«Ragazzi, avete visto quell’uomo sotto gli alberi? Ma che ci fa sulla neve, in questa stagione?». In 2-3 si avvicinano un po’ timorosi a quell’uomo per chiedergli se sta bene e la riposta li lascia di sasso: «Sì, mi sto abituando alla Sila. La prossima settimana parteciperò alla Sila3Vette e voglio capire che cosa proverò a stare di notte in mezzo al bosco». «Ma sei pazzo? Da solo, qui, lo sai che girano anche i lupi in questa zona?». «Non sono pazzo, è un’avventura. Chiedete a Giuseppe Guzzo, è lui che la organizza». I ragazzi lo lasciarono lì, convinti della sua scarsa salute mentale, salvo poi ritrovarlo qualche giorno dopo a Camigliatello Silano, vestito di tutto punto per correre…
Quell’uomo è quasi un simbolo per la Sila3Vette, un pioniere di un evento creato nel 2017 da un professore calabrese – Guzzo per l’appunto – che voleva portare in Italia la magia dell’avventura sulla neve, della lunga fatica nel cuore dell’inverno, soli con se stessi, mettendosi alla prova. Guzzo aveva visto l’Iditarod, una gara che è molto più di questo, tanto da essere stata immortalata anche da documentari e film, raccontata da chi l’aveva affrontata anche trainando slitte di cani. Aveva visto anche una prova simile a Rovaniemi, a casa di Santa Claus, nei boschi secolari dove la leggenda di Babbo Natale è nata. Perché non fare qualcosa di simile, in Italia, sulla Sila, a casa sua?
Sila3Vette, più forte del covid…
Nacque così quella che oggi è rimasta quasi l’ultimo baluardo della sfida alla natura, capace di superare anche il Covid che ha fermato tanti eventi. La Sila3Vette è un raid che si svolgerà dal 21 al 25 febbraio e che vede impegnati nello stesso tempo podisti che corrono sulle tradizionali ciaspole, ossia le racchette da neve; sciatori di fondo; corridori specializzati nel dog endurance; ma anche, anzi soprattutto ciclisti, in sella alle loro fatbike con gomme enormi e supertassellate. La gara di Camigliatello Silano è una sfida con se stessi.
Nelle prime edizioni capitava spesso di andare a recuperare atleti in giro per i boschi («Un inglese aveva detto sicuro che non aveva bisogno di alcuna guida, che il percorso lo trovava da solo – raccconta l’organizzatore – infatti lo ritrovammo ai limiti dell’assideramento...»). Oggi però quella gara è anche diventata molto di più: è un volano per tutte le aspirazioni turistiche di un territorio che pochi sanno essere unico al mondo.
Da due anni a questa parte la Sila3Vette ha ampliato la propria proposta di tracciati (ben 5, aperti a qualsiasi grado di preparazione) con una proposta davvero estrema: 260 chilometri che congiungono la porzione di Sila cosentina a quella catanzarese. A raccontarlo è Saverio Bianco, che fra le sue mille attività ha anche quella di maestro di Mtb e che la Sila3Vette l’ha anche vinta, ai suoi primordi.
Sila, il polmone del Mediterraneo
Con Bianco andiamo quindi alla scoperta di un territorio che, Sila3Vette a parte, è un patrimonio naturale che va scoperto in qualsiasi momento dell’anno, anzi lontano dalle sue aspirazioni agonistiche è davvero terra di avventura, potendo garantire a chi la sfida esperienze uniche.
«La Sila è un altopiano granitico – spiega – in mezzo al Mediterraneo. Pochi sanno che è un pezzo di Alpi che all’epoca dello spostamento dei continenti andò a posizionarsi a sud congiungendosi ad altri lembi di terra, diventando quasi un paradosso geografico. Qui trovi oltre 200 chilometri quadrati di boschi, tra valli e laghi, uno dei polmoni verdi più estesi d’Europa.
«Il suo contesto spiazza chi viene a vederla. D’inverno ti sembra di essere nel Nord Europa ed è in questo contesto che si svolge la gara, ma nelle altre stagioni lascia comunque senza fiato. Hai paesaggi sterminati davanti agli occhi, la bussola può orientarti indifferentemente verso il Tirreno o lo Jonio, ma fatti pochi chilometri ti accorgi che il territorio cambia sempre, che quasi ogni minuto ti propone delle novità».
