| 29 Agosto 2024

Viaggio in Armenia, ultimo atto: fuori l’autore!

Leggere i tre pezzi del reportage sull’Armenia scritti da Andrea Cottini ha fatto venire a molti la voglia di partire. In altri ha sollevato curiosità di ordine pratico. Quelle che il viaggiatore potrebbe dare per scontate, concentrandosi unicamente sul racconto del viaggio. Per cui approfittando della pausa pranzo abbiamo bussato alla porta del laboratorio di grafica e stampe di Andrea, chiedendogli quello che non ci ha raccontato e che completa il quadro della bellissima esperienza.

I viaggiatori erano quattro. L’autore, ovviamente, umbro di Terni. Poi Davide Falcioni, giornalista di Fanpage, marchigiano di Offida. E ugualmente offidani sono Stefano Nespeca e Daniele D’Angelo, rispettivamente ingegnere biomedico e costruttore.

L’altopiano nei pressi di Herbs and Honey (foto Davide Falcioni)
L’altopiano nei pressi di Herbs and Honey (foto Davide Falcioni)
Hai scritto che una sera sul balcone venne fuori la parola Armenia. Chi è stato a proporla?

Mi sembra che sia stato stato proprio Davide. Avevamo preparato un file sul drive, un excel in cui mettevamo le varie proposte in base anche alle condizioni dei voli che trovavamo su Skyscanner o siti specifici. Per cui c’erano l’Armenia e anche la Georgia. A me sarebbe piaciuto andarci, poi però ci sono stati dei disordini a Tblisi e abbiamo scelto di soprassedere. C’erano in ballo anche il Portogallo e l’Islanda, dove però il meteo poteva essere un problema. Insomma, alla fine, visto che il volo per l’Armenia si prendeva a buon mercato, l’ago ha cominciato a pendere dalla sua parte. Fino alla cena, che si è fatta ad aprile, in cui abbiamo preso la decisione finale.

Quindi non in grandissimo anticipo, considerato che avete viaggiato ai primi di agosto.

Esatto. Soprattutto perché dei quattro, Davide è l’unico che non è liberissimo di prendersi le ferie quando vuole. Di solito è libero nella seconda metà di agosto, quest’anno gliele hanno date nella prima. Per cui siamo stati dietro alle sue esigenze.

Decisa la destinazione, come si è tracciato il percorso?

Fissate le date e presi i voli, la traccia nasce guardando quello che già c’è online o nei blog di viaggio e poi portandolo su Komoot. Davide è riuscito a mettersi in contatto con un americano che organizza Ascend Armenia, un trail che è in partenza proprio domani. C’era già online la traccia pubblica dell’anno scorso, cosa strana perché di solito chi li organizza è molto geloso. Per cui siamo partiti da lì. Poi ci siamo scritti con questo personaggio e lui ci ha aiutato. Ha voluto il percorso che avevo pensato e ha cominciato a modificare. Solo che era venuto fuori un viaggio di 10 giorni e dislivello superiore ai 10.000 metri, un po’ troppo per noi. Per cui il mio lavoro successivo è stato togliere da quel programma. Limare e integrare con la traccia che avevo fatto da me.

Integrare come?

Per esempio, ho letto che non bisognava avvicinarsi al confine con l’Azerbaijan, quello a est del lago di Sevan, invece lui ci passava. Quindi ho modificato e fatto passare il nostro giro a ovest del lago. Poi ho aggiunto un po’ di sterrato e tolto un po’ di asfalto. Quando si parte, si ha sempre un programma, ma poi si finisce sempre con il metterci mano. Difficilmente viene mai rispettato alla lettera e anche quest’anno ne abbiamo avuto la prova. Volevamo arrivare a Yerevan, invece ci siamo fermati a Gyumri, ma un po’ lo avevamo previsto.

In che senso?

Avevamo deciso di seguire alla lettera le prime quattro tappe fino al lago di Sevan. A quel punto avremmo valutato le nostre condizioni, se fosse troppo caldo, se avessimo fatto troppo sterrato. Da Sevan avremmo avuto due vie di fuga. Una consisteva nel seguire la traccia di partenza, l’altra nel seguire una traccia che avrebbe ridotto il viaggio di ritorno. Perché sempre Davide aveva trovato un altro italiano che vive in Armenia e ci aveva dato altre indicazioni.

Con quale compagnia avete volato e quanto avete speso?

Con Wizzair, che è ungherese. Comprese le bici, per le quali si spendeva 55 euro a tratta, in tutto abbiamo pagato 400 euro a testa. Volo diretto Roma-Yerevan.

Per l’ingresso in Armenia è stato necessario un visto?

No, niente visti. Solo il passaporto.

La Ritchey in acciaio di Davide equipaggiata con due borse
La Ritchey in acciaio di Davide equipaggiata con due borse
Cosa c’era nelle tue borse?

