Bikepacking, gravel e borse: un binomio che ormai sembra quasi imprescindibile. L’idea della libertà, del viaggio, dell’avventura cresce sempre di più e con essa le esigenze che questo modo di andare in bici comporta.
Le borse, dunque: che sia per una girata dietro casa o per un’avventura a lungo raggio, sono sempre più diffuse. Anche negli eventi di un giorno non mancano quelle minimal. E proprio delle borse, come nascono, come vengono scelte e perché sono fatte in un certo modo, ne parliamo con Paolo Marini di Givi.


Paolo, partiamo dall’esplosione – ammesso sia corretto definirla così – che c’è stata del gravel e contestualmente del bikepacking. Come ha influito sulle borse da bici?
Direi che c’è stata proprio un’esplosione. Ultimamente, ormai da qualche anno, perché noi nasciamo cinque anni fa come progetto. Ma il mondo del gravel e del bikepacking esiste già da prima: se ne sente parlare intorno al 2015, quindi una decina di anni fa. E’ un movimento che arriva dall’America, ha avuto il suo percorso, e poi in Italia è stato accolto molto bene, anche per un discorso culturale e di utilizzo della bicicletta. Qui, rispetto al Centro Europa, non si fa il classico cicloturismo con borse laterali, ma si predilige un approccio più leggero.
Come mai?
E’ dovuto al fatto che si viaggia spesso per periodi più brevi e, grazie alle infrastrutture, ci si può fermare in ostelli o B&B. Quindi molti, anziché portare la tenda, riescono a viaggiare più leggeri e a impostare un setup minimale.
In generale quante tipologie di borse producete e quali sono le più richieste?
Noi di Givi siamo partiti con un approccio graduale, cioè il trittico classico: borsa da manubrio, frame bag e sottosella. Sapevamo però di avere davanti un potenziale enorme, perché le borse sono tante e se ne possono creare di nuove: la struttura della bici si presta a soluzioni innovative. Siamo partiti da quelle classiche e poi abbiamo ampliato.




Come?
Abbiamo aggiunto nuove borse man mano che vedevamo interesse. Givi offre una gamma a 360 gradi: commuting urbano, cicloturismo e bikepacking. Ma proprio nel bikepacking abbiamo percepito un potenziale forte, un interesse costante, e così abbiamo introdotto nuovi prodotti e nuovi sistemi di fissaggio.
Tema centrale per chi vuole montare borse sulla propria bici…
Esatto: il contatto borse – bici è fondamentale. In Givi abbiamo sviluppato due tipologie principali: il sistema da sella e quello da forcella. Sono installabili su molte bici perché cerchiamo sempre la massima compatibilità. Le gravel moderne hanno spesso predisposizioni con viti, ma abbiamo studiato anche sistemi con fascette per chi non le ha. Non escludiamo nessuno.
Anche chi con la bici da corsa decide di fare un viaggio anziché una granfondo…
Esattamente. La maggior parte del pubblico, soprattutto in Italia, arriva dal mondo strada e poi passa a un approccio più legato all’escursionismo. Mantengono la struttura di una bici da corsa, che con alcune modifiche diventa adatta allo sterrato.




In base alle borse scelte riuscite a capire la tipologia di utente?
Sì. Essendo il bikepacking un movimento relativamente nuovo, molti si approcciano con curiosità e non sanno come creare un setup. Ce ne siamo accorti subito nelle fiere: abbiamo quindi creato dei setup predefiniti per il “viaggio leggero”, di una giornata, di tre giorni, di una settimana. Oggi, grazie anche agli accessori ultracompatti, si può viaggiare davvero leggeri.
Cosa intendi?
Oggi ci sono giacche, scarpe e persino sacchi a pelo che si comprimono in pochissimi centimetri. Questo permette un bagaglio compatto. Il resto lo facciamo noi produttori di borse, rendendo tutto ancora più gestibile. Per un weekend riesci a portare tutto senza appesantire.
Il borsellino giornaliero è sempre richiesto?
Sì, sono i prodotti che si montano e non si tolgono più. Sono ormai dei classici “punti fissi” della bici.
Notiamo che sono sempre più diffusi quelli sull’orizzontale, appena dietro l’attacco manubrio. E’ così?
Esatto, il top tube. Noi lo facciamo in due versioni: una più piccola da 1-1,2 litri per lo stretto necessario, waterproof, e una più lunga che corre su tutta la canna. Ha divisori interni e un foro anteriore per far passare un cavo per alimentare device, luce, GPS. E’ molto richiesto anche nel mondo racing.




Ultimamente si parla molto dei manubri gravel: flare, reach, drop, inclinazione… Quanto vi influenza nella progettazione delle borse da manubrio?
Non poco! Già solo le differenze tra manubri con cavi integrati e non integrati complica le cose. Però non ci siamo fatti trovare impreparati: le borse da manubrio hanno distanziali interni che permettono di personalizzare la posizione in base al manubrio. Stiamo notando che la parte anteriore della bici è sempre più presa in considerazione.
Perché?
Per stabilità e maneggevolezza. Avere peso davanti dà più controllo. Se si carica troppo il posteriore, l’anteriore diventa scarico e si perde equilibrio, soprattutto in discesa. Generalmente il peso si tende a portarlo avanti.
Questa non è una cosa che si capisce “da dietro la scrivania”, ma andando in bici o immergendosi tra i praticanti. E’ così?
Esatto: parliamo molto con chi fa certi viaggi, ascoltiamo, proviamo, osserviamo. In Givi lo vediamo anche dai setup delle bici esposte: le borse da manubrio vanno per la maggiore, ma anche il sottosella è molto richiesto.
Alla fine questa borsa posteriore è pratica: non ingombra, non si vede e la bici resta agile…
Di fatto la borsa posteriore prende il posto dello zainetto, che non è comodissimo.


Quali sono le borse in cui si tende a mettere più peso?
La sottosella e la borsa da manubrio.
Non quelle interne al telaio? Per una questione di baricentro sembrerebbe logico…
Se si usa la frame bag, sì: diventa quasi un armadio. Ma attenzione a non riempirla troppo: se spancia può dare fastidio alla pedalata. Si carica comunque molto anche la parte anteriore (come racontammo nel viaggio di tre ragazzi in Kirghizistan, ndr). Noi forniamo anche cinghie extra per aggiungere sacco a pelo o scarpe. Ma prima ancora del “dove”, c’è una regola.
Quale?
Bisogna mettere i pesi più pesanti in basso e man mano salire con quelli leggeri, per evitare lo “scodamento”. E’ la prima cosa che tutti guardano, anche alle fiere. Abbiamo modelli con attacchi rigidi che mantengono la borsa ferma, ma anche borse con cinghie che, se caricate con criterio, limitano il movimento. La forza di gravità esiste: per quanto una borsa sia ben fissata, un minimo di oscillazione ci sarà sempre.







