Alessandro Ricci e Alberto Dandolo non si conoscono, ma entrambi lo scorso mese di gennaio hanno pedalato sulla mitica Carretera Austral, in Patagonia. Il viaggio di una vita. Abbiamo improntato un’intervista “doppia” per chiedergli come è andata e riassumere il tutto nei ristretti tempi di un articolo. Ma molto ci sarebbe da raccontare. Alessandro, abruzzese, lavora per il Gal Costa dei Trabocchi ed è accompgnatore cicloturistico con la sua Asd Borracce di poesia, Alberto è il titolare dell’Eco House San Michele, in provincia di Latina.
Qual è stata la motivazione che ti ha spinto a fare il viaggio sulla Carretera Austral?
Alessandro: «Era un sogno che avevo da anni, legato anche alla mia passione per la letteratura latinoamericana e la sua musica, dal tango alla cumbia. Ho deciso di farlo per celebrare i miei 50 anni, con il contributo degli amici che hanno finanziato in parte il viaggio come regalo».
Alberto: «Anch’io avevo un compleanno speciale come motivazione, quello dei miei 40 anni. Inoltre, come documentarista, volevo filmare i ghiacciai della Patagonia per un progetto sul cambiamento climatico. Sto portando avanti un progetto indipendente sulla crisi idrogeologica e, a differenza di quanto accade da noi con la pratica dello snowfarming, laggiù gli effetti sui ghiacciai sono molto più evidenti».
In quali giorni sei andato? Che tratta hai percorso?
Alessandro: «Dal 6 al 28 gennaio, da Villa O’Higgins a Puerto Montt, circa 980 km, più 200 km extra lungo la Ruta V69 intorno alla Riserva nazionale Llanquihue e al Parco Volcanes. La mia è stata una Carretera Austral “al contrario”. Un po’ una follia considerando anche i venti. Ma venivo dall’Argentina dove ero stato con la mia compagna. Ho percorso la Carretera da sud a nord, con una deviazione verso Caleta Tortel».
Alberto: «Dal 6 gennaio al 7 febbraio. Ho coperto 2.300 km totali, di cui oltre 1.600 in bici (22 tappe), 100 di trekking, 200 in barca e 250 in autostop. Ho percorso la Carretera da Puerto Montt a Puerto Natales (quindi da nord a sud, ndr), con deviazioni verso i ghiacciai per il lavoro che ti dicevo. In più ho fatto anche la frontiera dei “malditos”, dei contrabbandieri, tra Cile ed Argentina».
Come ti sei organizzato logisticamente?
Alessandro: «Per i primi 230 Km, fino a Cochrane, quelli più selvaggi e di fatto su “ripio”, vale a dire su sterrato sconnesso, ho noleggiato una mtb. Per il resto, per lo più su asfalto, ho preso a noleggio una gravel. Per dormire, un po’ di tutto: tenda, alcuni ostelli per cicloturisti nonché “hospedajes”, ovvero a casa di persone che affittano una stanza, con uso cucina e bagno in comune».
Alberto: «Ho portato la mia mountain bike biammortizzata, il che ha fatto un po’ scandalo, ma devo dire che si è rivelata una mossa azzeccata perché diversi gravellisti che ho incontrato avevano avuto problemi con forature e vibrazioni. Avevo un set-up leggero con portapacchi aerodinamici in sospensione, senza attacchi con le viti, con dentro tenda e sacco a pelo. Sulla forcella avevo due borse da 5 litri: in una provviste per 72 ore, nell’altra l’attrezzatura per le riprese. Ho dormito in tenda, rifugi per ciclisti e, occasionalmente, in strutture. Una volta persino in una biglietteria di un traghetto».
Il momento più bello e il più difficile del viaggio?
Alessandro: «Il momento più bello, sebbene piovesse e dovessi prendere confidenza con il “ripio” è stata la partenza a Villa O’Higgins. Il più difficile è stato l’arrivo a Coyhaique, con venti fortissimi che mi hanno costretto a chiedere un passaggio ad un pick-up. Senza, non so come avrei fatto».
Alberto: «I momenti più belli sono stati almeno cinque: la Cascata del Ventisquero Colgante, la confluenza del Rio Baker e del Rio Neff, il Parco Esplorador, la frontiera tra Cile e Argentina e poi, anche se turistico, il ghiacciaio del Perito Moreno merita di essere visto una volta nella vita. Il momento più difficile è stata una caduta su un tratto di “ripio” che mi ha costretto a fermarmi per tre giorni».
Una cosa in cui la Carretera ti ha spiazzato, che non avevi previsto in fase di pianificazione?
Alessandro: «Consiglio un filtro per l’acqua e un repellente per i tafani, che sono un tormento nelle giornate calde».
Alberto: «Non mi aspettavo così tanti ciclisti e il comportamento aggressivo di alcuni automobilisti (non tutti), che passano molto vicino alle bici».
L’incontro con una persona che ti ha colpito di più?
Alessandro: «Ce ne sono stati due programmati: uno a Villa Cerro Castillo con Fabrizio, un mio amico di Pescara che percorreva con suo zio la Carretera verso Sud, e un altro a Villa Santa Lucia con il “toscanaccio” Claudio Marinangeli, un punto di riferimento per i cicloturisti in Sud America, assieme all’amico Fabrizio Chelli. E poi mi ricordo di un giovane ragazzo cileno, su una barca per Puero Montt, che proprio mentre io concludevo il viaggio, lui iniziava a pedalare verso sud sulla Carretera Austral. Mi è sembrata una soluzione di continuità che mi ha emozionato molto».
Alberto: «In un rifugio per ciclisti a Villalmengual ho conosciuto Fernando di Biciaddos, un pro’ che organizza un evento endurance in Cile. L’ho aiutato dopo una foratura, siamo diventati ottimi amici e abbiamo condiviso parte del viaggio. E poi, sulla strada verso la frontiera cileno-argentina ho conosciuto dei ragazzi italiani con i quali ci siamo coalizzati per arrivare al confine prima dei… francesi».
Quanto hai speso tra volo e viaggio in bici?
Alessandro: «Mi è difficile fare un conto finale essendo arrivato dall’Argentina, comunque ho speso circa 600 euro per il noleggio delle due bici e 1.000 euro per il volo di ritorno da Puerto Montt. Per dormire, ho speso tra 10 e 20 euro a notte, sia che fossero campeggi che “hospedajes”».
Alberto: «Io con la Turkish Airlines ho speso 750 euro per il volo più ben 360 euro per il trasporto della bici (avendo dovuto fare quattro tratte). In totale, considerando anche vitto e alloggio “sul campo” direi che siamo sui 3.000 euro di spesa».