A suo modo Bologna ha segnato un evento storico per coloro che si battono per città più sicure e a misura di ciclista (e pedone), diventando la prima grande città italiana a 30 all’ora. Certo, se guardiamo alle realtà nordeuropee o alla Spagna dove addirittura un intero Stato è diventato una grande zona 30 (dal 2021 tutte le strade urbane con una corsia per senso di marcia hanno ora tale limite), ci rendiamo conto che una volta di più all’Italia tocca inseguire, ma almeno la rincorsa si spera sia partita.
Primi passi nel 2021
Avevamo sfiorato l’argomento l’altro giorno nell’intervista al vice-presidente di Fiab, Giuliano Giubelli, tanto che abbiamo voluto approfondire il discorso sul capoluogo emiliano proprio con lui che, tra l’altro, vive poco lontano, essendo di Ferrara.
«La cosa di per sé è molto positiva – spiega Giubelli – soprattutto se consideriamo l’esposizione dell’Amministrazione che ha programmato investimenti per oltre 24 milioni di euro. Queste iniziative costano non solo dal punto di vista degli interventi strutturali (poiché non è sufficiente cambiare un cartello da 50 a 30), ma anche in comunicazione. Un dialogo costante con il singolo commerciante, artigiano, cittadino che esprime le sue esigenze. Il cammino di Bologna è cominciato da lontano, almeno dal 2021 (si era in piena pandemia, ndr). Poi sono partiti con la sperimentazione lo scorso mese di luglio. E la “bomba” è esplosa agli inizi di quest’anno perché dal 16 gennaio sono cominciate ad arrivare le prime multe per eccesso di velocità».
Meno incidenti, nessun morto
In particolare ha fatto scalpore la multa rimediata da un conducente che, in una strada dove c’è una scuola elementare, andava ai 39 orari.
«La sanzione (ridotta, ndr) è stata di 29 euro e la questione si sarebbe esaurita lí, se non fosse che il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha colto l’occasione per dire cose molto di pancia… In realtà mi risulta che le multe giornaliere a Bologna sulla questione dei 30 orari si aggirino su una media di tre al giorno, un numero del tutto sopportabile. Tenuto conto che statisticamente il 73 per cento delle collisioni stradali avviene in ambito urbano, dico che tutto ciò che va a contrastare la Città 30 è pretestuoso ed ideologico, non viceversa.
«Dati non ce ne sono ancora e per avere un’analisi più completa occorrerebbe una casistica di almeno sei mesi. Tuttavia in questo primo bimestre del 2024 mi risulta che gli incidenti siano diminuiti del 21-22 per cento e in più non c’è stato alcun morto, rispetto ad uno nello stesso periodo del 2023».
La salute al centro
Dicevamo della comunicazione. L’Amministrazione bolognese guidata dal sindaco Matteo Lepore ha lanciato un sito ad hoc www.bolognacitta30.it in cui si spiega il concetto di Città 30, che va ben al di là del limite a 30 chilometri orari.
«E’ una città che si trasforma – vi si legge – per diventare più silenziosa e più spaziosa. Per avere strade sicure e curate, nuove aree verdi, piazze pedonali e piste ciclabili. Attraversamenti tranquilli per le persone anziane e con disabilità, spazi protetti per i bambini davanti alle scuole, un traffico più fluido per tutti i mezzi. E’ una città che mette al centro la salute delle persone e punta ad azzerare le morti in strada».
Inoltre, sempre sul sito, c’è anche una sezione dedicata alle risposte alle domande frequenti. Ce ne sono ben 63 per convincere (o almeno tentare di) anche il più scettico degli scettici. A 30 all’ora si danneggia il motore dell’auto? È solo un modo per multare di più e fare cassa? Aumenteranno le code e gli ingorghi?
Infine c’è persino un kit di attivazione per diventare ambasciatore/ambasciatrice di Bologna Città 30, mettersi in contatto con altre persone del proprio quartiere che hanno sposato la causa e… fare rete.