Tra un anticipo di primavera e un ritorno dell’inverno, è tempo comunque di guardare all’estate. Di sognare le grandi uscite in bici, specie se queste sono in luoghi mitici come per esempio le grandi salite. Una di queste è il Passo Gavia.
I suoi 2.600 e passa metri di quota sono spesso sottovalutati e lo sono sotto diversi punti di vista. Il Gavia non è una salita “commerciale”, è più aspra e selvaggia rispetto ai molti valichi alpini. Ma è una salita vera.
Una salita con la “S” maiuscola: ha quota, pendenza, storia, lunghezza, dislivello, paesaggio. Tutti ingredienti per renderla perfetta agli occhi del ciclista.
Il Rifugio Bonetta
In cima c’è una casa-ostello per le vacanze dei ragazzi, da un lato, e il Rifugio Bonetta, dall’altro. Stop. Nulla più. E per questo assume un valore ancora più forte. Poco più avanti c’è il Lago Bianco, una laghetto glaciale dove si specchiano cime e nuvole. C’è persino una barca! Il Gavia è davvero un luogo speciale.
Federico Bonetta, per tutti Chicco, gestisce l’omonimo rifugio con i suoi fratelli Fabrizia, Elisa e Silvano. Sono rifugisti per passione e per tradizione. Portano avanti questa sfida, perché tale è ormai, da oltre 60 anni. Il rifugista è oste, falegname, elettricista, cuoco, soccorritore…
Proprio Chicco Bonetta può darci qualche consiglio per godersi il Gavia e, in generale, l’alta quota.
Gavia, gigante selvaggio
Prima però è bene individuare la posizione del Passo Gavia. Questo valico gigante separa, o meglio unisce, le province di Brescia e Sondrio: quindi Valtellina e Valcamonica. La prima sale dal versante di Ponte di Legno, la seconda da quello di Bormio e a metà del cammino interseca una località importantissima quale Santa Caterina Valfurva.
Il versante di Ponte Legno misura 17 chilometri, ha una pendenza media del 7,8 per cento e una massima del 16. Ha dei tratti nel bosco strettissimi. Sono i più ripidi e gli ultimi ad essere stati asfaltati ben dopo il 2000.
Il versante da Bormio è un po’ più pedalabile, ma è anche più lungo: quasi 25 chilometri, pendenza media del 5,6 per cento, massima del 14. Ma in pratica si accumula gran parte del dislivello da Santa Caterina Valfurva in poi. In generale la strada è un po’ più larga.
Il Gavia è la terza salita più alta d’Italia dopo il “cugino” Stelvio, che gli è contiguo, e il Colle dell’Agnello.
Chicco, partiamo dalle notizie di cronaca. Quando riapre il Gavia?
Impossibile dare adesso una data precisa. So che sono stati concessi i permessi per la consueta data del 20 maggio. A quel punto potranno entrare in funzione i mezzi preposti, però dipenderà dalla sicurezza. E quando dico sicurezza intendo: ghiaccio sul fondo stradale e valanghe. Se però, a parte questi giorni, continuerà a fare caldo non ci saranno problemi. Il ghiaccio non ci sarà e le valanghe si scaricheranno prima.
Quanta neve è caduta?
E’ arrivata al primo piano del Rifugio che a sua volta si trova circa un metro e mezzo sul livello della strada. Direi quindi che siamo sui 3 metri abbondanti. Ma in alcuni punti, a seconda del vento, ci sono stati accumuli anche di 11,5 metri. Questo non significa che siano caduti undici metri di neve nel corso dell’inverno!
Quante persone transitano durante l’estate sul Gavia e nel tuo rifugio?
Oh, bella domanda! Difficile dare un numero preciso: un ciclista entra e uno esce… poi noi siamo sempre a tutta nel servire. Non stiamo lì a contarli. Ci sono dei weekend in cui il flusso è pazzesco: si arriva anche a 2.000 ciclisti. E quando anche fanno la chiusura del vicino Stelvio per le sole bici, aumentano anche da noi. Capita che nella sola mattinata ne entrino 700. Ma sono stime, sia chiaro.
Chicco tu sei un esperto di montagna, oltre che rifugista, sai come ci si muove sui sentieri e sei un esperto maestro di sci. Che consigli dai per pedalare su un passo così elevato?
