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| 14 Ottobre 2025

Tesseramenti: costi in aumento. Quali ripercussioni sul movimento?

La Federazione Ciclistica Italiana ha annunciato un sensibile aumento dei tesseramenti 2026 (qui la tabella con le quote). Non solo per atleti e società, ma anche per organizzatori e collaboratori. Una decisione che, complice l’inflazione e l’aumento generale dei costi, rischia di pesare sul movimento amatoriale e giovanile.

Tra le spese più rilevanti per la FCI ci sono quelle legate alle sedi e agli impianti sportivi, sostanzialmente deve pagarne l’affitto, ma di riflesso questo costo ricade anche su chi organizza e opera sul territorio.

Abbiamo fatto il punto con Ivan Piol, presidente del Pedale Feltrino e organizzatore di diversi eventi di grande spessore tra cui la Sportful Dolomiti Race e della 24 Ore di Feltre, per capire come cambiano i conti e il futuro del ciclismo amatoriale. E anche quello giovanile. La FCI dice che si torna alle quote 2017. Ma certo in un periodo in cui molte società giovanili chiudono e ci sono meno ragazzi, un raddoppio di costi di affiliazione e tesseramento non giova. L’affiliazione delle società, per esempio, passa da 150 a 300 euro e una tessera giovanissimi da 25 a 35 euro.

Ivan Piol (Johan Museeuw, campione del passato alle sue spalle), organizzatore e ciclista appassionato
Ivan Piol (Johan Museeuw, campione del passato alle sue spalle), organizzatore e ciclista appassionato
E quindi, Ivan, partiamo dal fulcro: i tesseramenti sono aumentati in ogni direzione. Cosa comporta?

Per quanto riguarda il tesseramento dell’atleta, l’aumento è di 5 euro, quindi non cambia la vita. Alla fine può starci in un’ottica di rincaro generale. Il vero problema è il raddoppio della quota della tessera giornaliera. Negli ultimi anni, dopo il Covid, molti granfondisti hanno smesso di tesserarsi con una società. Hanno preferito fare poche gare, magari due o tre l’anno, e pagare 10 euro a manifestazione per la tessera giornaliera. Ora il costo sale, passa a 20 euro, e questo cambia tutto. Da un lato può essere un bene, dall’altro, per noi organizzatori, significa anticipare più soldi e complicare la gestione economica e burocratica. Senza contare che svantaggia ad iscriversi proprio.

In che senso potrebbe essere anche un bene?

Perché un ciclista magari torna a tesserarsi con una società. Chi fa tre gare e paga tre tessere giornaliere da 20 euro spende 60 euro, mentre tesserandosi con una società può cavarsela con 50. Quindi, per risparmio, può scegliere di tornare in una squadra. Questo fa bene anche agli organizzatori, che non devono più gestire tutte le pratiche burocratiche legate alle tessere giornaliere. Però resta un impatto economico notevole, perché le società devono anticipare l’acquisto delle tessere e recuperare i costi solo dopo. Chi non conosce la dinamica potrebbe pensare che l’aumento dipenda dall’organizzatore, quando invece è una decisione della Federazione.

L’aumento dei costi si ripercuote anche sulle iscrizioni ma, giustamente, dice Piol: «Non possono aumentare all’infinito»
L’aumento dei costi si ripercuote anche sulle iscrizioni ma, giustamente, dice Piol: «Non possono aumentare all’infinito»
Ma tesserarsi con una società non comporta costi aggiuntivi, come la divisa?

Dipende. So per certo che molte società accettano il tesseramento senza obbligare all’acquisto della divisa. Tu vieni da me e ti faccio la tessera senza farti acquistare la divisa. Poi non è la politica del Pedale Feltrino. Ma so che tanti club fanno cosi: meglio un tesserato in più…

L’aumento riguarda anche il personale tecnico, come gli ASA?

