Cinquant’anni è una sorta di traguardo, lo è per la vita in genere. Cinquant’anni, mezzo secolo, quasi come dire un giro di boa. Eppure il ciclismo non ha età, quando sei ciclista, lo sarai per tutta la vita. Hai pedalato con le rotelle quando l’equilibrio era quello sconosciuto, si pedalerà fino a quando le ginocchia non ti reggeranno più, ma la voglia di stare in sella non sarà mutata.
La bicicletta è molto più che una passione, perché entra nella pelle. E’ come una droga, la bicicletta è sinonimo di endorfine ed è una carica positiva ad ogni età. Eppure quei 50 anni non mentono e la carta d’identità (per chi la guarda) è una sorta di nero su bianco. E come dice Paolo Bettini, campione olimpico nel 2004, che 50 anni li ha compiuti proprio quest’anno: «Abbiamo scollinato e ne abbiamo altrettanti davanti a noi».
Paolo Bettini, vittorie e divertimento
Paolo Bettini è il campione che meglio identifica la categoria dei cinquantenni in bici. E’ stato corridore e grandissimo campione, colui che sulla bicicletta tra i professionisti si divertiva e faceva divertire. Il Bettini che in più di un’occasione è andato contro le regole dell’allenamento, forse sacrificando qualche risultato possibile, ma raggiungendo l’apice con le classiche, i Mondiali (due consecutivi, 2007 e 2008) e con le Olimpiadi di Atene 2004.
Bettini incarna alla perfezione quello che dovrebbe essere un ciclista appassionato di 50 anni. Non ha mai smesso di pedalare, ma solo quando se la sente si allena e tabella in modo specifico. Si diverte sempre e la bici è gioia, condivisione e la possibilità di trasmettere qualcosa agli altri. A lui abbiamo chiesto cosa cambia a 50 anni.
Il background non si dimentica
«Il background di una carriera agonistica da professionista – spiega Bettini – non si dimentica. E’ una fortuna perché ha trasformato il gioco in un lavoro ed inevitabilmente ti condiziona per il resto della vita. Non è un semplice dettaglio e ti permette di allenarti e divertirti, sai scindere l’allenamento vero dal divertimento e comunque si è in grado di far convivere le due cose».
Il bello di fare un po’ tutto e di tutto
«Dopo i 50 si può parlare di allenamento. Come no, ma il bello è che si è perfettamente in grado di scegliere cosa fare. Ci si può allenare e tabellare seriamente – spiega Bettini – quantificando ancora dei miglioramenti e una crescita della condizione fisica. Si può uscire in bici per puro divertimento. Personalmente vedo la bicicletta come uno strumento di condivisione, di viaggio e scoperta, di certo fattori allenanti, non stressanti e non un obbligo. Cinquant’anni non sono un limite».
Allenarsi è possibile, tabellare è possibile
«Quando arrivi a questo giro di boa conosci il tuo fisico. Conosci il tuo corpo -prosegue Bettini – e le risposte che offre, ancora di più se hai fatto l’agonista da giovane. Bisogna cucirsi addosso una metodologia di training controllata e calibrata, ma allenarsi in modo specifico è assolutamente possibile. Personalmente, non seguivo le regole da professionista, non è che non mi allenassi, ma quelle regole da cappio al collo non facevano per me, figuriamoci ora che ho 50 anni.
«Ma devo anche riconoscere che porsi delle regole porta i suoi frutti. L’ho toccato con mano quando ero corridore e quando una volta dismessi i panni del professionista ho preso peso ed in seguito l’ho voluto perdere, ritornando in forma, seguendo dei parametri».
La bici per stare bene
«Quando si arriva a 50 anni e si è appassionati di bici, praticanti e non si può fare a meno della bicicletta – conclude Bettini – la prima regola da rispettare è stare bene. Bisogna stare attenti all’alimentazione, fare la giusta fatica ed ascoltarsi. Guardare i watt, i numeri ed i dati? Perché no, è pure divertente. Ma credo inoltre che non bisogna ossessionarsi. Rispetto al passato, solo per fare un esempio, la cosa che è cambiata veramente è l’alimentazione, un po’ a tutti i livelli ed è il fattore che veramente è in grado di fare la differenza in termini di prestazione.
«Non sono d’accordo con un cinquantenne che estremizza in questo senso, soprattutto quando si parla di salute. Ogni volta che parlo di alimentazione sportiva mi viene in mente la dieta dissociata prima del mondiali under 23 di Lugano del 1996. Una roba brutale mai ripetuta. Feci quarto dietro a Figueras, Sgambelluri e Sironi nell’ordine. Si andò forte e non saprei dire se il merito è stato della dissociata. Sono sicuro che quella dieta mi fece soffrire moltissimo!».