| 6 Dicembre 2024

White Out – Oltre l’Antartide: un sogno diventato realtà

MILANO – La cornice dei grattacieli ultramoderni di CityLife diventa uno sfondo sfocato e assente appena entriamo nel cinema Anteo. Una sala gremita di persone, curiosi e appassionati che hanno voluto capire cosa possa nascondersi dietro un viaggio, un’avventura. Quello che vi stiamo per raccontare è il sogno di un bambino partito dalla sua cameretta e poi diventato realtà. Più di cinquanta giorni da solo, tra i ghiacci e il freddo dell’Antartide. Omar Di Felice ci ha abituati, nel corso degli anni, a vederlo in sella a bici sempre diverse alla ricerca di avventure, di emozioni.

Al cinema Anteo di CityLife a Milano c’è stata la proiezione del docufilm e la presentazione del libro
Al cinema Anteo di CityLife a Milano c’è stata la proiezione del docufilm e la presentazione del libro

Il sogno

La curiosità più grande, che si è portato dentro per tutta la vita, è vedere l’Antartide. Una specie di terra promessa, un obiettivo da raggiungere più che un luogo fisico. Da queste due avventure, tanti sono i viaggi fatti da Omar Di Felice in Antartide, sono nati un libro e un docufilm dal titolo: “Whiteout – Oltre l’Antartide”. 

«La passione per l’Antartide affonda le radici nella mia infanzia – ci racconta l’autore del viaggio e dei racconti – è stato il luogo che mi ha suscitato curiosità sin da subito. Da quando lessi che era un posto in cui nessuno poteva vivere, questa affermazione stimolò la mia curiosità e la mia ricerca. Ogni volta che usciva una notizia sull’Antartide ne rimanevo affascinato, a partire dalla grandissima attraversata di Reinhold Messner e Fuchs all’inizio degli anni ‘90, fino ad arrivare ai giorni nostri. L’Antartide è stato il filo conduttore che ha unito le mie passioni: avventura ed esplorazione, soprattutto in quei luoghi remoti e lontani dove il freddo la fa da padrone».

L’ossessione

Omar Di Felice decide di partire per attraversare l’Antartide in sella alla sua bici nel 2022, per una prima spedizione che porta entusiasmo e gioia. Ma anche tante perplessità e alcune domande sulle quali nessuno avrebbe potuto dargli risposta. Succede che per arrivare pronto servono tempo e studio, imparare e scoprire. Non c’è una strada da seguire, ma una rotta da tracciare

«Durante la prima spedizione – spiega Omar Di Felice – le difficoltà sono state legate a due fattori. Il primo è che l’Antartide, per quanto potessi averlo immaginato e soprattutto per quante spedizioni precedenti io potessi aver fatto, è qualcosa che non ha nessun paragone nel resto del mondo. Non c’è luogo: dalla Siberia all’Alaska o la Groenlandia che sia lontanamente avvicinabile all’Antartide. Mi sono trovato di fronte a qualcosa di immensamente spaventoso e più grande di me.

«Nel mezzo del viaggio per arrivare in Antartide – continua Omar Di Felice – un mio familiare, già malato, si è aggravato e questo mi ha posto in una condizione psicologica di fragilità. In un ambiente del genere se non sei completamente centrato su quello che stai facendo, ma c’è qualcosa che ti toglie energie, è praticamente impossibile andare avanti. Purtroppo dopo solamente otto giorni ho dovuto prendere la decisione di rientrare».

Il sogno

Nell’assistere al racconto contenuto nel docufilm l’impressione è che il primo viaggio in Antartide, chiuso anzitempo, fosse diventato un’ossessione. Qualcosa da raggiungere e non un viaggio da vivere. Omar Di Felice dopo qualche mese, mentre affronta la Race Across America, ritrova la voglia e il coraggio di partire. Nel 2023 allora riallaccia il filo con l’Antartide, decidendo di vivere l’esperienza con gli occhi e la passione del bambino che sognava di visitare questa terra aspra e inospitale

«Dopo un periodo di assestamento – riprende a raccontare Di Felice – in cui ho dovuto ricostruire il senso di fiducia verso me stesso, sono riuscito a mettere insieme le energie, le forze e soprattutto la determinazione per riorganizzare un secondo tentativo. In quel caso è stato esattamente il contrario, dopo un primo periodo in cui la paura era pronta a bloccarmi, ho scoperto veramente la gioia nell’attraversare questo luogo così remoto, così estremo. A quel punto ho iniziato veramente a vivere il sogno di bambino. La seconda spedizione ha rappresentato la mia voglia di abbattere le difficoltà legate alla propria intimità. Andare avanti giorno dopo giorno è stata un’avventura che mi ha posto di fronte alla fatica e alle difficoltà più grandi della mia vita».

«Sono riuscito a percorrere 716 chilometri in 48 giorni – conclude – una distanza che fa capire quanta sofferenza ci sia dietro ogni giorno. Rimanevo dieci o dodici ore in sella o spingendo a mano la bicicletta e la slitta, quando mi fermavo ero completamente senza forze. Tuttavia quel viaggio mi ha permesso di essere me stesso, di vivere l’avventura che sognavo da bambino e di godermela fino in fondo. Quello che mi ha lasciato l’Antartide è una gioia infinita e una consapevolezza enorme delle capacità dell’essere umano, soprattutto quando hai un sogno così grande che ti motiva e ti spinge ad andare avanti».

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