| 18 Febbraio 2024

Il cielo come tetto: «I 4 luoghi più strani dove ho dormito»

Addormentarsi all’aperto è una delle parti più magiche dei lunghi viaggi in bicicletta. Ne sa qualcosa Omar di Felice – ultracyclist ma soprattutto esploratore – che pedala “into the wild” da quando ha scoperto che le due ruote sono il mezzo più autentico per ritornare alle radici profonde dell’umanità. Dove il corpo si riappropria dei ritmi e ricomincia a dettare il suo tempo. 

Tra le esperienze più emozionanti, ci sono sicuramente quelle notturne, dove il fisico è obbligato a prendersi una pausa, anche e soprattutto in luoghi insoliti. Ecco quattro storie da raccontare attorno al fuoco che riguardano i posti più curiosi dove si è addormentato – o quasi – dopo infiniti chilometri in bicicletta. 

I microsonni capita di farli dovunque: negli androni dei palazzi o lungo la strada, dove capita
I microsonni capita di farli dovunque: negli androni dei palazzi o lungo la strada, dove capita

1 / In uno strano prato

Omar sta affrontando le ultime due giornate della Trans Am Bike Race, una delle competizioni di resistenza più prestigiose del pianeta con 7.000 km di percorrenza no stop, in cui il sonno è praticamente un optional. 

«Mancavano cento chilometri all’arrivo – racconta – ed ero veramente al limite, avevo disperatamente bisogno di dormire. Ho visto un bellissimo prato verde che sembrava perfetto per un microsonno e mi ci sono fiondato. Non ho fatto caso a nulla, ero talmente stanco che mi sono addormentato subito. Quando mi sono svegliato, ho iniziato a vedere una lapide accanto a me, poi un’altra e un’altra ancora. In quel momento ho pensato: bè, o sono morto oppure sono finito in un cimitero».

Dopo quel breve riposino nell’aldilà, Omar è entrato nell’olimpo dell’ultracycling, diventando il primo italiano in assoluto a vincere questa corsa durissima ed esigente.  

2 / Nel deserto del Gobi

Una traversata nel bel mezzo del nulla, un nomade su un cavallo e il liquido di una bottiglia trasparente. Sembrano gli ingredienti giusti per una favola, invece è quello che realmente ha vissuto Omar nel 2020, mentre stava attraversando il deserto. 

«Improvvisamente ho visto sbucare quest’uomo a cavallo – spiega – e a gesti, non parlano l’inglese, mi ha chiesto cosa stessi facendo. Così ho aperto la mappa e ho cercato di spiegargli un po’ a grandi linee il mio viaggio. Lui mi ha invitato a dormire con la famiglia nella sua tenda, dove mi hanno ospitato e cucinato del cibo. Poi hanno tirato fuori una bottiglia che, come immaginavo, conteneva dell’alcol e io, alla terza offerta, non ho potuto rifiutare».

Le regole dell’ospitalità sono tanto ferree quanto quelle della vita da atleta, così anche se non è abituato a bere alcolici, Omar accetta un giro e poi un altro, fino ad arrivare al quarto.

«Era alcol puro e ho passato la notte a stare male – ricorda – mentre fuori la temperatura era scesa a meno trenta gradi e i nomadi ridevano di me».

Una tenda e il materassino: lo spazio che inizialmente sembrava angusto, di colpo diventa una reggia
Una tenda e il materassino: lo spazio che inizialmente sembrava angusto, di colpo diventa una reggia

3 / In Antartide

Può una tenda sembrare una reggia? E’ così che Omar ha ridimensionato i suoi spazi vivendo per cinquanta giorni in pochi metri quadrati.

«Dormivo così – puntualizza – su un materassino, con il cielo come tetto e la neve come pavimento. La prima volta che sono entrato nella tenda ho pensato che non sarei mai riuscito a vivere per tanti giorni in un ambiente così ristretto, invece, alla fine del viaggio, avevo l’impressione di abitare in una villa».

Ridimensionare lo spazio: ecco un’altra cosa che ha imparato Omar da quel viaggio. In realtà nella nostra vita abbiamo bisogno davvero di poco, ma ci siamo disabituati all’essenziale. «Tornando a casa, ho faticato a tornare alla vita normale», aggiunge.

Una sedia basta e avanza per chiudere gli occhi e crollare
Una sedia basta e avanza per chiudere gli occhi e crollare

4 / Su una sedia

E’ il 2019 ed l’ultima notte della Trans Iberica, una corsa che attraversa Spagna e Portogallo per poi tornare di nuovo in Spagna. Il sonno la fa da padrone, ma le saracinesche sono chiuse ovunque, persino quella del bar dove Omar si è fermato per cercare nelle borse il suo telo di alluminio. Al suo posto trova una sedia di plastica dove crolla, distrutto dai chilometri percorsi. Quando si sveglia, il telo ce l’ha tra le mani. Normale amministrazione per chi ha fatto del limite la sua parola d’ordine.

«Se intraprendi queste avventure, ti capita di dormire dappertutto – conclude Omar – la tua mente e il tuo corpo si adattano alle esigenze e, allo stesso tempo, ti rendi conto che è la natura a comandare noi e non viceversa. Quello che dico sempre è: prendi la bici e comincia un viaggio. Parti da casa e pedala ancora più in là, lasciati incantare dalla bellezza dell’avventura su due ruote. Oggi la tecnologia è sempre più avanzata e leggera, ci aiuta tantissimo nella praticità, non ci sono scuse. Bisogna assecondare la propria indole di esploratori: tornare alla natura in sella ad una bici è tra le cose più belle ed intense della vita».

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