SAN QUIRICO D’ORCIA – Capita che una mattina d’autunno ci si ritrovi a scendere con 4 gradi alle primissime luci dell’alba, in una valle che è ancora scura. Quello è il momento più freddo e forse anche più duro della giornata. Quale giornata? Quella che abbiamo vissuto alla Val d’Orcia Gravel (in apertura foto Racephoto.it).
Lasciata la macchina a San Quirico, man mano il gruppo si radunava lungo la Via Cassia per raggiungere la partenza, nell’incantevole scenario di Bagno Vignoni. La sua immensa vasca termale, tanto amata già dai Romani (figuriamoci se se la lasciavano sfuggire), fumava al gelo del mattino. Sulle bici le luci accese, sul tavolo sotto al portico caffè e cornetti. Dalla bocca nuvolette di vapore, mani e cosce congelate.
Si parte: alba e freddo
Questo freddo è forse l’unico vero “schiaffone” della Val d’Orcia Gravel, perché poi è stato un viaggio sontuoso, divertente, gustoso e a tratti anche adrenalinico. Mauro Pieri e il suo staff di Orso on Bike hanno preparato un piatto luculliano nel vero senso della parola.
Eh sì, perché i quattro percorsi previsti, ognuno con distanze diverse, prendevano i nomi di Luculliano (135 km), Gustoso (114 km), Saporito (70 km) e Goloso (35 km). Insomma, ce l’hanno cucinata bene!
Prima abbiamo scritto “incantevole scenario”. Ebbene, rischiamo seriamente di essere ripetitivi, perché sin dalle prime pedalate ogni cosa è apparsa tale. A partire dal vedere accendersi la Val d’Orcia: prima il chiarore in cielo, poi il rosso dell’alba, quindi il giallo sulle colline più alte, infine il bianco, a tratti quasi accecante, delle sue strade.
Si parte e si fa presto amicizia. Bastano pochi chilometri per scaldare le mani e le gambe congelate. Alla prima salita già sentiamo il bisogno di slacciare la mantellina. La scelta di soffrire un po’ all’inizio si rivelerà vincente. Un primo strappo ci cattura: il gruppo si allunga, i cambi scricchiolano e, in controluce, la polvere fa sembrare tutti noi ciclisti delle sagome nere che ondeggiano di spalle. Questo è stato un primo flash che ci ha lasciato uno scossone.
Borraccia addio
Dopo un po’ conosciamo Fabio. Camiciona a quadri svolazzante, pedalata rotonda e una bella bici. Lui di freddo non ne ha e si vede.
«Che bella», gli diciamo noi. E lui: «Eh sì, è proprio una bella giornata». «Sì – replichiamo – vero, ma ci riferivamo alla tua bici». Aveva una bella bici argentata, con ruote in carbonio. Iniziamo a parlare: da dove vieni, dove pedali, eri biker o stradista… Poi all’improvviso una svolta secca ed eccoci su uno sterrato anche relativamente tecnico. E Fabio lancia praticamente uno slogan: «Il gravel è improvvisazione».
Ci ritroviamo a lottare con sassi grossi, pendenza a doppia cifra e un filo d’erba che diventa una manna su cui salire… se ci si riesce a stare. Poco dopo, ecco la prima vera discesa. Un paio di tornantoni, due canali di scolo da saltare, qualche salto. In un attimo passiamo da “che bel paesaggio” a “ma quanto è figa questa discesa”. Ci eravamo imposti di godercela lentamente, ma poi ci facciamo prendere la mano. Molliamo i freni, ci tuffiamo “allegrotti” e in qualche caso sganciamo anche il pedale interno. La polvere ci avvolge, ma noi ridiamo. E siamo felici.
Felici un po’ meno quando ci accorgiamo che la borraccia non c’è più! Andiamo per prenderla e… il vuoto. Persa in qualche salto, su qualche sasso. Poco male. A Monticchiello c’è un ristoro. E che ristoro!
Bruschetta o crostata?
Il borgo è una perla. Case con rocce color ocra scuro in questo lembo di Toscana che s’intonano perfettamente col paesaggio. Boutique che vendono vino e formaggi e la porticina del nostro ristoro. A prima vista sembra la sagrestia della chiesa. Una signora col sorriso ci porge del tè caldo, ma anche acqua, vino…
Dopo aver preso l’acqua, visto che eravamo senza borraccia, ci facciamo apporre il timbro e iniziamo a sbirciare tutto quel ben di Dio: bruschette con olio “novo”, uova sode, torte, crostate… La scelta è ardua: crostata o bruschetta? Alla fine agguantiamo un pezzo di crostata e ripartiamo. Poco dopo però, appena inizia la discesa e il vento arriva negli occhi, la malaugurata notizia: gli occhiali! Dimenticati al ristoro. Giro di bici e su di nuovo in salita. Prendiamo gli occhiali, ma anche la bruschetta!
Il sole adesso è alto. La Val d’Orcia si estende sotto e intorno a noi, a seconda che ci si trovi su una collina o in basso. E’ un panorama a 360 gradi. Sei felice di esserci, di farne parte. Dai un occhio alla strada perché non puoi distrarti, e uno intorno. Rivedi Pienza, Monticchiello, dove eri già stato, e poi in lontananza vedi Castiglione d’Orcia, dove invece devi ancora arrivare. Una cosa fantastica è vedere dall’alto qualche piccolo ciclista colorato avanzare lentamente sulla strada bianca. O al contrario, vederlo dal basso stagliarsi contro l’azzurro del cielo.
