Ciclovie della Transumanza in Abruzzo, ciclista, pecore, ovileCiclovie della Transumanza in Abruzzo, ciclista, pecore, ovile

| 4 Novembre 2025

Ciclovie della transumanza / Lo “sdijuno” del pastore e il pecorino

MONTEBELLO DI BERTONA – Ieri vi abbiamo raccontato delle nostre scorribande abruzzesi in gravel sulle neonate Ciclovie della Transumanza, tra le province di L’Aquila e Pescara. Sono i luoghi dove si muovevano le greggi verso le Puglie in autunno, per poi compiere il viaggio a ritroso in primavera. Il tutto attraverso i tratturi, vere e proprie “autostrade verdi” che, si stima, già dalla metà del XV secolo vedevano almeno tre milioni di ovini e trentamila pastori percorrere questi lunghi viaggi, sostando di tanto in tanto nelle stazioni di posta ed alimentando una vera e propria economia della transumanza che è progressivamente scemata all’indomani dell’Unità d’Italia.

Fu allora, infatti, che i contadini poterono riscattare le terre dedicate ai pascoli e convertirle alla coltivazione, tanto che i più lesti diventarono latifondisti, creando un’altra economia e soppiantando così la pastorizia. Ma non del tutto. Perché la transumanza oggi non si vede ma c’è. Si percepisce nei racconti, nel retaggio culturale delle genti d’Abruzzo che vivono lungo quel “Tratturo Magno” che collegava L’Aquila a Foggia.

Sosta per lo “sdijuno”

E’ per tale motivo che oggi proseguiamo il racconto ponendo l’accento non sui percorsi e i dislivelli, bensì sulle… soste. Come quella che sabato ci siamo concessi scendendo veloci dall’altopiano del Voltigno. Arrivati alle pendici del Monte Bertona, in un piccolo spazio ricavato appena sopra la sterrata che si è intrufolata nel bosco, siamo stati accolti per lo “sdijuno del pastore”. Appoggiamo la bici ad un faggio e cerchiamo di capire di cosa si tratta.

«Era la colazione salata dei pastori e dei contadini abruzzesi – spiega Antonio Stroveglia del tour operator Wolftour, una delle nostre guide – e si chiama “sdijuno” perché la “s” è la negazione della parola “digiuno”. E’ legato al fatto che questi pastori e contadini avevano necessità di accomunare tanta energia per andare a lavorare nei campi o al pascolo». 

Sotto gli alberi c’è un banchetto con tanti vassoi coperti di carta stagnola che lo chef Luca Pavone, titolare del ristorante Valle d’Angelo di Montebello di Bertona (Pescara), ha preparato per noi assieme a Maddalena. Ci avviciniamo e, man mano che scopre le prelibatezze, ce le presenta e noi riponiamo i guantini da ciclista in tasca. Per sentire meglio la spiegazione.

«Qui ci sono peperoni e uova – inizia – quindi una misticanza di erbe selvatiche (bieta, cicorie, spinaci) con fagiolo tondino del Tavo. Questa è una cipollata che i contadini mettevano sulla pizza fritta che abbiamo qui accanto, mentre di qua c’è del Pecorino di Farindola stagionato di almeno 7-8 mesi».

Ciclovie della Transumanza in Abruzzo, "sdijuno del pastore" spiegato dallo chef Luca Pavone
Lo “sdijuno del pastore” spiegato dallo chef Luca Pavone, titolare del Ristorante Valle d’Angelo
Ciclovie della Transumanza in Abruzzo, "sdijuno del pastore" spiegato dallo chef Luca Pavone
Lo “sdijuno del pastore” spiegato dallo chef Luca Pavone, titolare del Ristorante Valle d’Angelo

Piatti poveri e grani antichi

Non poteva mancare un classico abruzzese, le pallotte “cacio e ova”: «Era un piatto povero perché si faceva con gli scarti del pecorino unito a del pane raffermo lasciato in ammollo – continua lo chef – di là abbiamo le salsicce di fegato di maiale e del pane fatto con della Farina di Solina, uno dei grani antichi delle nostre zone che i giovani produttori stanno riscoprendo».

Il rifornimento viene assai gradito da tutti i pedalatori del nostro gruppo e possiamo così riprendere a pedalare per scendere verso Farindola.

Un giorno da pastore

Il mattino successivo siamo invitati all’Azienda Agricola Macrini, anch’essa collocata nel comune di Montebello, per “una domenica da pastore”, ovvero un excursus su come viene prodotto il Pecorino di Farindola.

«Noi lo facciamo in maniera artigianale per il consorzio – ci accoglie Luca Macrini nell’aia – e la nostra azienda è tutta a conduzione familiare. Siamo io, mio fratello e mia mamma».

Quindi il racconto si sposta verso la stalla (foto in apertura) dove gli ovini per un attimo sembrano incuriositi da questa particolare specie umana che si sposta di contrada in contrada in sella alle loro bici.

«Abbiamo 150 pecore, ma adesso in mungitura ce ne sono solo una decina perché quasi tutte sono “in asciutta” e si stanno preparando per la nuova stagione riproduttiva, per cui ora mungiamo appena una decina di litri al giorno» spiega.

Ciclovie della Transumanza in Abruzzo, Luca Macrini dell'Azienda Agricola Macrini
Luca Macrini ci presenta la sua azienda famigliare nei pressi di Montebello di Bertona. Ci farà sentire… pastori per un giorno
Ciclovie della Transumanza in Abruzzo, Luca Macrini dell'Azienda Agricola Macrini
Luca Macrini ci presenta la sua azienda famigliare nei pressi di Montebello di Bertona. Ci farà sentire… pastori per un giorno

Il pecorino di Farindola

Le particolarità del Pecorino di Farindola sono essenzialmente due: la prima è che si ottiene da caglio liquido suino ed infatti Luca pesca dal contenitore con la schiumarola gli stomaci dei maiali in ammollo nel vino bianco, aceto e qualche spezia: «Se tutto va bene – aggiunge – dall’anno prossimo il caglio lo faremo proprio a Farindola in un caglificio che siamo riusciti a strutturare grazie al contributo del Parco (del Gran Sasso e dei Monti della Laga, ndr)».

La seconda particolarità di questo pecorino è che… solo le donne possono produrlo. Questo è scritto nero su bianco nella nuova versione del dicisplinare per mantenere l’antica tradizione secondo la quale erano loro ad occuparsi del formaggio mentre gli uomini si dedicavano alla transumanza. Un altro segno immateriale dei tempi che furono e che il progetto delle Ciclovie vuole contribuire a mantenere vivo. E allora ecco mamma Giovanna che per l’occasione ci porge un pezzo di sprisciocco, un formaggio a pasta molle che era il tipico alimento dei pastori di un tempo.

L’arcobaleno ci saluta

Dopo una doverosa visita nella stanzetta dove le forme di pecorino stagionano sugli assi di legno, le bici vengono riposte sui furgoni e ci concediamo una colazione all’aperto a base di salumi, pecorino, pane, olio, pomodoro e gli immancabili arrosticini, buoni a tutte le ore.

Mentre la comitiva rivive le pedalate di questi giorni, lo sguardo si perde lungo i verdi crinali coltivati, fino alle colline accanto a Montebello, sormontate da un arcobaleno che sancisce la sacra alleanza tra il ciclista con la gamba “piena” che cerca gli sterrati più sfidanti e quello che, a fine giornata, le gambe ama metterle sotto al tavolo per avere piena la pancia. 

Ciclovie della Transumanza

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