Sì, anche lì i costi sono saliti. Le tessere dei collaboratori sportivi sono aumentate e ogni organizzatore deve comunque tesserare chi fa parte del gruppo di sicurezza. Io, ad esempio, devo rinnovare tutti i miei ASA perché le tessere sono scadute: è una spesa che anche prima copriva la società. Ora pesa molto di più. Noi anticipiamo tutto e non possiamo aumentare all’infinito le quote d’iscrizione per coprire ogni spesa. Le regole ci obbligano ad avere personale qualificato e a rispettare protocolli di sicurezza, ma intanto i costi di tutto, strutture, permessi, logistica, sono cresciuti (solo d’inflazione si parla di un 10 per cento rispetto al 2024, ndr).

Nell’organizzare un’eventi ci sono costi fissi che ogni aumentano e spesso richieste burocratiche e regolamentari più stringenti
Nell’organizzare un evento ci sono costi fissi che ogni anno aumentano e spesso richieste burocratiche e regolamentari più stringenti
E alla fine i conti devono tornare…

Esatto. Sono stati trent’anni di attività positiva, ma oggi i bilanci si fanno più stretti. C’è ancora chi pensa che una granfondo renda tanto, facendosi i conti della serva (costo iscrizione per numero iscritti, ndr), ma non sa cosa comporta organizzare una gara. Sono mesi di lavoro, spese vive, transenne da noleggiare, costi del pasta party, materiali vari, personale da pagare. Ormai anche i volontari chiedono un rimborso spese. È così: non puoi più pretendere che stiano ore su un incrocio a prendere pioggia e, spesso anche insulti, gratis o in cambio di una maglietta. Tutto questo pesa e riduce i margini.

I costi non si fermano certo qui, giusto?

No. Pensiamo solo ai ristori, al pasta party, ai materiali: tutto costa di più. E la vita è aumentata, ma le paghe sono rimaste quelle di vent’anni fa. Molti fanno due conti: se per una trasferta di gara spendi 300 euro tra viaggio, vitto e alloggio, è chiaro che riduci le partecipazioni. Così si finisce per scegliere: due granfondo all’anno invece di dieci.

Quale potrebbe essere, allora, una politica più costruttiva… soprattutto da parte della Federazione?

Capisco la posizione della FCI: anche loro devono far quadrare i conti. Non li condanno. Però, dal punto di vista del supporto alle manifestazioni, non sono molto presenti. Diciamo che non ostacolano, ma neppure aiutano. Le società più piccole fanno fatica e, guardandosi attorno, scoprono che affiliarsi con altri Enti costa meno. E’ un dato di fatto. Non voglio entrare in polemiche, ma oggi molti scelgono altre vie per sopravvivere… vedi appunto gli Enti della consulta che costano meno.

Con i costi in aumento, il “rischio” è che sempre più appassionati vadano sì in bici, ma senza partecipare ad eventi che siano agonistici o promozionali
Con i costi in aumento, il “rischio” è che sempre più appassionati vadano sì in bici, ma senza partecipare ad eventi che siano agonistici o promozionali
Come evolverà la situazione?

Noi stiamo cercando di investire sui giovani. C’è una nuova ondata di ragazzi tra i 25 e i 35 anni che si sta riavvicinando alla bici, anche grazie “all’effetto Pogacar” (campione vincitore di 4 Tour de France, un Giro d’Italia e molte classiche, ndr) o comunque a campioni simili che vanno oltre i confini come Van der Poel o Evenepoel. E’ un segnale positivo. Abbiamo perso un po’ la fascia dei sessantenni, che magari non hanno più voglia di mettersi il numero sulla schiena, ma vedo entusiasmo nei giovani: hanno voglia di mettersi in gioco, di fare esperienza. Se torneranno a partecipare, magari rivedremo anche una rinascita delle granfondo. Ma ci vorrà tempo…

E qui volevamo arrivare, sarà un processo lungo, perché poi oggi molti oggi si avvicinano anche al mondo non agonistico, vedi molti eventi gravel, giusto?

Assolutamente. Quando organizzo una gravel mi accorgo che c’è una fetta di ciclisti che vuole solo divertirsi, stare insieme, senza pensare alla classifica. Il gravel ha aperto la porta a tanti nuovi appassionati. Spesso chi inizia così, poi passa a una granfondo. L’importante è che la bici torni nelle case, che la gente pedali. Da lì nasce tutto: amicizia, gruppo, competizione. E questo, alla fine, è il bello del nostro sport.

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