| 6 Settembre 2025

Otto giorni in Islanda, appunti e pensieri alla fine del viaggio

Otto giorni in Islanda in sella alle nostre biciclette, cariche di tutto il necessario per vivere e sopravvivere. Un’avventura straordinaria, immersi in una natura incontaminata, forte e viva. Tanto pericolosa e inospitale, quanto meravigliosa ed indimenticabile.

Il filosofo romano Seneca diceva: «La fortuna non esiste, esiste il momento in cui il talento e la preparazione incontrano l’opportunità». Al termine della nostra avventura, condivido pienamente il pensiero di questo maestro di vita. Noi siamo stati fortunati, ma a rendere questo viaggio possibile sono state la pianificazione scrupolosa, la determinazione, la nostra sinergia, la preparazione fisica e l’attrezzatura tecnica. Il meteo è una variabile che può decidere del successo o del fallimento di un viaggio. La nostra preparazione ci ha permesso di superare le avversità climatiche con meno difficoltà. Abbiamo visto aspetti positivi anche nelle condizioni più ostili, perché eravamo pronti a tutto. Così, possiamo dire di aver trovato delle belle giornate di sole, vento spesso favorevole, pioggia e freddo solo nei momenti giusti, quasi come se la natura avesse voluto accompagnarci con benevolenza in questo percorso. 

Una sfida di resistenza fisica

Sulla carta, il nostro percorso non presentava molte salite, ma procedere a una media di dieci chilometri orari è stato veramente impegnativo. Il peso della bici carica, lo sterrato, la sabbia, i guadi e le salite ti mettono alla prova continuamente. Sia io sia Umberto arriviamo da un passato di ciclismo professionistico a livello internazionale. Non gareggiamo più, ma ci alleniamo regolarmente e questo sicuramente ci ha aiutato. 

Per questo viaggio in autosufficienza, ho pedalato su una bici che con le borse pesava circa il 60-70% del mio peso corporeo.  Un carico capace di rendere qualsiasi pendenza, una sfida estenuante. A fine viaggio ero talmente esausta, che mi sono ammalata. Febbre e raffreddore mi hanno costretta a letto per ventiquattr’ore. Tuttavia il recupero totale, sia per me che per Umberto, è arrivato solo dopo molti giorni.  Un’avventura del genere non la si può affrontare a cuor leggero: anche con una buona preparazione, bisogna mettere in conto la fatica estrema.

L’importanza della scelta tecnica

Un aspetto che spesso si sottovaluta è la scelta dell’attrezzatura. Non basta avere una tenda: serve una tenda adatta a condizioni estreme. Noi abbiamo scelto una Ferrino Namika 2, una quattro stagioni autoportante, pensata per le spedizioni in montagna. Questa tenda ci ha garantito impermeabilità, resistenza in caso di meteo avverso, con raffiche fino a 150 km/h e, allo stesso tempo, un ingombro e un peso ridotti, perfetti per il trasporto in bicicletta.

Lo stesso discorso vale per l’altra attrezzatura come il fornelletto, i materassini, i cuscini e i sacchi a pelo. Questi ultimi non sono tutti uguali: esistono modelli per donna e altri per uomo, con temperature di comfort e taglie specifiche. La qualità del filtro per l’acqua non ha prezzo. La disidratazione è un pericolo molto insidioso nelle terre desolate dell’Islanda centrale. Noi abbiamo investito qualcosa in più, ma sono accorgimenti che possono fare una vitale differenza.

Un altro tema spesso trascurato è l’elettricità. Per quattro giorni non abbiamo avuto alcuna possibilità di collegarci a una presa di corrente. Tutto è stato gestito con batterie aggiuntive, pannelli solari e powerbank di grande capacità, che ci hanno permesso di ricaricare telefoni, GPS e dispositivi indispensabili. 

Pianificare secondo le proprie possibilità

L’Islanda è meravigliosa, ma anche costosa. I prezzi sono alti e anche i beni più semplici sono venduti a cifre sorprendenti. Una notte in campeggio costa circa 50 euro per una tenda e due adulti. Se si opta per un hotel con colazione si parte da 180-220 euro a notte con bagno in comune. 

Le nostre tappe erano lunghe, a volte lunghissime, ma sapevamo di poterle affrontare. Non è detto che per tutti sia così. Un consiglio che mi sento di dare è di pianificare il viaggio in base alle proprie reali capacità e di prevedere giorni extra per il riposo. Fermarsi prima di un tratto particolarmente impegnativo, recuperare le energie e affrontarlo con lucidità, senza fretta, è spesso la scelta più saggia.

In Islanda non si può sottovalutare nulla. Ogni anno qualche turista perde la vita in quelle zone, spesso per disidratazione o per inesperienza, a volte per aver imboccato rotte sbagliate. Non è il luogo per improvvisare. Non si può partire pensando di risparmiare peso o denaro, portando meno acqua o meno cibo. E non è il luogo per “dimagrire pedalando”. Qui la differenza la fa la resistenza fisica, la capacità di alimentarsi correttamente e di non lasciare nulla al caso.

La meraviglia, oltre la fatica

Nonostante la fatica e le difficoltà, l’Islanda ci ha regalato qualcosa di raro: la possibilità di vivere la natura nella sua forma più autentica. Ci siamo sentiti soli e piccoli, anzi piccolissimi, ma allo stesso tempo vivi come poche volte prima.

E’ questa la bellezza del viaggio in bikepacking in autosufficienza: porti con te solo l’essenziale, impari a convivere con il minimo indispensabile, e scopri che è proprio in quella semplicità che si trova la libertà più grande. Capisci che nella quotidianità diamo tutto per scontato. Apri il rubinetto e puoi bere l’acqua, entri in un bar e trovi da mangiare, passi per il centro di un paese e trovi un cestino per la spazzatura. Questo non accade nel parco del Vanatjokul, dove l’immondizia che produci non puoi lasciarla neanche nei rifugi, te la porti a casa. Ogni goccia d’acqua potabile ha un valore assoluto: quello della vita. E bisogna pensare non solo a se stessi, ma anche al prossimo escursionista che potrebbe arrivare e necessitare di un po’ d’acqua da bere nel rifugio.

Raggiunta Reykjavík, il viaggio ha unito… l’equipaggio grazie ai tanti ostacoli superati
Raggiunta Reykjavík, il viaggio ha unito… l’equipaggio grazie ai tanti ostacoli superati

Un’esperienza di vita

Con Umberto abbiamo condiviso silenzi infiniti, paesaggi surreali e momenti di fatica estrema. Unendo le nostre forze, abbiamo superato ostacoli, che parevano insormontabili. E’ stata un’esperienza che ci ha messo alla prova e ci ha uniti ancora di più.

Fatico a realizzare dove abbiamo pedalato. Mi sembra impossibile che esista ancora una Terra così incontaminata, dove l’uomo non è padrone ma semplice ospite. Pedalando in questo paesaggio primordiale mi sono sentita pervasa da un senso di meraviglia e ammirazione verso la Natura, nella sua forma più autentica e potente. Ho compreso che il mondo è davvero un organismo vivo, in continua evoluzione, dove tutti gli elementi, vento, acqua, terra e fuoco, convivono e si scontrano nello stesso spazio.

L’Islanda può sembrare un luogo inospitale, ma con la giusta preparazione sa accoglierti e lasciarti andare via con il cuore colmo, arricchito dalla consapevolezza di aver vissuto qualcosa di unico e irripetibile.

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