Un ‘interessante articolo dell’Economist sottolinea come il bike sharing stia cambiando le abitudini delle grandi città. A Montreal, ad esempio, nelle ore di punta ormai il traffico è contraddistinto più da bici che da auto, anche nei rigori invernali. A Copenhagen più della metà degli spostamenti casa-lavoro sono in bici con un traffico ordinatissimo e strade che suddividono gli spazi in maniera chiara e inequivocabile (e non ci sono ciclisti che passano col rosso anche senza presenze di pedoni…).
L’analisi del prestigioso magazine internazionale assegna un ruolo preminente, nell’ambito italiano, a Milano. Forse l’unico esempio italico in tema di bike sharing che può stare al passo con le grandi metropoli estere. Questo si deve molto alla diffusione del servizio BikeMi, che consente di risparmiare ingenti somme di denaro ma anche una grande quantità di tempo. Ma qual è la storia di questa perla dell’urbanistica meneghina?


Un servizio nato nel 2008
A raccontarla è Nicoletta Morrone, bike sharing manager IGPDecaux che gestisce il servizio di proprietà del Comune di Milano e di ATM: «BikeMi powered by IGPDecaux è nato nel 2008, sulla base di una gara indetta dal Comune di Milano attraverso ATM. La gara, andata inizialmente deserta venne poi aggiudicata da Clear Channel che avviò la prima fase di installazione del servizio con oltre 1.200 bici e circa 100 stazioni. Il servizio ha avuto subito un buon successo. Nel 2010 è iniziata la seconda fase di espansione con altre 2.250 bici, fino ad arrivare nel 2015 all’introduzione delle bici elettriche. BikeMi è stato uno dei primi servizi ad introdurre le bici elettriche con altre 70 stazioni e 1.000 e-bike. Poi ci sono state altre fasi di espansione legate alle bici elettriche con seggiolino e ad ulteriori bici meccaniche. Fino ad arrivare ad oggi in cui la flotta BikeMi ha 1.000 bici elettriche, 150 con seggiolino e 4.280 bici muscolari per 322 stazioni fisiche più 3 stazioni virtuali».


La grande diffusione delle bici elettriche
Sono chiaramente numeri importanti che giustificano anche l’attenzione internazionale verso l’impegno milanese nei confronti delle due ruote e del bike sharing in particolare. Anche se il rapporto è di uno a quattro, appare chiaro che le bici elettriche hanno avuto un peso notevole nella diffusione del servizio. «Fino al 2019 – riprende la Morrone – il rapporto tra numero di viaggi e percentuale della flotta era più o meno in linea. Da allora il 22 per cento della flotta ha fatto il 45 per cento dei viaggi, quindi le bici elettriche sicuramente hanno un numero di viaggi superiori rispetto alla numerosità della flotta muscolare. Questo è un dato che si ritrova anche in molte altre città, ad esempio Barcellona, Parigi, New York hanno un rapporto simile se non maggiore. Le bici elettriche sono effettivamente più utilizzate delle bici meccaniche».
L’indagine stilata dall’Economist a proposito delle principali città europee sottolinea come Milano abbia cambiato un po’ veste da questo punto di vista, grazie proprio al fenomeno del bike sharing: «Sicuramente le biciclette di BikeMi, ma anche le biciclette del free floating hanno avuto una crescita sostanziale. Negli ultimi 365 giorni abbiamo avuto tre milioni di viaggi fatti con tutte le tipologie di bici, il 45 per cento dei quali fatti con le bici elettriche. E’ ovvio che l’impatto sulla mobilità urbana si scontra comunque con una realtà in cui ancora il numero di auto che riescono ad entrare in città è piuttosto elevato. A Milano non è arrivato quel livello di impatto che può avere in città come Parigi, dove è stata adottata una politica in cui le biciclette sono il principale strumento di mobilità».


Ora servono più piste ciclabili
Milano però ha un servizio di trasporti pubblici che sicuramente funziona meglio che in altre realtà italiane e costituisce una reale alternativa all’auto privata. E’ quindi più un problema di crescita della struttura urbanistica, che non riesce a tenere il passo rispetto alla diffusione della pratica ciclistica? «Milano ha fatto dei passi enormi dopo il Covid per introdurre delle piste ciclabili anche in aree dove prima non c’era lo spazio e non c’era neanche l’accettazione sociale dell’idea di fare delle piste ciclabili. Questo ha portato alla crescita dei servizi di bike sharing, ma anche di tutti i servizi di micromobilità, proprio perché esistono le piste ciclabili. L’articolo in questione dice che gli italiani hanno un po’ paura ad usare la bicicletta in carreggiata ed è vero, ma le piste ciclabili vanno nella direzione giusta. Bisogna lavorare in tal senso e permettere a chi vuole girare da una parte all’altra della città senza dover andare in promiscuità con gli altri mezzi di trasporto motorizzati, allargando la rete ciclabile cittadina».


Abbonamento BikeMi+ATM, risparmio sicuro
E’ importante anche il fatto che l’abbonamento a BikeMi è abbinabile a quello con i servizi pubblici. Quanto ha influito questo per il suo successo? «Noi consideriamo ATM un partner di mobilità e quindi quando facciamo qualcosa ci consultiamo, cerchiamo di proporre il servizio come un pezzo del trasporto pubblico. BikeMi è come il primo e l’ultimo miglio di un viaggio che comprende anche la metropolitana o il tram. Ed è giusto che sia così, perché la bicicletta non può coprire tutta la necessità di viaggio che ha un utente.
«Se sei abbonato ATM hai diritto a un fortissimo sconto sull’abbonamento annuale BikeMi e comunque puoi usare la tua tessera del trasporto pubblico anche per accedere alle nostre biciclette: inserisci la tua tessera nella nostra APP o sul nostro sito, la tessera viene registrata e quando vai alla stazione passi la tua tessera del trasporto pubblico sullo schermo della stazione e hai diritto a prendere la bicicletta. E’ un trasporto integrato con il bike sharing e quindi ATM più BikeMi danno la possibilità di muoversi senza dover usare l’auto privata».


Un territorio sempre più coperto
Quali prospettive ci sono di ulteriore intervento sul servizio? «Posso dire – e questo è un punto d’onore per me – che ancora oggi ci sono tanti municipi di Milano che chiedono nuove stazioni e tanti clienti che vorrebbero più bici. La copertura territoriale, come dimostrano le grandi città come Parigi, è un elemento fondamentale per il successo completo del servizio. Tutti hanno una stazione vicina e allora il primo miglio o l’ultimo miglio per tornare a casa diventa effettivamente la soluzione praticabile per arrivare alla fermata della metro piuttosto che del bus. L’interesse per avere più stazioni anche vicino alle stazioni del treno, del bus, della metro c’è».







