Ne ha fatta di strada il movimento scout da quando il suo fondatore Robert Baden-Powell lo fece nascere agli inizi del secolo scorso, per poi divenire il più grande movimento al mondo di educazione non formale. Ma di strada ne hanno fatta tanta anche Florian Coupé, Pierre Lesourd ed Antonin Savoye, tre giovani scout francesi che nel 2023 hanno intrapreso un’impresa straordinaria: la Cyclodissée, un viaggio in bicicletta da Parigi alla Corea del Sud, in occasione del 24° Jamboree Mondiale degli Scout.
Questo evento, che riunisce decine di migliaia di scout da tutto il mondo, è stato la meta finale di un’avventura che ha unito sport, esplorazione, solidarietà e valori intrinsechi al movimento dello scoutismo.
Un viaggio, un film
Ora è pronto il documentario di questa epopea, tanto che abbiamo contattato Florian, l’ideatore del progetto, tra una data e l’altra in giro per l’Europa, e non solo, per promuoverlo (per dire, oggi e domani è in Tunisia). Ma prima spieghiamo di cosa si è trattato.
L’idea di un viaggio in bicicletta da Parigi alla Corea del Sud è nata dalla volontà di unire due passioni: lo scoutismo e il ciclismo. Florian, ingegnere attivo nel campo della transizione energetica, era il più esperto, avendo avuto altri cicloviaggi alle spalle. Pierre e Antonin, invece, all’epoca del viaggio erano poco più che ventenni, ma ben determinati. Tutti e tre, membri attivi del movimento scout francese, hanno deciso di trasformare il loro sogno in realtà, utilizzando la bicicletta come mezzo per promuovere i valori dello scoutismo: fratellanza, rispetto per l’ambiente, servizio e scoperta delle culture.
Lungo la Via della Seta
E così il viaggio è iniziato a Parigi nel mese di gennaio per concludersi ad agosto a Saemangeum, in Corea del Sud. 220 giorni, 17 Paesi e, per la precisione, 15.606 km dopo. Nella prima parte del viaggio i tre hanno attraversato l’Europa fino alle sponde del Mar Nero, dove si sono imbarcati per poi riprendere a pedalare nel Caucaso. Qui è iniziata l’avventura vera, con la neve delle montagne a metterli alla prova e una cultura diversa da quella occidentale.
Il viaggio è proseguito verso l’Asia sulle orme di Marco Polo. L’Uzbekistan con Samarcanda ed i suoi giochi di luce al tramonto. Poi la Russia (dopo aver faticosamente ottenuto il visto di transito) e la Mongolia. Questa parte del percorso è stata particolarmente impegnativa, con condizioni climatiche estreme, paesaggi vasti e desolati e lunghi tratti di strada solitaria. Tuttavia, è stata anche una delle più gratificanti, grazie all’ospitalità delle comunità locali e alla bellezza della natura incontaminata.
Uniti nelle difficoltà
Dato che nel documentario de La Cyclodissée si sottolinea come l’obiettivo del gruppo dovesse essere anteposto alle loro tre individualità, abbiamo chiesto a Florian se la loro formazione di scout ha inciso nel superare i momenti di difficoltà.
«Sì – risponde – si tratta dell’aspetto collettivo che si ritrova nello scoutismo e in altri movimenti sportivi. Ma non solo, credo che lo scoutismo ci abbia dato anche un senso di curiosità e di intraprendenza per trovare la nostra strada e risolvere i problemi».
In Mongolia, i tre ciclisti hanno vissuto un’esperienza unica, pedalando attraverso steppe infinite e dormendo sotto le stelle. Qui hanno potuto apprezzare la semplicità della vita nomade e la generosità delle persone, che li hanno accolti come fratelli.
E poi l’arrivo in Corea del Sud (bypassando quella del Nord con un aereo dalla Mongolia). L’ingresso al Jamboree è stato un momento di grande emozione per Florian, Pierre e Antonin, che hanno potuto condividere la loro esperienza con migliaia di scout provenienti da tutto il mondo (foto di apertura di Jean-Pierre Poteau). Il Jamboree, con i suoi workshop, attività e momenti di condivisione, è stato, quindi, il coronamento di un viaggio che ha unito sport, cultura e valori alla base del mondo scout.
Sulla strada giusta
Un viaggio così epico è difficile da riassumere in un documentario di un’ora, figuriamoci in un’intervista, però una curiosità ce l’abbiamo. Qual è stato per Florian l’aneddoto che più porta nel cuore di questa Cyclodissée, sia esso legato ad un incontro speciale o ad un momento di difficoltà o chissà che altro…
«Mi viene in mente un aneddoto – risponde sollecitando la nostra curiosità – che non compare nel documentario. Durante quei sette mesi non abbiamo incrociato molti altri cicloviaggiatori. Ma un giorno, nel deserto di Mangystaou, in Kazakistan, dove stavamo affrontando il vento, ci siamo fermati per la notte vicino a una chaikhana (le case del thè tipiche dell’Asia centrale, ndr). Sulla porta di questo ostello abbiamo trovato gli adesivi di altre due spedizioni ciclistiche che ci avevano preceduto: “Bike up and down”, un giro del mondo contro la malattia mentale, e “Roxy e Tommy on the road”. Non era un periodo facile e ci ha rincuorato vedere che fossimo sulla strada giusta».
E ora… in Italia
Se la loro storia ha solleticato il vostro interesse, sappiate che proprio ieri è uscito un calendario di date imminenti in cui Florian Coupé sarà in Italia per raccontare l’esperienza della Cyclodissée. Gli eventi si terranno dal 9 al 18 febbraio e sono curati dallo scout Emanuele Locatelli. Sulla sua pagina Facebook Fedeli e Ribelli saranno pubblicate le locandine di ogni incontro lungo la Penisola.