Intanto le borse, appunto. Quella sotto sella non era sufficiente, per cui avevo anche quella top-tube della Topeak, molto capiente. Quest’anno non ho voluto avere nulla sul manubrio. Più o meno avevamo tutti lo stesso assetto. Anche a Davide abbiamo regalato una borsa Miss Grape per il tubo orizzontale e così ha lasciato a casa lo zainetto che portava di solito. Siamo partiti con due divise da bici, più un ricambio serale. Davide e Daniele erano gli unici con scarpe con cui potevano anche camminare, invece io ho portato delle scarpe da riposo leggerissime e le infradito per la doccia. Tutto l’abbigliamento era sotto la sella. Poi avevo il multi-attrezzo. La crema solare che abbiamo comprato là e quella per i fondelli che ho portato io. Ho curato abbastanza anche il discorso dei medicinali. Un antibiotico e il Bentelan. E poi siccome ero andato in paranoia con il pericolo dei cani, mi sono buttato sui vaccini. Quindi ho fatto preventivamente l’antirabbica e anche quello per l’epatite A.

Avevate davvero i dissuasori per i cani?

Gli spray al peperoncino. Abbiamo scoperto che nel ritorno da Yerevan a Roma, sia Davide sia Stefano sono stati costretti a lasciarli in aeroporto, non hanno potuto neppure spedirli in stiva. Io ho fatto lo gnorri, invece, e sono passato. Inoltre avevo un dispositivo a ultrasuoni, che ho utilizzato con scarso risultato contro il cane di cui parlo nel terzo pezzo.

I soggiorni erano tutti prenotati?

Anche in questo caso le prime due o tre tappe le avevamo già fissate dall’Italia, poi siamo andati avanti oggi per domani oppure oggi per oggi. Avevamo un modem wifi con cui siamo sempre riusciti a connetterci a internet. Abbiamo fatto praticamente tutto con Booking. Si spendava una media di 30 euro a notte, in cui erano incluse cena e colazioni ricchissime nelle guest house. Invece a pranzo si pedalava e basta, per cui si andava avanti con le barrette portate dall’Italia, qualche panino preso a colazione o frutta trovata sul posto.

La traccia del viaggio è stata equilibrata fra sterrati e asfalto
La traccia del viaggio è stata equilibrata fra sterrati e asfalto
Il costo della vita è basso?

Molto. Non sono in grado di fare un paniere, ma alla fine il costo complessivo del viaggio è rimasto abbondantemente sotto i mille euro a testa. Come ci eravamo ripromessi.

Davvero non avete incontrato alcun cicloturista?

Mi è sfuggito di scriverlo. Gli unici che abbiamo incontrato in tutta la settimana è stata una coppia di olandesi in pensione, sulla sessantina e con le bici elettriche, stracarichi con le bici da turismo. Sono due anni e mezzo che girano l’Europa e sono stati loro a suggerirci la tattica per gli incontri con i cani. In discesa scappi, in pianura ti fermi. Una tattica abbastanza incomprensibile, ma ne sembravano certi. Invece, sempre per il discorso del cicloturismo, appena tornati, abbiamo scoperto che il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, è appassionato di ciclismo. Sul suo profilo Instagram è pieno di foto in bicicletta e sembra che organizzi delle pedalate. Si può partecipare a 4 condizioni. La prima è che bisogna avere la bici. La secondo è che decide lui la strada. La terza è che durante l’uscita non si deve parlare di politica. La quarta è che entro le 7 del mattino bisogna rientrare, perché poi comincia la sua giornata lavorativa. E in apparenza forma sempre dei bei gruppi.

Avete avuto solo caldo o anche freddo?

I primi giorni sono stati caldissimi, in salita anche a 35 gradi. Preparando il percorso e ricordando altre esperienze in alta quota, visto che saremmo saliti a 2.400 metri, abbiamo portato anche dei capi pesanti. Sono serviti, soprattutto quando ci ha preso la pioggia in montagna.

Avete chiuso il viaggio in treno: avete perso qualcosa di imperdibile?

C’è da dire che il treno non faceva la stessa strada che avremmo fatto noi per arrivare a Yerevan. Però passava in un piattone arido per cui alla fine ci siamo detti che non abbiamo perso poi molto. Magari la traccia sarebbe stata più verso l’interno, ma siamo soddisfatti di quello che abbiamo visto.

Come è stata l’ultima cena?

Eravamo in un ristorante anche abbastanza raffinato per il nostro trend, quando si è alzato un signore che era lì da solo. Era un professore di lingue e conosceva l’inglese, il francese, lo spagnolo e di conseguenza masticava anche un po’ l’italiano. Un tipo istrionico, che si è messo a scherzare sul fatto che noi italiani parliamo le lingue poco e male. Però poi si è messo a farci da interprete. E complice anche la presenza di tre musicisti dal vivo che hanno allietato la cena, si è finito con balli di gruppo, musica e vodka. L’Armenia è un Paese indietro probabilmente di 50 anni, ma per andare in bicicletta è davvero un piccolo paradiso.

NEGLI ARTICOLI PRECEDENTI

1) Viaggio in Armenia, quattro italiani in gravel nel “Piccolo Caucaso”

2) Viaggio in Armenia, seconda parte: caravanserragli e monasteri

3) Viaggio in Armenia, il pastore del caucaso e il bimbo yezida

TUTTE LE CATEGORIE DEL MAGAZINE