| 27 Gennaio 2024

Nakasendo: viaggio in Giappone, fra natura e filosofia

Un viaggio che accomuna tutti e cinque i sensi in un Paese come il Giappone che ha una tradizione forte, pura e affascinante. Stiamo parlando di Nakasendo, una via che tra il 1600 e la fine del 1800 collegava l’antica capitale Kyoto a Edo, come veniva chiamata allora Tokyo. 650 chilometri da percorrere in sella cadenzati ogni 10 chilometri, dalle 69 Juku, le città postali, dove samurai, mercanti, monaci e feudatari potevano fermarsi e trovare vitto, alloggio ma anche intrattenimento. Luoghi da scoprire e apprezzare un colpo di pedale dopo l’altro a secoli di distanza immersi nella natura e nelle montagne giapponesi. Questo è il viaggio di Caterina Zanirato, giornalista ciclista veneta, prima straniera ad aver percorso la via di Nakasendo in bicicletta

Lungo il tracciato di Nakasaendo si incontrano villaggi ogni 10 chilometri, le antiche stazioni di posta
Lungo il tracciato di Nakasaendo si incontrano villaggi ogni 10 chilometri, le antiche stazioni di posta

Com’è nato il viaggio

Per Caterina non è il primo viaggio, ma sicuramente rappresenta qualcosa di speciale. Una pedalata di sette giorni per scoprire luoghi ma anche qualcosa in più di se stessi.

«Ho sempre amato viaggiare – afferma Caterina Zanirato – nella mia vita, zaino in spalla un po’ ovunque nel mondo. Nel 2017 mi sono innamorata della bicicletta come metodologia di viaggio facendo la ciclovia Vento, da Venezia a Torino lungo l’argine del Po. Sono sempre stata innamorata del Giappone. Mi hanno sempre colpito la filosofia, lo stile di vita, i manga e gli anime. Con questo viaggio ho voluto scoprire il Giappone più vero, rurale, quello dei piccoli villaggi e le loro tradizioni.

«E’ un viaggio – spiega – anche dentro se stessi, perché posso assicurare che fuori dalle grandi città nessuno parla inglese. Ho avuto modo di conoscere una cultura più tradizionale, ma ho anche conosciuto molto me stessa. E forse vanno di pari passo le cose, perché la cultura giapponese guarda molto all’interiorità di una persona, alla filosofia, al misticismo, al guardarsi dentro. E’ un Paese molto rispettoso. Verso le persone, verso il mondo, verso gli animali e con grande dignità e grande senso estetico fanno tutto in modo armonico. Tokyo è una città da 14 milioni di abitanti ed è silenziosa, pulita e profumata. I paesini di montagna ovviamente sono molto più piccoli, ma anche lì ogni giardino è curato, non c’è nulla di sporco per terra. Ecco, forse la parola che meglio definisce giapponesi è “responsabilità”. C’è rispetto per il prossimo e la nostra cultura così distante che si apprezza ogni sfumatura».

Un viaggio di sette giorni al di fuori dei grandi circuiti turistici, alla scoperta del Giappone più vero
Un viaggio di sette giorni al di fuori dei grandi circuiti turistici, alla scoperta del Giappone più vero

La via

Il mondo del cicloturismo vanta sempre più itinerari e percorsi da scoprire, proprio come la Nakasendo.

«Nakasendo è una strada – spiega Caterina – che è stata creata attorno al 1600, in epoca feudale giapponese. Collegava Kyoto, che era la sede imperiale dove risiedeva l’imperatore, a Tokyo che all’epoca si chiamava Edo, dove risiedeva invece il potere militare shogunato. Questa strada attraversa tutte le montagne e le Alpi giapponesi. In molti tratti la strada è rimasta esattamente quello che era un tempo. Sezioni di ciottolato con tutti gli edifici di legno. Sono luoghi ben conservati, dove è stato proibito, ad esempio in alcune zone, il passaggio delle auto, i cavi della luce e i cavi elettrici, tutte quelle cose che vanno a impattare il panorama rendendolo moderno. 

«Si incontra di tutto, anche strade asfaltate. Si trova anche molto sterrato perché soprattutto in montagna i passi sono su terra con alcuni tratti anche abbastanza pesanti dove ho spinto la bicicletta a mano. C’è anche del pavè. Consiglio a chi lo volesse rifare, assolutamente una gravel, perché bisogna essere pronti a tutto, stiamo parlando di 650 chilometri con 6.600 metri di dislivello. Io l’ho affrontata con la mia Guerciotti, portata dall’Italia, equipaggiata con un bikepacking leggero e materiale tecnico fornito da RideXtreme.

«Ho suddiviso – dice – le tappe in 100 chilometri al giorno circa, nel senso che dove avevo più dislivello, magari ne facevo 80, dove non ne avevo, ne facevo 120 o 130. Per gli alloggi ho usato semplicemente quasi sempre booking.com. Funziona molto bene nei tratti un po’ più turistici, per esempio da Tsumago a Magome dove tanti giapponesi lo fanno a piedi. Invece mi sono appoggiata proprio a Internet, scrivendo mail perché su booking era impossibile trovare qualcosa di economico, però devo dire che i prezzi in Giappone, con il cambio che c’è adesso sono molto accessibili. Non è costoso come sembra, anzi è meno caro dell’Italia in alcuni casi».

