Alessandro Mucci è un ragazzo piemontese di 28 anni, di mestiere gestisce il social di aziende come Nalini e Carrera e ha la passione per i viaggi in bicicletta. Lo scorso dicembre è partito da casa sua a Druento, appena fuori Torino, per un viaggio tutt’altro che banale: il periplo della penisola iberica: 6.500 km con 60mila metri di dislivello da compiere in circa due mesi e mezzo. Il tutto senza smettere di lavorare.
Lo raggiungiamo al telefono a tre settimane dal suo ritorno, avvenuto il 2 marzo. «Sono partito il 15 dicembre per un totale di 78 giorni di viaggio – dice Mucci – è stata la mia più lunga esperienza di questo tipo. Prima avevo fatto viaggi di una settimana, massimo 10 giorni. Quest’anno invece ho deciso di andare a svernare altrove».

Infatti la prima domanda che vorremmo porti è questa, perché partire a dicembre?
C’è più di un motivo in realtà. Uno è che è l’unico momento in cui potevo stare via tre mesi, lavoro da freelance e ho molti clienti che da marzo in poi richiedono la mia presenza fisica. Il secondo motivo è che quest’anno non volevo fare Natale in famiglia. Mi è sempre piaciuto tanto il Natale, ma quando cresci quella magia cala un po’ e ultimamente la sentivo sempre più come una festa sterile. Stare con parenti che si vedono solo una volta l’anno, fare e ricevere regali per forza, insomma tutte quelle convenzioni mi stavano strette. Quindi ho deciso di partire e saltarmi tutto il pacchetto.
Com’è stato passare il Natale da solo?
Non avevo programmato niente, appunto perché l’idea era di passarlo in modo alternativo. Però poi è successa una di quelle magie che capitano solo in viaggio. La proprietaria del b&b che avevo prenotato per il 25, in una cittadina tra Barcellona e Valencia, qualche giorno prima mi ha scritto chiedendomi se a Natale volevo andare a pranzo con lei e dei suoi amici. All’inizio non volevo andarci, perché volevo stare da solo. Poi ho fatto un sondaggio sui social e tutti mi hanno detto: «Vai, quando ti ricapita». E alla fine ho accettato. Quella mattina sono partito prima dell’alba per arrivare in tempo e ho fatto questo Natale pazzo con 10 persone al ristorante tra fiumi d’alcol e chiacchiere. I Natali degli ultimi anni già non me li ricordo più, invece sono sicuro che questo non me lo dimenticherò tanto facilmente.
Ora arriviamo al perché di questo viaggio. Come mai hai scelto di percorrere il periplo di Spagna e Portogallo?
Volevo fare qualcosa che mi mettesse alla prova, sia fisicamente che soprattutto mentalmente. Volevo fare un’esperienza che mi permettesse di crescere come persona, anche affrontando gli imprevisti da solo. Ho scelto Spagna e Portogallo perché sono innamorato di quella cultura, ho avuto una fidanzata spagnola e quindi parlo bene la lingua, e poi il clima da quelle parti è favorevole a pedalare d’inverno. Anche perché dovevo evitare di bagnarmi troppo, avevo con me computer e drone, e lì il meteo è tendenzialmente bello, infatti il primo mese non ho preso neanche un giorno di pioggia. Il primo giorno ho scollinato il passo del Monginevro a -3 gradi, ma poi in Francia e Spagna ho trovato temperature perfette, dai 6 gradi di minima ai 26 di massima. Solo in Galizia è stata un po’ dura, ma è il bello di doversi mettere alla prova.
Cosa è successo in Galizia?
La costa della Galizia è fatta di “rie”, delle specie di fiordi molto ampi che ti portano dentro e fuori, allungando di tanto la strada. E poi lì davvero ho beccato una settimana di brutto tempo, tanta pioggia e tanto vento, tipico clima atlantico, in più la stanchezza del viaggio iniziava a farsi sentire. Facevo in media 100 km al giorno e dovevo anche lavorare, e in quei giorni ho avuto il primo momento di difficoltà che mi ha messo davvero alla prova.
Spiegaci questa cosa: eri in viaggio ma comunque lavoravi. Come hai fatto?
Sì l’idea era proprio far capire alle persone che ormai è possibile coniugare le due cose. Il mio lavoro da freelance mi permette di gestirmi, e organizzandomi bene ho capito che era fattibile. Ogni giorno mi svegliavo alle 6 e poi dalle 7 fino alle 11 lavoravo, pedalando nelle ore più calde del giorno. Sono stato molto efficiente cercando di essere severo con me stesso, senza rimandare. Mi sono basato sulla tecnica del “deep work”, cioè lavorare puntando sulla qualità, senza distrazioni. L’esperimento credo sia riuscito perché i clienti sono comunque rimasti soddisfatti del lavoro che ho fatto. Penso anche che per aziende come Nalini e Carrera sapere di avere il proprio SMM che fa questa cosa possa essere una cosa carina. Tanti sui social mi scrivevano commenti del tipo: «Beato te». In realtà io pensavo “Vieni a farlo anche tu”, perché si può fare. Possiamo scegliere noi, è quello il principio che cerco di portare avanti, agire invece che lamentarsi.
