| 29 Giugno 2024

Dentro Pin Bike (e i rimborsi chilometrici in denaro)

Incuriositi dall’iniziativa “Pedala, Firenze ti premia” in cui è possibile ottenere un rimborso fino a 30 euro al mese per gli spostamenti urbani in bicicletta, abbiamo approfondito la questione contattando Nico Capogna, giovane Ceo di Pin Bike, l’azienda che sta offrendo al capoluogo toscano l’hardware e il software necessari al progetto. Dietro c’è una storia di una start-up dinamica (anche se ormai sono passati 8 anni dalla sua nascita) basata su un mix di passione, acume e visione.

«Nei miei primi due anni da studente universitario a Roma – ha detto Capogna – mi muovevo con i mezzi pubblici. Un delirio… Finché non sono capitato in un appartamento con dei cicloattivisti, i quali mi hanno dato una bici e mi hanno detto: “Adesso ti muovi con questa”.

«All’inizio li ho presi per pazzi, ma nel giro di un mese mi sono reso conto che la gestione del problema del traffico veicolare nella Capitale era ardua ma non insormontabile. A poco a poco la bici non si è staccata più da me: Roma è diventata piccolissima ed io mi sentivo in forma, felice ed autonomo».

Nico Capogna, Ceo di Pin Bike
Nico Capogna, Ceo di Pin Bike
Da questo spartiacque è nata l’idea di Pin Bike?

Sì, perché sono diventato sensibile alle tematiche della mobilità attiva ed ho visto il proliferarsi di interventi pubblici molto onerosi come la costruzione di piste ciclabili e sistemi di bike sharing che però non portavano i risultati sperati. Il mio comune, Corato, in provincia di Bari, ha addirittura cancellato alcune piste per rimettere i parcheggi, ma anche a Bari, Brindisi, Foggia e Milano ci sono stati problemi, con le bici in sharing municipali che venivano vandalizzate.

Quindi?

Mi sono reso conto che il problema dell’uso della bici in Italia è culturale prima ancora che infrastrutturale. Nella testa delle persone c’è paura nell’immaginare di spostarsi in bici, ciò a causa di una cultura autocentrica che va avanti da settant’anni. Per cui mi sono chiesto se ci fosse un modo per “forzare” una persona a salire sulla propria bici, dato che, statistiche Aci alla mano, in media c’è una bici di proprietà ogni due abitanti.

Però anche le infrastrutture sono importanti al fine di moderare il traffico…

Sì, infatti io non sto dicendo che le piste ciclabili non servano, anzi. Sto dicendo che quando un Comune decide di costruirle ci sono grosse spese iniziali e poi non si sa come andrà. È un rischio dal punto di vista economico. Con Pin Bike, invece, un’amministrazione decide a priori quale budget stanziare per la collettività ed ogni chilometro percorso dall’utente sarà convertito in euro sotto forma di rimborso.

Lo staff di Pin bike all’ultima Velocity di Gent
Lo staff di Pin bike all’ultima Velocity di Gent
A questo punto ricordaci come funziona il prodotto Pin Bike.

Fondamentalmente abbiamo un sistema brevettato composto da un’app di tracciamento ma anche un dispositivo hardware da agganciare alla bici che registra in parallelo gli spostamenti. Ciò impedisce di barare come è successo altrove in passato con le sole app.

Chi sono i vostri interlocutori e come si svolge il confronto?

Nella pubblica amministrazione, assessori alla mobilità, tecnici, dirigenti… nel privato, mobility manager aziendali. Ogni progetto è estremamente flessibile, tarato sulle loro esigenze e laddove non hanno le idee chiare li guidiamo noi con la nostra esperienza. Per prima cosa stiliamo insieme il regolamento di prenotazione e distribuzione del nostri kit. Poi offriamo loro una dashboard, ovvero un portale web riservato, dove poter monitorare tutti i dati degli spostamenti.

Il vantaggio?

Con i dati a disposizione possono vedere il numero di sessioni, gli euro erogati. Dove avvengono gli spostamenti in bici e in quali orari. Possono filtrarli per fasce d’età per cui individuare facilmente, ad esempio, i tragitti casa-scuola degli alunni e agire di conseguenza sulla pianificazione del traffico. Oppure si possono dare premi (in punteggi, sconti, euro…) o organizzare veri e propri ritrovi che fungono da punto di partenza per pedalate collettive, un’attività di cui solitamente si occupano le associazioni. E possono anche inviare questionari agli utenti per effettuare vari studi di modalità.

Dunque anche i pedalatori possono interagire direttamente con la dashboard?

In realtà gli utenti accedono ad una open data platform che è come una dashboard semplificata, però possono segnalare all’amministrazione se ci sono buche o barriere architettoniche sui percorsi, oppure cartelli stradali da ripristinare.

In un video sul vostro sito si vede anche che cercate di coinvolgere i commercianti locali.

Sì, sempre nell’ottica di un Comune che vuole che i suoi incentivi rimangano sul territorio, è possibile che i chilometri percorsi in bici vengano convertiti in voucher da spendere per acquisti nei negozi locali. In questo modo si fa capire al negoziante che il ciclista ha un potere d’acquisto e non è vero che la pista ciclabile porta via la loro clientela.

Quanti siete a lavorare in Pin Bike e dove volete arrivare?

Per ora siamo in 9, più vari collaboratori. Il mio sogno è vedere attivato un progetto del genere su scala nazionale in cui l’incentivo non viene dato a tutti, ma solo a chi dimostra di possedere un’auto e, di conseguenza, la lascia a casa preferendo la bici per gli spostamenti urbani.

Bisogna diffondere l’idea (e la cultura) che muoversi in bici in città in Italia non è poi così impossibile (foto Veroni)
Bisogna diffondere l’idea (e la cultura) che muoversi in bici in città in Italia non è poi così impossibile (foto Veroni)
Una sfida ambiziosa…

Molto, ma la nostra missione è prendere per mano le persone e metterle sulla propria, e sottolineo propria, bicicletta. Inutile nascondere che il rimborso in denaro è l’incentivo principale, ma esso non viene concesso a tempo indeterminato. Abbiamo visto che già con progetti che durano un mese le abitudini cambiano ed il tasso di abbandono al termine del progetto è quasi nullo.

Siete arrivati in varie città d’Italia ed anche qualcuna all’estero, come ad esempio Stoccolma. Come avete fatto?

Con dei partnerariati europei. Il progetto di Stoccolma dura da due anni. Buona parte del nostro lavoro consiste proprio in questo: trovare i fondi, perché sono tante le amministrazioni comunali che vorrebbero usufruire del nostro servizio a favore della comunità ma non possono per mancanza di soldi.

Qualche riscontro?

Conservo la mail di una signora di Bari che mi ha scritto che il progetto è fantastico e che mai avrebbe pensato di spostarsi in bici. La cosa mi inorgoglisce, così come i vari premi e riconoscimenti ricevuti sia da noi che dalle amministrazioni nostre clienti. In otto anni ne abbiamo fatta di strada, in tutti i sensi, con circa 500.000 euro erogati agli utenti.

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