Un video da cui tutto parte. Profilo Instagram di Moreno Moser, 35 anni, ex ciclista professionista, vincitore di grandi corse, 38.799 follower e prossimo alla laurea in Design della Comunicazione all’Istituto Europeo di Design. Da qualche tempo il trentino ha deciso di andare nuovamente alla ricerca della miglior condizione, ve lo abbiamo già raccontato. E nel corso di questa progressione, il 24 ottobre ha pubblicato un video che lo mostra mentre pedala lungo una ciclabile.
«Per tutta la carriera ho assecondato le mie sensazioni in sella – scrive – per trovare la posizione in bici, soprattutto sulla posizione delle tacchette, trovandomi a pedalare con i piedi molto a “papera”, con i talloni che sfioravano su pedivella e telaio. Ultimamente sto un po’ forzando per rimettere i piedi dritti, e dopo qualche uscita scomoda ora mi sento molto meglio. La spinta sui pedali è tornata 50% dx 50% sx e sono piú dritto. Conclusione: NON SEMPRE i segnali che il nostro corpo ci manda sono quelli giusti».
Una riflessione del genere non si poteva far cadere nel silenzio e meritava un contraltare all’altezza. Per questo ci siamo rivolti ad Alessandro Colò, ingegnere, biomeccanico, uno dei fondatori dello studio Body Frame a La Spezia, in cui un pool di esperti si occupa di biomeccanica, osteopatia, preparazione, tecnica ortopedica e nutrizione. Con lui avevamo già parlato di posizionamento delle tacchette, ma la riflessione di Moser ci spinge a fare un passo in più.


I pedali e la sella
Fra le annotazioni fatte nella riunione di redazione in cui abbiamo iniziato a parlare di questo tema, Alberto Fossati ha fatto notare che Moser nel frattempo è passato a una sella di Selle Italia da 145 millimetri, che scarica il peso molto in avanti. Questo potrebbe incidere sull’angolazione delle tacchette?
«Non so che sella usasse prima – ragiona Colò – ma a parità di livello, non è la sella che ti porta a spostare la tacchetta. Se prima usava una sella da passeggio e ora usa una sella da corsa, allora è un conto, ma non credo proprio che sia il caso (sorride, ndr). Io non legherei questa scelta al modello di sella, se non per il fatto che avanzando di molto la posizione, qualcosa può cambiare. Come sempre quando si parla di biomeccanica, c’è la soggettività della persona. I ciclisti non sono macchine, ma esseri umani. Ognuno è un po’ diverso dall’altro e risponde a modo suo. Qui l’argomento principale è come regoli l’angolo del tacchetto e perché».


E allora affrontiamolo…
Tutti i tacchetti hanno un angolo di impostazione. Oltre all’angolo con cui si montano sulla scarpa, c’è anche un angolo di libertà dato dalla molla del pedale. Quindi si fissa una certa posizione del tacchetto, poi a seconda del pedale, c’è un gioco oppure il pedale può essere fisso. Secondo me, quello che dice Moser è che prima era stato impostato in bicicletta seguendo la naturalità dei suoi piedi che portavano a una posizione interna dei talloni. Adesso invece ha un po’ forzato la cosa non seguendo più la sua naturalità, ma impostando il tacchetto forzatamente e un poco per volta ha raddrizzato i piedi.
Moser parla di qualche uscita scomoda e poi del comfort ritrovato.
E’ giusto farlo per step. Se c’è un ciclista che pedala con i piedi a papera, non si può portargli i piedi sull’esterno di un centimetro su ogni lato dall’oggi al domani. Quasi sicuramente infatti avrebbe dei problemi tendinei, quindi va fatto un po’ alla volta.
E’ credibile che un professionista non sia stato messo in selle ricercando la massima efficienza?
Se il piede sta dritto, è tutto più in linea e c’è meno dispersione di energia. Forse chi l’ha messo in bici quando era un corridore ha avuto paura a fargli una modifica del genere. Hai davanti Moser, un talento emergente, se sbagli è un bel problema. Invece adesso Moreno non perde niente a fare tutte queste prove, il rischio di trovarsi male è quasi zero. Alla peggio si infiamma un po’ il ginocchio, sta fermo cinque giorni e riparte. Quando lavori con i professionisti c’è sempre un po’ di paura di combinare qualche guaio.
E’ possibile che Moser abbia deciso di fare questo passaggio perché pedala molto meno di un tempo e i rischi di infiammazione sono al minimo?
Se non esageri nelle quantità, non ti succede niente: è una regola generale per tutti i ciclisti. Ad alcuni tuttavia basta anche poco per soffrire di problemi articolare, anche fossero solo otto ore a settimana. E’ anche vero che se la modifica avviene un po’ per volta, si può far diventare normale una posizione più raddrizzata. L’ho fatto con dei giovani atleti, modificando l’angolo di mezzo grado ogni mese e alla fine sono arrivati alla posizione migliore.


E se abbiamo a che fare con un ciclista meno specializzato e meno attento al millimetro?
Alla prima visita non farei nulla, anche rendendomi conto di un’eventuale anomalia. Però ci parlerei, chiederei quali sono gli obiettivi e da lì prenderei una decisione. Se lo scopo è pedalare per sentirsi in forma, allora va bene non fare niente. Altrimenti si può impostare un percorso, variando l’angolo per piccoli gradi e facendo verifiche periodiche. Al limite, se quello è l’obiettivo, si può pensare a un tacchetto fisso, in modo da tenere il piede nella posizione voluta, spostandolo nell’incontro successivo.
Questa rotazione incide soltanto sulle articolazioni oppure anche su alcuni distretti muscolari?
Se gli angoli sono piccoli, la modifica incide principalmente sulle articolazioni. Se iniziamo a modificare un piede di 5-10 gradi, allora anche i carichi muscolari sul quadricipite potrebbero variare, facendo lavorare di più il vasto mediale. Ragionando al contrario, se ci rendessimo conto che un ciclista lavora con uno squilibrio muscolare nella gamba, potremmo essere noi a proporgli di intervenire sulla posizione del tacchetto.
Tutto questo vale anche nel gravel?
No, nel gravel e soprattutto nella mountain bike, il piede è molto più libero: quantomeno su tutti i pedali Shimano è così, non lo puoi bloccare. Esiste un modello di tacchetto Crankbrothers con cui puoi bloccare il piede, però non è mai fermo come sulla bici da strada. Nel fuoristrada, soprattutto quando si fanno percorsi in single track, hai bisogno anche di spostare le caviglie e in questo caso sconsiglierei di bloccare il piede. Va bene lo stile, ma ricordiamoci l’efficienza e la sicurezza.