Di partire sempre con l’abbigliamento giusto. Di portarsi dietro uno zainetto o una borsetta con qualcosa d’invernale. Sempre. Capita spesso di partire che in basso c’è il sole e il caldo e una volta arrivati su si scenda col maltempo. E quando a quelle quote arriva è freddo per davvero. Questo vale soprattutto se si fanno dei grandi giri. Magari i ciclisti vengono dal Mortirolo, dallo Stelvio, dal Tonale… Partono col sole del mattino e poi alle 17 si trovano col temporale. Una mantellina pesante, dei guanti, i gambali… non dovrebbero mai mancare a chi decide di fare certe uscite in montagna. Anche perché poi dobbiamo andarli a recuperare noi!
Davvero? Raccontaci…
Capita ancora che un ciclista arrivi su, entri nel rifugio e poi vede che il compagno non lo raggiunge. Aspetta 10′, poi 20’… Allora chiede aiuto. Si sale in auto e lo si va a cercare. Qualche tempo fa ne ho ritrovato uno che durante un temporale si era seduto sotto una roccia. Un masso sporgente che lo riparava dalla pioggia e in parte dal vento. Era lì, tremolante e rannicchiato. Ma aveva spostato la bici dal bordo della strada e non lo vedevamo. Non era lontano dalla galleria, ma non si è fermato lì.
Perché?
Perché lì in quel tunnel s’incanala l’aria e il vento è fortissimo. Gelido. Quindi l’abbigliamento è la prima cosa. Ancora quasi tutti mi chiedono il foglio di giornale prima di scendere. Siamo più un’edicola che un rifugio! E infatti dall’edicola di Santa Caterina Valfurva mi faccio lasciare da parte i vecchi giornali e di tanto in tanto li porto su.
Qual è il periodo migliore per scalare il Gavia in bici?
Giugno e luglio, temperature buone e traffico non ancora eccessivo. E poi perché ci sono ancora i caratteristici muri di neve.
Altri consigli?
Le luci. Metterle sempre, sia davanti che dietro. Pesano poco e sono utili. Sia perché in tanti spesso fanno tardi – incredibile quanti ce ne sono che ancora pedalano al crepuscolo specie da settembre in poi quando le giornate si accorciano – sia quando cambia il tempo e sia perché salendo da Ponte di Legno c’è la galleria. In tanti si lamentano perché non è illuminata, ma parliamo di 400 metri di struttura ad alta quota chiusa per molti mesi l’anno. Piuttosto, pensiamo noi ad essere autonomi.
Una regola semplice quanto saggia dell’andare in montagna. Altra cosa, Chicco, tu ci sei abituato ma siamo in alta quota. Come si fa per non subire troppo gli effetti della mancanza di ossigeno?
Scegliere i rapporti giusti è la prima cosa. Non bisogna stare lì a pensare ai record. A quelle quote (oltre i 2.000 metri, ndr) non devi mai sentire il cuore “battere tra le orecchie”, perché a quel punto è tardi e non recuperi più. Se si arriva a quel punto meglio fermarsi 2′, magari procedere un pezzetto a piedi se proprio non ci si vuole fermare, ma solo così si fanno scendere i battiti e non si perde lucidità.
E invece un consiglio per godersi la scalata?
Non stare a guardare la ruota d’avanti, l’asfalto e spingere, spingere… Il Gavia va fatto a testa alta. Dire di averlo fatto in un’ora a cosa serve? I record lasciamoli ai professionisti. Meglio metterci 2-3 ore ma godersi ogni momento. Il panorama, tutto, dalla base alla cima, sia da Ponte di Legno che da Santa Caterina, merita. Regala scorci incredibili di vera montagna selvaggia.
E poi in cima ci si può gustare uno dei vostri piatti o delle vostre torte! Cosa ti chiedono quando entrano in rifugio?
Dipende soprattutto dall’età. Gli over 45-50 mi chiedono i pizzoccheri. Se sono più giovani vogliono una Coca Cola e scappano via. E la chiedono anche con una certa arroganza. Ma è così, fa parte del gioco, come chi lascia i rifiuti, chi non saluta… Però devo dire che ci sono anche molte persone socievoli. Tanti italiani lo sono, ma anche gli spagnoli. Ecco, loro si fanno sentire, sono simpatici. Di base più arrivano da lontano e più amano parlare e raccontare: peruviani, australiani, americani… E’ bello.
E il commento più gettonato di quando arrivano al valico?
E’ stupendo. Oppure: è fantastico. Una goduria…
Ricordiamo che la salita, nel versante da Bormio, rientra nel progetto Enjoy Stelvio Valtellina. Sarà possibile scalare il Gavia senza traffico veicolare nelle giornate del 15 giugno e dell’1 settembre.