BORGO VALBELLUNA – Manolo Zanella ha corso in bici dai 18 ai 25 anni, una carriera breve ma che l’ha visto indossare, tra le altre, la maglia della Zalf Desiréé Fior.
Dopo aver abbandonato l’agonismo Manolo ha viaggiato per il mondo, ma poi è tornato nelle sue zone, tra Belluno e Feltre. Qui nel 2019 ha aperto un negozio di bici, Dolomiti Bike Shop, a Borgo Valbelluna.
Siamo andati a trovarlo un pomeriggio di pochi giorni fa, arrivando giusto quando il sole illuminava le pareti delle montagne del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, riflesse sulla vetrata del negozio.
Manolo ha iniziato a correre piuttosto tardi, ma in poche stagioni è arrivato a livelli molto alti, sfiorando il professionismo. Come prima cosa gli chiediamo di raccontarci della sua esperienza in sella.
«Ho cominciato per gioco con una squadretta locale – dice Zanella – la Cicli Sanvido di Cesiomaggiore, da lì sono passato ad altre formazioni fino ad arrivare alla Zalf, il punto di riferimento tra gli U23 in Italia. Tra i compagni avevo gente come Dall’Antonia, Oss, Bandiera, Gatto e altri, tutta gente che poi è passata professionista e anche di buon livello.
«Con loro ho fatto qualche bella vittoria – prosegue – e in quel momento forse avevo qualche possibilità di passare pro anch’io, ma non avevo molti agganci. All’epoca non c’erano i procuratori o comunque io non ne ho mai avuto uno. Ero un po’ in quella via di mezzo, ma non ho chiesto in giro, sono un ragazzo abbastanza timido e bussare alle porte non è il mio. Poi ho corso altri due anni con altre due squadre, dopodiché ho deciso di smettere».
E una volta appesa la bici al chiodo cos’hai fatto? Sappiamo che non è mai un momento facile.
Per due anni non ho più voluto saperne niente di bici, non l’ho più toccata. Ho fatto qualche lavoretto qui in giro e poi quando il mio contratto in una fabbrica era in scadenza mi è arrivata voce che un negozio di bici della zona, tra l’altro quel Cicli Sanvido con cui ho iniziato a pedalare, stava cercando qualcuno.
Ogni tanto Manolo giustamente deve assentarsi per servire un cliente. Poi torna e continua a raccontare.
«Sapevo poco o niente di meccanica, fino a quel momento ero stato focalizzato sulle gare, sul sogno di diventare pro, ma ho voluto provare. Roberto, il titolare, è stato molto paziente e mi ha insegnato tutto quasi da zero. Sono rimasto due anni, una gran bella esperienza.
«Anche perché ho potuto conoscere Sergio Sanvido, il fondatore del negozio, la persona che ha anche creato il famoso museo della bicicletta di Cesio. Era bellissimo stare ad ascoltare le sue storie, parlava delle bici della sua collezione una per una come fossero sue figlie».
A quel punto hai scelto di emigrare, e nemmeno in un posto vicinissimo…
Ho deciso di andare in Australia con la mia fidanzata dell’epoca e alla fine ci sono rimasto sei anni. Sono partito per imparare la lingua, poi mi sono trovato molto bene, sempre lavorando in negozi di bici. Lì gli italiani sono visti molto bene, tanto più per la cultura ciclistica che ci portiamo dietro.
Siamo arrivati ai giorni d’oggi. Sei tornato e hai deciso di aprire un negozio.
Sì, nel 2018 siamo tornati e mi sono messo in moto per avere un’officina tutta mia. Volevo mettermi in gioco in prima persona. Non è stato facile perché qui non avevo contatti con i fornitori. Paradossalmente li avevo a Brisbane ma qui no. Comunque ho cercato in giro, ho chiesto, ho fatto ricerche su quale fosse il luogo migliore dove aprire il negozio e alla fine ho aperto nel febbraio 2019. Giusto in tempo per essere chiuso dal Covid.
Non proprio il più semplice degli inizi…
Però è stata una bella palestra, avevo ancora tutto da imparare quindi farlo con calma forse mi ha aiutato. Anche perché un conto è aggiustare bici, un altro è gestire tutto. In effetti non sono ancora riuscito a lavorare con un anno normale, tra la pandemia prima, il boom di bici che è arrivato dopo e la saturazione del mercato che c’è adesso. Ma questo mi ha fatto capire che se il mercato ha alti e bassi, l’officina invece funziona abbastanza bene sempre, perché quella resta ogni giorno. Magari vendendo una bici fai più profitto nell’immediato, ma riparandole hai una costanza di clientela maggiore.
Infatti continuano ad entrare persone e sempre più spesso Manolo deve assentarsi. Gli ultimi, una coppia, cercavano delle scarpe da mtb per affrontare l’inverno. Quando torna gli diciamo che in effetti sembra che il negozio stia andando molto bene.
«Sì devo dire che sono contento. In alcuni periodi – spiega – ho avuto fino a quattro dipendenti, adesso ne ho solo uno a chiamata. Ho capito che la mia dimensione è questa. Non ho ambizioni più grandi, non voglio arricchirmi, mi basta che funzioni. Non voglio diventare un manager che gestisce altre persone, a me piace aggiustare le bici per gli altri. Proprio perché so quanto è bello andare in bicicletta voglio trasmetterlo al maggior numero possibile di persone».
Quindi sono questi anche i programmi per il futuro?
Sono un ragazzo semplice, sono contento di come sta andando, non voglio neanche avere un negozio d’elite, faccio un po’ di tutto, quello che serve. Ho bici di ogni tipo, dalle mtb elettriche a quelle da turismo, fino a quelle da corsa anche di livello medio-alto. Ma quando arriva una signora che non può più andare a fare la spesa perché ha la city-bike rotta e io le risolvo il problema, sono quasi più felice di quando vendo una bicicletta con il cambio elettronico.