Alberi vecchi di 400 anni…
Una delle tante attrattive della Sila viene dal patrimonio botanico che essa contiene: «Pochi si soffermano a pensare che alcuni di quegli alberi che vedono al loro passaggio sono lì da oltre 400 anni. Attraversando la Sila si vedono pezzi di vegetazione straordinari, tanto che viene da chiedersi dove si è andati a finire… Ma anche la fauna è speciale perché non è per nulla raro vedere cervi, daini, caprioli ma anche il simbolo del Parco Nazionale della Sila: il lupo.
«In tante regioni il lupo è andato estinguendosi nel tempo, soprattutto a causa della massiccia urbanizzazione. Qui resta il padrone del territorio, evoca leggende e per certi versi smentisce anche tutta quella brutta fama che si è andata radicando nel tempo sul suo conto. Il lupo non è un nemico dell’uomo, ma bisogna rispettare il suo habitat».
Ore senza incontrare anima viva…
Il viaggio attraverso il percorso “Aria”, com’è stato nominato il tracciato lungo della gara percorre la Sila in verticale, toccandola nella sua interezza e le differenze sono notevoli.
«La parte catanzarese è la più selvaggia – racconta Bianco – possono capitare anche ore durante le quali si va avanti senza incontrare anima viva né trovare segni civilizzati e questo è qualcosa di unico nell’Europa di oggi. Si perde la cognizione del tempo, per questo, al di fuori della gara, è un tracciato che va affrontato con guide esperte e con ogni precauzione necessaria. Ma lo spettacolo ripaga di tutto…».
Tecnicamente la Sila si propone come un’ampia rete di itinerari tutti abbastanza accessibili a chi è avvezzo alla mtb, ma anche al ciclismo su strada: «I suoi sentieri sono larghi, adatti a tutti, anche a escursioni per famiglie. Un aspetto da considerare è che intanto si può affrontare anche d’estate, perché la vegetazione mitiga il calore e anzi dà benessere al corpo. Inoltre, al di fuori della parte più selvaggia, si possono stabilire percorsi che hanno sempre postazioni di partenza e arrivo che consentono di sostare comodamente e anche di assaggiare prelibatezze del luogo, il caciocavallo silano o le patate locali per dirne solamente un paio.
Una road-map con tutti i servizi
«E’ già esistente una vera e propria road-map del territorio silano, la Ciclovia dei Parchi della Calabria che copre ben 545 chilometri di percorsi ciclabili e che nel 2021 ha anche vinto l’Oscar del Cicloturismo. La rete comprende sia i percorsi della gara che tanto altro, dove sono indicati tutti i punti di ritrovo per mangiare e dormire, in modo da potersi allestire facilmente il proprio viaggio su due ruote, dai B&B alle Spa. Punti oltretutto ben attrezzati anche per la cura del mezzo. Chiaramente sono a disposizione dei ciclisti ma anche di chi fa trekking, molto diffuso da queste parti».
Un esempio di quest’opportunità è data dalla Pista Ciclabile della Sila, che parte dall’antica città di Bisignano portando vino al Monte Tiriolo dalla sommità del quale si vedono in contemporanea Adriatico e Tirreno. Nel mezzo, tantissimi luoghi di richiamo, dal Santuario di Sant’Umile a Bisognano al Centro Visita Cupone dedicato all’educazione ambientale, al villaggio di Silvana Mansio, costituito tutto da baite in legno.
Una nuova immagine della Calabria
C’è però un altro aspetto da considerare, per certi versi un merito che ha avuto la Sila3Vette: dare un’altra immagine alla Sila, fino a pochi anni fa sinonimo solo e unicamente di malavita e sequestri.
«La Calabria è una regione complicata – spiega Bianco – non possiamo negare quel racconto, quelle vicende che feriscono innanzitutto chi ci vive. Ma la Sila è anche molto altro, solo che non emergeva. La gente, tramite un evento così originale, ha iniziato a capirlo. Ha trovato una popolazione disponibile, lavorativa e accogliente. Ha scoperto luoghi incontaminati e maestosi. Tanti, venuti per la gara, sono poi tornati, per vivere la Sila con un ritmo più lento, senza il cronometro, mettendo alla prova ogni proprio senso. Provando un intimo senso di gioia».