Il pavè fa parte della storia del ciclismo, con la sua epicità, le sfide raccontate e le storie dei dietro le quinte. Per molti è un’avventura, una scoperta e una ricerca del limite. Le manifestazioni del Nord sono diverse, tutte molto frequentate anche dai ciclisti appassionati del sud, ovviamente anche da tanti italiani.
Tutto bello, tutto emozionante e motivante, ma la domanda è (soprattutto per chi è alla prima): quali indumenti tecnici si mettono nella valigia?
Pioggia, freddo e vento
Negli ultimi anni lo sterotipo della pioggia, del freddo e dell’umido lasciano spazio al vento teso e forte, non per forza freddo. Anche nel centro Europa le temperature sono cambiate, rispetto a 50 anni fa (ricordate il week end caldissimo della Roubaix 2022?). Ne è un esempio recente la De Ronde 2023 in chiave amatoriale, dove la pioggia è stata battente per tutta la giornata del sabato, ma la temperatura media registrata è stata superiore ai 10 gradi.
Entra in gioco la capacità di “vestirsi a cipolla” e di sfruttare le ultime tecnologie legate ai tessuti (e agli indumenti). Questi fanno risparmiare peso ed ingombri, offrendo al tempo stesso protezione e una termoregolazione adeguata e costante. Ne sono un esempio la linea Fiandre creata da Sportful, diventata un must anche tra i corridori professionisti, oppure diversi capi Santini sviluppati in collaborazione con Polartec. Il segreto del comfort fisico sta nel fatto di non bloccare il sudore e la sudorazione, ma di mandare verso l’esterno dei capi quanto più vapore possibile prodotto durante lo sforzo, senza bloccare del tutto l’ingresso dell’aria che funge come un phon.
Un altro aspetto da non sottovalutare, soprattutto in fase di acquisto di un capo tecnico, è la capienza delle tasche. Per un amatore è un passaggio fondamentale, in quanto ci deve stare di tutto un po’, talvolta anche un kit di primo interevento per la manutenzione.
Gli strati fanno la differenza
Nella valigia non possono mancare i capi intimi a manica corta (e magari un termico a manica lunga, giusto per sicurezza), termici e anche tradizionali. Perché a manica corta? Perché proteggono le spalle, le scapole e la base del collo dai colpi di aria, sia che si utilizzi una maglia estiva, sia in caso di impiego di una manica lunga felpata/primaverile.
Lo smanicato è un bell’indumento da portare indossato oppure nella tasca della maglietta, versatile e sempre utilizzabile, un bel deterrente contro il raffreddamento della pancia. L’antivento a manica lunga (che spesso fa rima con l’antiacqua) è da mettere assolutamente nella valigia, ma il suo impiego è finalizzato al giorno della manifestazione pedalata e anche dalle preferenze personali. Gli strati per l’appunto, una soluzione che non passa di moda, ma che si è aggiornata con i capi tecnici di ultima generazione.
Gambe protette
E’ buona cosa portare con se una salopette estiva, ma anche un bibshort con concezione termica, un Klimatik di Alé ad esempio. Perché? Perché è un pantaloncino dalle performances elevatissime, caldo e waterproof al tempo stesso, con un potere compressivo adeguato. E’ super performante in tutte quelle situazioni di freddo asciutto, di freddo con pioggia e protegge dallo sporco che inevitabilmente si presenta quando si percorre il pavè.
I gambali non possono mancare e anche qui la tecnologia più moderna ci viene in aiuto e ci dà modo di risparmiare dello spazio. Ad oggi troviamo degli accessori sottili che hanno un triplice obiettivo: scaldare, proteggere ed essere idrorepellenti. Mica poco e poi si sa, lo spazio in valigia non è mai abbastanza e quello che si guadagna può essere usato per altre cose necessarie.
E gli accessori?
Guanti e guantini, copriscarpe e puntali, calze e calze termiche. Nylon e borse della spesa? No grazie, possiamo fare un salto qualità! In linea di massima ad un ciclista serve tutto, presto o tardi ogni cosa torna utile, ma quando si viaggia è anche necessario fare delle scelte.
Guantini sempre presenti, anche se l’ultima moda (Van Der Poel insegna e prima di lui Boonen) è quella di galleggiare sulle pietre senza indossarli. Se i palmi ed i polpastrelli delle mani hanno la pelle ispessita dal lavoro, ci si può provare. Ma le vesciche sono dietro l’angolo, perché solo chi ha provato il pavè del Belgio conosce il suo potere levigante. Se riusciamo a far stare nella valigia i guanti termici ed anche quelli waterproof è buona cosa portare entrambi. Se è necessario fare una scelta, meglio quelli antiacqua.
I sottoguanti? E’ un accessorio quasi completamente scomparso dai radar, ma qualcuno ama utilizzare ancora questa soluzione. L’esperienza ci porta a dire sì/forse, ma solo se il prodotto è di elevata qualità tessile (magari in seta). Perché? Perché con i guanti del nuovo corso, che usano tessuti diversi rispetto al passato, la combinazione guanto/sottoguanto può avere l’effetto contrario, ovvero far sudare troppo, con il risultato finale di far congelare la mano per il troppo sudore stagnante.
Piedi stretti, piedi freddi
L’argomento piedi troppo caldi, oppure troppo freddi, entra in quella categoria di argomentazione soggettiva. Anche in questo caso però, vige la regola di non bloccare il sudore e di non comprimere eccessivamente il piede. Cosa significa? Non di rado chi indossa le calze termiche è soggetto ad un raffredammento importante delle estremità corporee, cosa che avviene in modo minore quando (con la stessa scarpa) si usano le calze estive. Il maggior spessore delle termiche porta ad una vasocostrizione del piede che è compresso dalla calzatura, anche per via di un aumento della temperatura corporea che avviene durante una gara (o durante un evento che comporta un maggiore stress fisico, rispetto ai normali allenamenti).
La giornata obbliga ad una protezione aumentata? Calza estiva, copriscarpa in calza e sopra di esso un copriscarpa waterproof (o termico), oppure un puntale. Inoltre l’orlo del gambale dovrebbe coprire la parte superiore del copriscarpe, proteggendo così per un periodo più lungo, facendo scorrere in modo rapido l’acqua, senza bloccarla nella ribattitura del copriscarpa.
Scaldacollo e cappellino
Lo scaldacollo sempre a portata di mano (o di collo). E’ un accessorio che occupa uno spazio irrisorio e può tranquillamente essere tolto anche in gara, messo sotto la maglia, in tasca, oppure tra l’attacco manubrio e la serie sterzo della bici. Il cappellino sta al ciclismo come la borraccia, quindi è superfluo argomentare. Si può pensare a qualcosa di termico, oppure ad un sottocasco che protegga anche le orecchie, ma solo nel caso di una giornata gelida. Bisogna sempre entrare nell’ottica che, se pure le manifestazioni del pavè non hanno una classifica vera e propria, l’agonismo emerge a prescindere e così anche uno sforzo fisico al quale non si è ancora abituati a questo punto della stagione. Coprirsi troppo e male, può condizionare negativamente la nostra esperienza sul pavè, anche se una bella birra riesce sempre a salvare la situazione.