«Il Molise esiste eccome». Così attacca Maurizio Storari, l’organizzatore della prima edizione del Molise Trail, svoltasi durante il ponte di Ognissanti. Del resto, il claim della manifestazione era stato proprio “Vieni a scoprire la regione che non esiste”, giocando con una punta di autoironia su un noto luogo comune.
Maurizio, com’è andata questa prima edizione del Molise Trail?
Entusiasmante ed avvolgente. In questi giorni stiamo ancora leggendo i messaggi e le testimonianze che arrivano sui social e via mail, anche da persone che non ci conoscevano. Quello che emerge più di tutto è l’emozione che il Molise ha lasciato nel cuore di chi è venuto.




Cosa ha colpito di più i partecipanti?
Senza dubbio l’accoglienza. Tutti ne hanno parlato come di qualcosa di unico. L’accoglienza dei molisani ha toccato il cuore a molti, forse perché oggi non siamo più abituati a un’ospitalità così genuina. Ci sono stati episodi bellissimi: la signora che scende in strada per offrire un caffè o un letto, i cacciatori che si fermano incuriositi perché non avevano mai visto ciclisti in bikepacking. E poi i tratturi… E’ una regione autentica, ancora intatta, che sorprende chi la attraversa.
Anche i paesi si sono mobilitati per accogliere i ciclisti?
Sì, abbiamo coinvolto i comuni e sollecitato le pro loco, e alcuni hanno risposto con entusiasmo. I due campi base di Sant’Elia a Pianisi e di Torella del Sannio non erano solo luoghi di sosta, ma veri e propri momenti di socialità. Qui, le comunità locali hanno preparato le cene e le colazioni per due giorni consecutivi. A Petacciato (Campobasso, ndr), il villaggio base di partenza e arrivo, l’accoglienza è durata quattro giorni, con musica folk, piatti tipici e la possibilità di pernottare sul posto.




C’è stato anche un percorso più breve, di 85 chilometri, pensato per chi si avvicina al mondo del trail…
Sì, il “cortissimo” di una giornata, nato per dare la possibilità ai neofiti di avvicinarsi a questo mondo senza affrontare subito il bikepacking e le notti all’aperto. Si partiva dal villaggio la domenica e si tornava nel pomeriggio, condividendo gli ultimi 40 chilometri con chi rientrava dai percorsi lunghi. È stato bello vederli pedalare insieme, chi stanco ma felice dopo tre giorni e chi alla sua prima esperienza. Molti di quei neofiti che chiedevano consigli a chi ha fatto i tracciati del trail, sono sicuro, l’anno prossimo affronteranno il percorso corto (che quest’anno era di 200 chilometri, ndr).
Quanti erano complessivamente i partecipanti?
Abbiamo avuto quasi 400 iscritti, numero chiuso compreso, di cui una cinquantina sul cortissimo. Una cifra importante per una prima edizione e per una regione che fino a oggi era fuori dai circuiti più noti.




Pochi giorni dopo vi siete ritrovati a Milano per il weekend Trail di Upcycle. Che atmosfera avete respirato?
E’ stato piacevole, sia per ritrovare i partecipanti sia per confrontarci con altri organizzatori. Upcycle è strutturato in modo intelligente: la mattina ci sono momenti di formazione e analisi dei dati a cura dell’MSP Ciclismo (l’ente che promuove gli eventi bikepacking in Italia, ndr), utilissimi per programmare la stagione successiva; il pomeriggio si apre invece al pubblico e agli appassionati, con presentazioni e incontri diretti. E’ un modo per fare rete e per capire come sta evolvendo il movimento.
Che tendenze sono emerse da questo confronto?
C’è un’invasione di stranieri, con un aumento del 45% di iscritti dall’estero nel 2025 rispetto agli anni precedenti. Al Sud si sta ancora partendo, ma Lazio, Puglia e Calabria stanno cominciando a entrare in gioco. Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Friuli restano le regioni più attive. E’ un trend in crescita, mentre le granfondo su strada mostrano un calo evidente.






A tal proposito, credi sia azzardato ipotizzare un travaso tra il mondo delle granfondo e quello dei trail?
Allora, sono mondi completamente diversi: non c’è sovrapposizione. Le granfondo vivono di competizione e di tempi cronometrati, i trail di scoperta e lentezza. Noi non abbiamo classifiche, non chiudiamo il traffico, non celebriamo chi arriva primo. Il trail è un’esperienza, non una gara. Però se la domanda è se ci possa essere un cambio di mentalità in chi va in bici, ti posso rispondere che c’è una fetta di ex granfondisti che si stanno avvicinando a noi. Io stesso ne sono l’esempio: partecipavo alla Nove Colli, alla Maratona delle Dolomiti, alla Hero… e poi mi sono innamorato dei trail. Del resto quando andavo alle granfondo era per scoprire un territorio, non per gareggiare.
Ci sono già novità per l’edizione 2026?
Sì, apriremo le iscrizioni il 21 novembre con una finestra scontata fino al 2 dicembre da prendere al volo, poi di nuovo dal 10 gennaio. Non ci sarà numero chiuso perché tanti paesi vogliono entrare nel circuito: il Molise ha capito il valore di questo evento. I Comuni che prima ci guardavano con curiosità ora ci cercano, consapevoli che il Molise Trail è un modo concreto per far conoscere il territorio. E questa, per noi, è la vittoria più grande.