Il viaggio di Caterina Zanirato si è svolto su una gravel Guerciotti
Il viaggio di Caterina Zanirato si è svolto su una gravel Guerciotti

La bici in Giappone

La bici in ogni società ha trovato il suo spazio e sempre più lo deve fare. Il Paese del Sol Levante sembra averlo fatto in armonia con la frenesia della città e la pace della periferia.

«Il Giappone è un paese estremamente bikefriendly, nel senso che la stessa Tokyo che rappresenta una capitale mondiale, ha piste ciclabili o comunque bikeline dedicate. Per strada ci sono tantissime persone che usano la bicicletta per gli spostamenti quotidiani. Oltre alla già presente bici da corsa, sta iniziando a prendere piede anche la gravel. Diciamo che è un po’ come in Italia 2 o 3 anni fa, quando la gravel ce l’avevano in pochi, però iniziava a piacere. Sicuramente avrà un’espansione perché alla fine è un Paese di mare, ma c’è anche tantissima montagna. I sentieri sono bellissimi, i panorami altrettanto. Io sono stata in un periodo molto bello che è quello dell’autunno, quindi ho beccato il “foliage“ giapponese che si chiama momiji o koyo. Ci sono dei colori in mezzo alle foreste spettacolari dei rossi e dei gialli che in Italia non esistono. Mi sembrava di essere immersa in un quadro».

Il viaggio e gli incontri sono serviti a Caterina per esplorare se stessa
Il viaggio e gli incontri sono serviti a Caterina per esplorare se stessa

Gastronomia ghiotta

Viaggiare è sinonimo di scoperta, siccome questo è un viaggio nei cinque sensi, era doveroso assecondare il gusto. «Amo tantissimo – afferma Caterina – la gastronomia giapponese. Il mio piatto preferito? Gli okonomiyaki. Sono praticamente, una sorta di pastella dove dentro ci puoi mettere tutto quello che vuoi, dal pesce alla carne, alle verdure. Viene cucinata sul momento, tutti i ristoranti hanno una piastra sul tavolo dove ti preparano questa pastella con tutti gli ingredienti che vuoi dentro e te la versano davanti, quindi poi te lo cucini tu stesso nel tavolo. Ho mangiato tantissimo sushi, ramen, soba udon e noodles. Mi piace anche tutto quello che è street food come per esempio i takoyaki, palline con il polipo dentro. Ho mangiato anche tantissima cucina vegetariana.

«Sono una sommelier e oltre alla bici, i vini sono un’altra mia grande passione. Durante il viaggio ho voluto conoscere un po’ meglio la cultura del sakè. Ho visitato la città di Nara, famosa per i suoi cervi che girano in libertà, ma è famosa anche perché ha dato i natali al sakè e devo dire che è una bevanda che va assolutamente approfondita. Ho provato anche il vino giapponese però non avendo una cultura e una tradizione come la nostra, è da migliorare, nel senso che si sente che è un vino molto inesperto per tanti aspetti. Ci sono però tanti birrifici artigianali e ho assaggiato il whisky giapponese, che è davvero buono».

La cultura giapponese ti assorbe ed è bello lasciarsene coinvolgere
La cultura giapponese ti assorbe ed è bello lasciarsene coinvolgere

Filosofia del viaggio

“I viaggiatori sono quelli che lasciano le loro convinzioni a casa, i turisti no”, ha scritto Pico Iyer in uno dei suoi romanzi. Ed è questo il mantra che chi deciderà di pedalare su queste strade dovrà ripetersi.

«Bisogna amare la cultura giapponese – conclude Caterina Zanirato – quindi bisogna capirla, essere propensi nel comprenderla. Bisogna partire con la mente e col cuore aperto per fare un viaggio del genere, avendo premura di saper ascoltare e saper osservare. Ma anche sapersi emozionare davanti alla natura, perché io credo che il 90 per cento dello spettacolo sia proprio la natura che si incontra lungo il percorso. E i giapponesi hanno questo legame molto forte con la natura. Non a caso hanno inventato quello che viene chiamato bagno nella foresta, lo “shinrin yoku”.

«Su tutto ho amato la filosofia del Wabi Sabi, ovvero l’accettare la bellezza dell’imperfezione della vita. Noi occidentali cerchiamo sempre di primeggiare, essere perfetti o valorizzare solo le cose, se sono perfette. Se non funzionano, le scartiamo, le cambiamo, le sostituiamo. Per la cultura giapponese è l’imperfezione che rende perfetta una cosa. Concepiscono il bene e il male che c’è all’interno di una stessa cosa, perché poi è così, la realtà non è solo bella, è anche brutta, imperfetta. Quindi accettano questa cosa e anzi la superano e la valorizzano. E tutto questo si sposa benissimo con la filosofia della bicicletta».

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