Il detour permette di godersi ancora di più la Toscana. Si può lasciare la traccia a Colle di Valdelsa e affrontare quello che qui si chiama il “giro pesca”, la strada lunga. Non devi fare nulla: la traccia si interrompe lì e la riprendi a San Gimignano.
E questo detour dove porta?
E’ il giro del Chianti. Si toccano tutti i borghi più noti: Radda, Gaiole, Greve… Puoi decidere sul momento se farlo oppure no. Ovviamente la traccia viene rivista ogni anno, ma non possiamo stravolgerla eliminando passaggi iconici come Siena, la Val d’Orcia o Cala Violina. Cambiamo i punti di accesso, rinnoviamo, ma non stravolgiamo.
Così date visibilità a sempre più territori della Toscana
Esatto. Bisogna considerare che dall’anno scorso abbiamo stretto un accordo strutturato con Regione Toscana. Il Tuscany Trail è documentato come l’evento sportivo che genera il maggiore indotto economico diretto sul territorio: oltre 20 milioni di euro. Numeri importanti, ma anche una grande responsabilità. Spostare 6.000 persone che pedalano, mangiano, dormono e fanno colazione richiede un lavoro enorme con il territorio.
Bici e territorio sono un connubio fortissimo, soprattutto con la gravel. Il Tuscany Trail incarna tutto questo?
Senza dubbio. Immaginate piccoli paesi che vedono arrivare 6.000 persone. E’ qualcosa che va visto per essere compreso. Ti metti sul percorso e per 4 o 5 giorni vedi passare ciclisti senza sosta. Il territorio va preparato. Per fortuna la Toscana ha fatto dell’accoglienza un punto di forza ed è pronta a questa sfida. E oggi c’è quasi una competizione positiva per essere il tratto più bello del Tuscany Trail.


Tutto questo nasce anche da un DNA ciclistico molto forte…
Sì. Oggi trovi bandiere del Tuscany Trail per oltre 400 chilometri, cartelli di benvenuto, persone che ti aprono il cancello di casa e ti offrono un caffè gratuitamente. Trovi agriturismi con il “buttadentro” che ti fa assaggiare l’olio, degustazioni di vino gratuite come a Castiglione della Pescaia, o iniziative incredibili come la mongolfiera in piazza a Montecatini Val di Cecina.
Un bikepacking si fa in autonomia, ma avete previsto delle convenzioni?
Ci sono i base camp, che sono stati un passo avanti enorme. Uniscono l’utile al dilettevole. Un paese come Paganico, in Maremma, vede passare 6.000 persone, che hanno bisogno di mangiare, bere e dormire, ma non ha strutture per ospitare migliaia di pernottamenti. Così nascono i base camp: aree messe a disposizione dalle amministrazioni dove si può dormire gratuitamente in tenda.
Come funzionano?
Vengono messi a disposizione bagni e, quando possibile, docce. In altri casi, come a Buonconvento, si dorme nel campo da calcio con accesso agli spogliatoi. Spesso è gratuito, altrimenti si paga un contributo simbolico di 5 o 10 euro. E’ un punto di ritrovo, dove la sera si racconta la giornata e si fa festa. Intorno al Tuscany Trail si è creata una sinergia reale.


Sinergia: Regione Toscana vi ha riconosciuto il patrocinio. Ma come coinvolgete la gente e le amministrazioni?
Ci muoviamo in prima persona andando sul posto. Ma non solo, l’anno scorso è successa una cosa storica: una call con il direttore di Toscana Promozione Turistica, Francesco Tapinassi, l’assessore Marras e 21 amministratori comunali. Una riunione con una partecipazione totale, cosa rarissima. Tutti riconoscono la bontà dell’evento.
Come spieghi questo successo, che va oltre i numeri?
E’ una formula semplice: impegno e costanza. Stringi i denti per tredici anni e i risultati arrivano.
Se dovessi spiegare cos’è il Tuscany Trail a un amico?
E’ una “figata” in bicicletta. E’ la gioia di pedalare in Toscana, una delle regioni più belle al mondo per farlo. Qui ci sono vere strade gravel ed è questo che ha fatto la differenza. Abbiamo sempre mantenuto la promessa fatta ai gravelisti.
In che senso, cosa intendi?
Gli diciamo: «Vieni in Toscana con la tua gravel e ti divertirai». E succede davvero. In altri eventi questo accade molto meno, perché non tutti i territori sono adatti. La Toscana lo è. E poi c’è il mood.


E qual è questo mood?
Chi fa gare spesso è molto esigente. Io dico chiaramente: «Se cerchi quello, se sei quel tipo di ciclista non venire al Tuscany Trail». Questo approccio diretto ha fatto sì che qui ci sia gente rilassata, felice, senza ansia da prestazione. Io davvero ne ho visti pochissimi arrabbiati per una qualsiasi motivo in tanti anni.
Quali sono le linee guida del percorso 2026?
Si parte e si arriva a Campiglia Marittima, in Val di Cornia. Si percorre un tratto di costa spettacolare passando da Cala Violina, poi Maremma e Paganico, quindi Val d’Orcia con Bagno Vignoni, Pienza, San Quirico e Siena. Ci si sposta verso Ovest: Colle di Valdelsa e San Gimignano. Poi ecco la Val di Cecina con Volterra, Montecatini Val di Cecina, Querceto e le strade grigie tipiche dell’area geotermica di Larderello, per rientrare infine a Campiglia Marittima passando da Suvereto.
Cosa lascia il Tuscany Trail al territorio?
Lascia consapevolezza. Non solo indotto economico, ma la percezione concreta che il cicloturismo ha valore. Le persone lo vivono sulla propria pelle: vedono arrivare ciclisti rispettosi, curiosi, attenti, che vogliono assaporare il territorio. E’ questo l’aspetto più importante, ed è riconosciuto anche a livello istituzionale.