E a livello economico che tipo di investimento è stato?
Anche questo l’ho documentato sui miei social, per dimostrare quanto sia fattibile. In 78 giorni ho speso 3.800 euro tutto compreso, cioè una media di 48 euro al giorno, dormendo sempre in appartamenti molto buoni. Per quanto riguarda il mangiare invece di solito mi facevo la spesa e mangiavo “a casa”. Questo in un viaggio da solo, se fossimo stati in due avremmo speso quasi la metà, considerando che una stanza per uno e per due costa praticamente uguale. Quindi la motivazione economica per non partire secondo me è una scusa, perché un viaggio in bici di una settimana può venire a costare davvero molto poco.
Una curiosità, dove hai messo il computer?
Io ho un computer molto piccolo e leggero, il MacBook Air. All’inizio avevo pensato di montare i portapacchi proprio per per metterlo, poi Carrera che mi ha fornito la bici mi ha dato una gravel molto racing, una bici eccezionale ma che non aveva gli attacchi per i portapacchi. Quindi ho pensato ad un setting più race, in bikepacking, ho fatto le prove e il computer ci stava giusto giusto nella borsa davanti. All’inizio in realtà la borsa toccava sulla ruota anteriore, ed era un problema. Allora mi sono fermato ad un Decathlon, ho comprato un piccolo parafango da 4 euro e ho risolto: la borsa si appoggiava lì e non ho più avuto problemi.
In due mesi e mezzo avrai avuto modo di fare molti incontri interessanti
Devo dire che in generale ho ricevuto un’accoglienza incredibile, qualcosa che in Italia non ho mai trovato. Sia in Francia che in Spagna e Portogallo. Al punto che mi ha spinto anche a chiedermi se io avrei fatto lo stesso, come per esempio invitare uno sconosciuto al pranzo di Natale. Ho incontrato decine di ciclisti che si offrivano di aiutarmi, mi davano i loro contatti in caso di bisogno e mi offrivano le loro barrette. Un altro bell’episodio c’è stato nei paesi baschi, a Guernica. Avevo prenotato una stanza, il proprietario mi ha accolto e mi ha detto che loro quella notte sarebbero andati nella loro casa al mare, che aveva fatto spesa e che potevo mangiare tutto quello che volevo. Io ero incredulo, un senso di ospitalità pazzesco. Ma di momenti simili ce ne sono stati anche in Francia, per la quale da buon piemontese avevo avevo qualche pregiudizio, invece ho trovato sempre persone molto accoglienti e aperte.
Il tuo viaggio è durato 78 giorni, hai solo pedalato o anche fatto delle pause?
In tutto ho fatto 62 giorni in bici e 15 giorni di riposo, perché volevo anche visitare qualche città, e tenermi dei giorni bonus per non pedalare sotto la pioggia. Anche i giorni di riposo sono stati importanti per conoscere i luoghi e le persone. Una cosa che vorrei dire è che sforzarsi di parlare la lingua locale è importante, anche a costo di fare degli errori. Le persone quando notano quell’impegno si aprono proprio in modo diverso.
Tu sei anche l’ideatore del format benefico Pedalando per la Ricerca, una raccolta fondi a favore di AIRC, la fondazione per la ricerca contro il cancro. Ce ne parli?
Sì, da 5 anni organizzo dei viaggi per raccogliere fondi per la ricerca e finora siamo arrivati ad oltre 50mila euro. Questo viaggio non era direttamente legato alla raccolta, era un mio progetto personale, ma mi ha portato ad entrare in contatto con molte nuove persone, ad essere conosciuto. In molti mi hanno contattato per attivarsi a loro volta in favore di AIRC e grazie a loro adesso abbiamo già 4 o 5 progetti che partiranno nel 2025.
Ultima domanda Alessandro. Adesso che ci hai preso gusto ripartirai anche il prossimo inverno?
Ho già promesso ai miei che quest’anno farò Natale con loro, ma poi sì, l’idea è di ripartire il 26 o il 27 dicembre. Il progetto per ora è prendere un treno regionale fino a Trieste e lì pedalare per i Balcani fino in Grecia. Mi piacerebbe fare la costa scendendo e poi tornare per l’entroterra. Sicuramente sarà un’altra avventura piena di piccole e grandi scoperte.