Benedetti ceci
Un aspetto molto bello della Val d’Orcia Gravel è il fatto che lo sterrato sia tantissimo. Di solito si equipara con l’asfalto, o è anche meno, ma qui siamo su percentuali superiori al 75-80 per cento. Eppure è un tratto d’asfalto a farci congiungere con i ragazzi della Chianti Gravel. Loro sono di Greve, zone più a nord rispetto a quelle in cui siamo.
«Questo è gravel puro, da noi è più tecnico, un po’ più scassato», ci dicono. Ma la cosa bella è ascoltare le loro battute da toscanacci puri. Ogni tanto uno prende il largo, poi qualcun altro si stacca. Al termine dei segmenti sterrati si riuniscono. Ad un bivio aspettano uno di loro che, non appena arriva, scappa via… Vi lasciamo immaginare i commenti.
I chilometri passano. Le colline ci regalano il meglio della Val d’Orcia: enormi distese arate color ocra, polvere, paesaggi brulli e filari di cipressi. Di tanto in tanto però si attraversano vigneti e uliveti. Qui si sente il rumore degli abbacchiatori che staccano le olive dai rami. I contadini si fermano e ci salutano. Ma qui sono abituati a vedere tanti ciclisti e non sono affatto stupiti come ci è capitato di notare in altre occasioni.
Castiglione d’Orcia si fa desiderare. La salita è dolce ma infinita. Sarà che la fame inizia a farsi sentire. Il ristoro però è di nuovo un’esperienza a cinque stelle. Volete conoscere il menù? Tutto quello di prima, quindi crostate e bruschette… ma anche pane con tonno e burro, zuppa di ceci, salame, polenta con salsicce, vino, formaggio di Pienza… La nostra scelta ricade sulla zuppa di ceci. Due bei piattoni al sole, seduti a sbirciare le bici vicine alla nostra nuovissima, ma già impolveratissima, Bianchi Arcadex Al.
Paesaggi e rasoiate
Ma se il ristoro è dolce, la ripartenza è feroce. Le rampe che conducono a Rocca d’Orcia sono violente, anche perché ormai i chilometri non sono pochi e nemmeno il dislivello. Ecco che arriva un pezzo d’asfalto, fa quasi piacere sentire scorrere così bene la bici. Ma dura poco. A Bagno Vignoni ecco la “sorpresa”.
La salita è impetuosa. Pieri ci aveva avvertito la sera prima: «Quando pensi di stare andando piano, vai ancora più piano. Il finale non perdona». Si passa davanti alla tenuta senese dove il giorno precedente si era tenuta una degustazione di vini. Adesso ci si arrampica sulla strada al 15 per cento, che poi diventa anche di più. Pensate che, per non permettere che venisse distrutta dall’acqua, hanno cementato la sede stradale… e da queste parti non è cosa da poco visto che siamo nel patrimonio Unesco.
Il sudore gocciola sul manubrio. La scelta di aver sofferto il freddo all’inizio è stata azzeccata: se avessimo messo calzamaglia e giubbino invernale, ci saremmo squagliati. Cerchiamo un rapporto più leggero, ma ahinoi… non c’è. Sono finiti. E allora tocca a noi. Gambe e coraggio.
Scolliniamo con uno dei ragazzi di Greve in Chianti. «Credo che ce l’abbiamo fatta. San Quirico è quello laggiù. Io mi fermo, aspetto i ragazzi». Noi continuiamo. Siamo troppo sudati per fermarci. Tiriamo su la zip e ci tuffiamo per l’ultima planata. Stavolta c’è anche l’erba e sembra quasi MTB, ma il sentiero è divertente e sicuro.
Arrivederci Val d’Orcia
Nonostante la fatica c’è ancora la forza per guardarsi attorno e scorgere i famosi cipressi in cerchio che da tutto il mondo fotografano. Una statua di Tazio Nuvolari, il grande pilota delle prime Mille Miglia, ci dà il benvenuto a San Quirico d’Orcia. Di certo siamo più lenti del “Mantovano Volante”, stiamo per concludere questo viaggio. L’ingresso in paese lo viviamo come i corridori del Tour de France quando arrivano a Parigi e sfilano sugli Champs Elysées . Sentiamo lo speaker tra i vicoli del paese e poi vediamo lo striscione con scritto “Arrivo”.
Quasi quasi ci dispiace che sia finita. E allora scatta subito la voglia di raccontare. Di dire a casa com’è andata, di far sapere agli amici ciclisti come sono i percorsi e a voi lettori come trasmettere le nostre emozioni. Scendendo nella zona del villaggio facciamo lo slalom tra i turisti. Ieri eravamo noi a goderci un bicchiere di rosso seduti in piazza e le castagne nel cartoccio.
All’arrivo ritroviamo Fabio. Ci facciamo un bicchiere di vino insieme, vicino al banchetto dei finisher. Estraiamo il road book. Ci facciamo mettere l’ultimo timbro e ci consegnano la medaglia: un tappo di sughero legato con un filo grezzo. Un premio verace, per un paesaggio che, grazie anche alla bici, resta verace. Cara Val d’Orcia, torneremo senz’altro.